Jap #3: Sushi Yoshitake a Tokyo- 18/20

Pubblicato in: Città e paesi da mangiare e bere

di Luca Fontana

A tavola con I Signori

Maggio 2014

In occidente spesso l’alta cucina è intesa come creatività ed innovazione, una necessità di andare oltre, rompendo col passato, propria della nostra evoluzione culturale, in bilico tra cristianesimo e tecnocrazia. In Giappone esiste invece un altro culto, quello della perfezione, nel affinare ogni gesto, in un infinito ciclo di rinnovamento.

Siamo seduti su due dei sette sgabelli di uno dei sushi bar più lodati ed esclusivi di Tokyo. Davanti a noi, Masahiro Yoshitake, che prepara il sushi, spesso a mani nude, con gesti affinati in decenni di miglioramento. Attorno, il silenzio, nessuno parla, tranne Yoshitake, che spiega i piatti, addirittura in un buon inglese. E’ un rito, una sacra cerimonia, che si ripete ogni sera, identica a se stessa, tranne che per dei piccolissimi gesti, metafora del mutare del mondo.

Un cenno da parte dello chef ai suoi novizi, si inizia.

Wasabi e zenzero, entrambi preparati freschi, unici ingredienti lasciati a nostra discrezione. Il primo, per esaltare i sapori, il secondo, per pulirsi la bocca tra i vari assaggi.

 

Zuppa fredda di soia, riccio e wasabi. Delicatissima.

 

Polpo scottato, dolce, e di carnosa consistenza.

 

Abalone, con la salsa del suo fegato. Quest’ultima, viene poi mischiata al riso, per qualche boccone di rara gratificazione.

 

Yoshitake prepara il bonito.

 

Bonito con wasabi e soia. Sapore intenso.

 

Un intermezzo rinfrescante, reset del palato.

Ika, ovvero il calamaro.

Chu Toro, tonno di media grassezza.

O Toro, la parte più grassa del tonno, lasciata a marinare nella soya. Un sogno.

 

Yoshitake serve personalmente i suoi clienti, a mani nude.

Barracuda.

Due diversi tipi di Uni (riccio di mare), adagiati.

E pronti per essere mangiati. Viene ribadita l’estrema delicatezza del riccio fresco.

Kuruma Ebi, la preparazione. Prima viene pulito, passato col wasabi, adagiato sul riso tiepido, e poi cosparso o di soya o di aqua e sale. Questa, fondamentalmente, la preparazione di ogni assaggio. Acidità e sapidità sono i due protagonisti della vera cucina Sushi, e di buona parte di quella giapponese.

Ecco il Kuruma Ebi. Piuttosto dolce, tiepido. Dopo le esperienze di sushi Italiane, dove viene servito freddo e gommoso, mi si apre un universo.

Unagi, l’anguilla. Altro boccone di grande appagamento, grasso e dolce, con note di affumicato.

 

Il boccone migliore non siamo riusciti a capire esattamente cosa fosse. Un’involtino dal riso tiepido, con tonno ed una foglia fortemente aromatica, che ci ricorda in qualche modo la citronella.

 

Tamago, frittata dolce a base di uovo e gamberetti macinati.

 

Per concludere, zuppa di miso.

 

Alla fine della cena, Yoshitake ci chiede se abbiamo mangiato abbastanza, evidentemente conscio delle porzioni solitamente richieste dagli occidentali. La tentazione di chiedere dei bis è fortissima, tuttavia, l’esperienza, risultato di una lunga tradizione, è conclusa, fermiamoci qui.

 

“Maestro, perchè non ha servito Salmone?” Un sorriso, qualche secondo di attesa, poi una confidenza. “Troppi antibiotici, troppo allevamento, l’ho eliminato dalla mia cucina”.

 

Profondità, grande profondità. Una cena di questo tipo cambia completamente il modo di intendere la cucina Sushi, vissuta in Italia come una grande abbuffata a poco prezzo. Questa tradizione invece merita rispetto, le emozioni che ci ha trasmesso sono state sottili ed intense. Non vedo l’ora di tornare in Giappone per andare dagli altri maestri. In attesa, per placare la mia voglia, ho solo queste foto, perchè mai più metterò piede in un ristorante Sushi italiano.

 

Menù dello chef: 23.000JPY (circa 170€), servizio e bevande esclusi.

 

Chef: Masahiro Yoshitake

 

Yoshitake Sushi Ginza
3f Suzuryu Bulding, 8-7-19, Ginza
Chuo-Ku, Tokyo
+81 0362537331


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