Si riaccende il forno borbonico di Capodimonte dove poi nacque la Pizza Margherita

Pubblicato in: La Pizza e basta

a c. di Tommaso Esposito

Bella sfida.
Rai 1 Linea Verde contro Report. La grande tradizione della pizza napoletana narrata a sei mani da Enzo Coccia con l’aiuto di Eduardo Ore ed Emanuele Corona. L’appuntamento è per domenica 8 febbraio alle 12:30.

Interessante sarà la riaccensione rituale del forno di Palazzo reale a Capodimonte.

Qui l’ 11 giugno del 1889 il pizzajuolo Raffaele Esposito, sposato con Maria Giovanna Brandi, figlia di Luigia Ottaiani che aveva, insieme ai suoi parenti, più di una pizzeria dalle parti del Porto, realizzò la pizza con mozzarella pomodoro e basilico che dedicò alla Regina Margherita di Savoia, moglie di Umberto I. Fu una grande idea che determinò la nascita di un brand verace napoletano Pizza Margherita oggi conosciuto con questo nome in tutto il mondo.

In realtà il forno era stato costruito da Ferdinando di Borbone per far assaggiare la pizza alla moglie Carolina durante una festa. Ne parla Salvatore Di Giacomo raccogliendo il racconto dal pizzaiolo Domenico Testa, figlio di ‘Ntuono, che divenne monzù per nomina regale: “Stando Ferdinando II a villeggiare a Capodimonte, fu chiamato in corte, non senza sua grande meraviglia.La persona che lo chiamò gli disse che la regina e le sue dame desideravano tanto di mangiare delle pizze: che le facesse nella sera seguente e comuni e volgari come quelle che voleva vendere a due grana l’una.

Il forno fu fabbricato nello stesso bosco di Capodimonte: le pizze furono preparate e le si mise al forno mezz’ora dopo la mezzanotte. Dopo due o tre minuti eccoti lì, con quattro o cinque dame di Corte, la regina: arrivano poco dopo altre dame velate e in tutto don Domenico ne conta venti. La regina mangia con buon appetito una pizza da due grana, le dame la imitano ridendo, i domestici servono vino bianco e arance, ricomincia il ballo in Palazzo e la visione scompare. Resta accanto a don Domenico un bel signore bruno e alto, che gli domanda sottovoce:
– Che impiego vorreste?
Don Domenico era vanitosetto: preferì d’ avere un’ onorificenza e rispose al signore misterioso:
– Vorrei chiamarmi munzù! “

Chi più di Enzo Coccia poteva onorare questo appuntamento con la storia e lanciare la sfida a favore della pizza napoletana così come è?
Se ne accorto anche Patrizio Roversi quando mangiando la sua Margherita sorpreso ha moromorato: “Io sono un patito del lievito madre e non immaginavo che una pizza prodotta con lievito di birra fosse così leggera ne mangerei un’altra.”
Ed Enzo Coccia: “la pizza napoletana ha un ingrediente fondamentale, il tempo. Ed è leggerissima e altamente digeribile. Così com’è non ha bisogno di comptromessi”

Da parte sua Eduardo Ore emozionatissimo ha dichiarato:
“Quando ho appiccato il piccolo focolaio di fascine e legna nel forno mi tremavano le braccia, le mani e il cuore, è stata un emozione fortissima, oltre un secolo di storia mi è passato davanti agli occhi. Operare nel forno della Regina Margherita è stato un privilegio, un onore e un emozione che condivido con tutti i pizzajuoli professionisti, i napoletani e gli appassionati che l’hanno salvaguardata nei secoli e la portano nel cuore diffondendo nel mondo questa magnifica opera d’arte di nome pizza Napoletana.”


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