Il lievito madre nella pizza è una necessità? O una moda per gastrofighetti annoiati?

Pubblicato in: Polemiche e punti di vista

di Marco Lungo

Ogni tanto, assisto a qualche ondata di mode. Succede in tutti i campi, figuriamoci se non accade pure nell’enogastronomia, ormai così drogata da nuovi acculturati della materia e da massicce iniezioni di estasiati televisivi, quasi tutti laureati in Masterchef e specializzati in Hell’s Kitchen.

Nel campo della pizza, così, vedo che la parola chiave che gira da un po’ è Lievito Madre, il nuovo sigillo di garanzia sulla qualità assoluta di Margherita e le sue Sorelle. Ha un senso o no, questo che alcuni pensano sia il nuovo “must”, la linea di divisione tra chi ne capisce e chi no? Me lo sono chiesto e, cari amici, vediamo insieme le risposte che ne sono scaturite.

Intanto, partiamo dalla definizione del Lievito Madre. Si tratta di un prefermento, in cui la farina viene lasciata a fermentare con dosi più o meno alte di acqua e con sistemi che ne inducano tale tipo di processo o meno, “catturando” anche, dall’ambiente circostante oltre che dalla farina stessa, i componenti vivi che lo creano. Il lievito madre, infatti, alla fine risulta composto da una colonia batterica, lactobacilli in larghissima parte, che coesistono con un insediamento di saccaromiceti. I saccaromiceti, come sanno anche coloro i quali frequentano il primo anno de “La Prova del Cuoco”, sono lieviti ma, prima ancora, li conosciamo come muffe. Mentre nel caso dei lieviti che si usano normalmente nell’impasto di pizza o anche pane, di queste muffe si usa la selezione del lievito della birra, nel lievito madre può essere captato dall’ambiente qualsiasi altro tipo di lievito, prevalentemente, oltre al suddetto Saccaromyces, Candidae, Pichiae o Hansenulae.

Il meccanismo di funzionamento del lievito madre, per quello che necessario sapere in questa discussione, si può configurare molto banalmente in un sistema di arricchimento della produzione di aromi e di sapori da parte dei lactobacilli, che verranno poi veicolati ai nostri sensi del gusto dagli etili prodotti principalmente dai saccaromiceti quando lavorano in assenza d’aria. Non sto a fare le singole proporzioni o altro di più tecnico relativo al suo impatto sulle caratteristiche del glutine, ripeto, banalizzo molto perché a me interessa parlare del gusto.

Sì, perché, alla fine, di questo stiamo trattando e, per via induttiva, di “Quale è la differenza tra il pane e la pizza?”.

Per molti rimane un grosso mistero anche dopo aver conseguito un Master in “Cucine da Incubo”.

Provo a specificare. Il pane, da sempre praticamente, è prodotto con l’impiego di lievito madre, il sistema più semplice che la Natura ha messo a disposizione dell’uomo per avere un prodotto fragrante e profumato con sofficità ed ariosità della mollica. La pizza, come la conosciamo noi oggi, per quanto derivi forse anticamente come uso per far da piatto a ciò che si mangiava e non era lievitata più di tanto, è invece ottenuta principalmente impiegando solo lievito di birra. Nella tradizione più stretta del riferimento italiano della pizza, cioè la Napoletana, si impiega anche il riporto, cioè si usano nell’impasto del giorno successivo le pallette di impasto avanzate dal giorno precedente. Questo conferisce un aroma diverso, più ricco, perché le pallette dell’impasto avanzate sono state già state lasciate a completare una fermentazione il giorno prima e, parzialmente, si sono innescati anche meccanismi di sviluppo batterico. Parzialmente, quindi, cioè in maniera molto limitata.

Ora, amici che state al quinto anno di “Cuochi per un Giorno”, capite bene che si è ben lontani dai tempi di fermentazione di un lievito madre, e che quindi la principale differenza che si nota è proprio nel gusto che il pane ha, rispetto alla pizza. Evito di fare disquisizioni su chi fa il pane solo con il lievito di birra, sto parlando ovviamente solo di chi fa il pane o la pizza in maniera qualitativamente di livello.

Perciò, ad oggi, il diverso impiego del tipo di lievito determina anche la definizione del prodotto impastato e una volta cotto, i gusti sono quindi molto diversi, a parità di farine ed altri ingredienti usati.

Allora, sto per arrivare a dire che la pizza fatta con il lievito madre sa di pane, è “panosa”? Sì.

E che questo, è “negativo”? Boh?

No, perché vedete, amici, alla fine è questione di gusti personali. A me la pizza che sa di pane non piace, mi sembra di mangiare una bruschetta molto ben condita, a parte altre caratteristiche dell’impasto che non incontrano i miei gusti, però c’è qualcuno a cui garba. Sicuramente, la pizza realizzata con i metodi che ho descritto sopra è, prima di tutto, riconoscibile senz’altro da tutti, anche da coloro i quali frequentano il primo anno di “Cucine da Incubo”. Questo, senza parlare poi degli aspetti professionali di produzione, perché mentre in un panificio la gestione del lievito madre è cosa routinaria e c’è spazio e personale anche specializzato per fare ciò, in pizzeria non è che ci sia generalmente altrettanta disponibilità di spazi, tempi e competenze, quindi diventa un peso o un elemento mal gestito, con tutto quello che ne consegue.

Perciò, a mio avviso, usare il lievito madre per la pizza come è attualmente concepita, forse è sbagliato, lo trovo uno snaturamento, un non avere chiaro che cosa è la pizza e quale è la sua essenza, sia di gusto, sia di lavorazione.

Non posso però non notare che, in molti blog e similari, si afferma con convinzione che il lievito madre è praticamente una specie di panacea e di bollino di qualità per tutto, quindi anche per la pizza, senza aver mai provato la differenza dal vivo o, peggio, innamorandosi di immagini di strutture di pizza decisamente belle e non tenendo perciò assolutamente in conto che, poi, è il sapore quello che conta e che, in foto, non è che uno lo possa sentire o neanche lontanamente immaginare. Eppure, c’è qualcuno che ha la pretesa di poterlo definire lo stesso in tal modo, nonostante sia stato perfino bocciato al primo anno di “Cuochi e Fiamme”. Dopo il Touch Screen, hanno inventato lo Gnam Screen e non me lo hanno detto?

E Internet fa miracoli, in Rete c’è spazio per tutti, adesso c’è una miriade di blog sulla cucina, grazie alla televisione che ha forgiato dal nulla altri 56 milioni di chef stellati (per non parlare dei Fini Intenditori Enogastronomici), per cui a fare una moda ci si mette un attimo. Questa televisione. Rifletto sul fatto che oggi è la cucina a farla da padrona nella programmazione di tutte o quasi le maggiori emittenti e penso a se, invece, domani prendessero piede come argomento le Onoranze Funebri. Penso a Mastertomb, un programma bello da morire, e alle persone che si inseguono l’un l’altro con la pala in mano per seppellirsi a vicenda nel primo giardino che capita, con intorno un gruppetto a fare da giurati e da critici sulla qualità della inumazione.

Insomma, tornando a noi, secondo me l’uso del lievito madre non è ben compreso e divulgato nella sua peculiarità e, nella pizza ripeto, non credo ci entri affatto.

Perciò, visto che ne stiamo parlando qui insieme, a quanti di voi piace la pizza che sa di pane?


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