
Andare in cucina approfittando della distrazione della mamma o della nonna mentre il ragù sta pippiando da ore. Poi prendere furtivamente un pezzo di pane e intingerlo prima di essere scoperti. Chi non l’ha mai fatto da bambini e quanti, da adulti, hanno continuato a preferire il pane per delle colazioni robuste?
Il rapporto del pane con il ragù napoletano, ma anche con la genovese è antico e rituale, come quasi tutto il cibo della tradizione gastronomica partenopea. Se Proust ha scavato negli anfratti della memoria con la madeleine della nonna, noi non possiamo che legarci a questa tradizione.
Devi nutrirti, non devi alzarti con la fame.
Già, il pane: di San Sebastiano, di Sarno, di Ariano Irpino, quello integrale del Cilento, oppure quello bianco di città che abbiamo imparato dai francesi?
Tema decisivo nella liturgia del ragù napoletano, che inizia il giorno prima con il lungo «stordimento» della carne per finire con la zuppiera fumante di candele o ziti spezzati che arriva a tavola.
Il pane come alimento, il pane come piatto. Per noi italiani è fondamentale, deve sempre stare a tavola, qualunque sia l’alimento che mangiamo, è quasi un utensile che si mangia a volte, per la scarpetta come per l’insalata, persino con la carne, sempre con i friarielli. Il pane fa la differenza tra un ristorante italiano e quelli di tutto il resto del mondo: c’è sempre a tavola.
Ma se per l’Italia è un amore, per Napoi è un’ossessione. Il pane ti viene recapitato anche con i primi piatti quando chiedi un piatto di asporto.
«Credo che la farina più efficace – spiega Antimo Caputo – sia il nostro sacco rosso. Ideale per impasti che richiedono tempi di riposo lunghi e lievitazioni prolungate in celle di frigo. Il glutine, con un equilibrato rapporto di estensibilità, forza ed elasticità è ideale per la lavorazione sia in pizzeria che, pasticceria e in cucina dagli chef».
Ma quale tipo di pane è più adatto per essere intinto nel ragù che «pippea»?
Partiamo dai due estremi: il pane bianco, il classico sfilatino, ha il pregio di essere quasi senza sapore rispetto alla salsa cotta a lungo, e dunque sarà sicuramente una spalla che mette in evidenza il ragù come protagonista assoluto. E’ il motivo per cui si usa questo pane nelle degustazione di olio.
Al contrario il pane integrale risulta troppo forte di sapore e potrebbe coprire il sapore del ragù. Meglio un pane semi-integrale, elastico e poroso, in grado di assorbire bene il sugo e trasformare il boccone in qualcosa che non sia solo pane più ragù o viceversa, ma qualcosa di completamente diverso in cui le due componenti si fondono completamente un po’ come avviene nella pizza.
In ogni caso, non si può preparare il ragù senza questo gesto.
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