Il presidente Antonio Pace attacca: le stregonerie negli impasti sono il fuoco amico contro la pizza napoletana. Le peggiori eresie? Integrale e Gourmet

Pubblicato in: La Pizza e basta
Antonio Pace, presidente Avpn

Antonio Pace, presidente Avpn

di Santa Di Salvo

Quel morso alla prima fetta bollente è un gesto storico. Ricordatelo, stiamo gustando un pezzo di storia di Napoli. Se dovesse darne una definizione, Antonio Pace direbbe che la pizza, come tutti i capolavori, è un cibo popolare ad alto tasso di semplicità. Tanto per chiarire come la pensa il decano dell’Associazione Verace Pizza Napoletana, che in 35 anni ha contribuito a costruire l’immagine di un prodotto e di un’arte divenuta patrimonio Unesco.

Esattamente un anno fa il riconoscimento. Proviamo a fare un bilancio?

“Soddisfazione tanta. Qualche decennio fa nessuno ci avrebbe scommesso. Una medaglia al merito che è servita sia ai consumatori sia ai pizzaioli. Nei primi vedo un’accresciuta consapevolezza, adesso molti hanno capito che scegliere una pizza è anche un po’ una filosofia di vita. Nei maestri pizzaioli riconosco un nuovo orgoglio, che li spinge a migliorare il prodotto e anche il comportamento”.

Con qualche esagerazione…

“Qualche? Se la pizza rischia di perdere storia e identità è proprio colpa del fuoco amico. Senza far polemica, io consiglio a tutti di restare coi piedi per terra per non lanciare messaggi sbagliati al mondo”.

Mi faccia capire. Troppe smanie di novità?

“Mi preoccupano soprattutto le stregonerie sull’impasto. Una volta era la “mano calda” del pizzaiolo a regolarne la morbidezza, oggi si continua a idratare… Certo, il nostro Disciplinare è nato sulla valutazione di materie prime più povere, oggi le farine sono molto migliorate e i tempi di lievitazione sono diversi. Ma vorrei che i pizzaioli tenessero sempre a mente una regola aurea: la pizza si può sempre migliorare, mai cambiare”.

Le peggiori eresie?

“La pizza integrale, che non può essere veramente tale sennò non lievita. La pizza gourmet, che detta così non significa niente. Se le materie prime sono buone, la pizza sarà al massimo per gourmet. Ma assemblare prodotti costosi non garantisce certo l’esito finale. E che non siano tanti, mi raccomando. Ho sempre sostenuto che su una pizza non si può andare oltre quattro elementi nella farcitura. Ecco perché la Margherita resterà sempre regina!”.

Parliamo in positivo. L’impressione è che la medaglia Unesco all’arte dei pizzaioli abbia modificato profondamente i comportamenti e la percezione di questa professione.

“Specie negli ultimi tempi la crescita qualitativa e quantitativa è stata incredibile, non vedo più locali trasandati, le pizzerie sono entrate nelle guide importanti, i pizzaioli sono diventati dei professionisti competenti, con notevoli conoscenze tecniche. Dobbiamo continuare a lavorare su questa linea e difendere la pizza dalle aggressioni esterne. Personalmente, ritengo molto sbagliata anche la guerra tutta napoletana al ribasso dei prezzi. Il cibo di alta qualità si paga il giusto, come avviene nelle altre città”.

Dopo questa tre giorni densa di eventi, si rinnoverà anche il rituale di Sant’Antuono patrono dei pizzaioli?

“Certo. Il prossimo 17 gennaio sarà festa grande per la nostra categoria. Come l’anno scorso, speriamo di festeggiare la ricorrenza con il cardinale Sepe. E’ una tradizione antica che si rinnova. Ricordo ancora mio nonno che, come tutti i pizzaioli, in quel giorno chiudeva il locale e si ritrovava con gli altri a far festa in un locale dei Colli Aminei”.

 


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