La pizza napoletana ha sei grandi scuole: scopriamole

Pubblicato in: La Pizza e basta

Il Corallo Street Food, margherita

Ogni napoletano ha la sua pizzeria preferita e non ci sarà esperto o guida specializzata che gli può far cambiare idea. Allora questa non è la classica top ten, ma una semplice guida per capire che la pizza margherita è come Napoli. Ha infatti mille volti ma una caratteristica precisa: non deve essere panosa, perchè altrimenti è una focaccia. L’equilibrio tra pomodoro, mozzarella olio e farina porta alla fusione assoluta.

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La classica a ruota di carro
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Parliamoci chiaro, è lo stile dei Condurro che si è affermato ai Tribunali da oltre un secolo con la pizza soffice ed elastica che traborda dal piatto e che va mangiata in pochi minuti. Il riferimento per questo stile sono le pizzerie più tradizionali e, diciamolo, anche più amate: Da Michele, Di Matteo, La Figlia del Presidente, Sorbillo ai Tribunali e Pellone a via Nazionale

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La classica per «i signori»
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Quando anche «i signori» si sono avvicinati a questo cibo popolare hanno imposto forchette e coltello tovagliato. Nascono così le pizzerie-ristoranti che, a differenza di quelle realmente pop, fanno anche il caffè. Da Brandi ai Mattozzi e ai Surace, gli esempi non mancano. Oggi espressioni compiute di questo stile, leggermente più panoso, sono Ciro a Mergellina, Ciro a Santa Brigida, Fresco sul Lungomare, Umberto a vicolo Alabardieri, Lombardi a via Foria, il Trianon e, al Vomero, Gorizia e Acunzo. Parte da qui l’abitudine di condirle con più mozzarella, prassi che poi si è trasferita anche nello stile precedente dove in origine il latticino era appenna accennato.
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Le pizze di quartiere
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Sono un punto di riferimento storico che però iniziano ad essere scoperte anche dagli appassionati. Ci sono Carmnella alle Case Nuove, Capasso a Porta San Gennaro, la saga degli Oliva che parte dalla Sanità con Concettina ai Tre Santi e Oliva per poi affacciarsi sul corso e al Vomero, Addo’ Guaglione a Fuorigrotta, Da Donato e Da Attilio, la Pizzeria del Popolo a piazza Mercato. Anche queste pizzerie abbinano spesso anche cucinato alla pizza.

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La nuova pizza napoletana
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Un nome e un cognome: Enzo Coccia che a La Notizia ha ribaltato il concetto comune del «tanto è sempre buona» puntando con decisione, anche nella comunicazione, sugli ingredienti di alta qualità e imponendosi maggiore attenzione sugli impasti. Lascia la pizzeria di famiglia per aprire in una zona dove non c’era nessuno e piano piano, con il passa parola, grazie al lavoro di Slow Food, impone il cambio di marcia.
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Le pizze ad alta idratazione
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Dopo Coccia è stata la famiglia Salvo ad esercitare la maggiore influenza sullo stile negli ultimi anni portando l’elasticità fino ai limiti estremi, prima impossbili perché non esistevano le farine adatte a sopportare questo stress. Ciro Salvo a 50 Kalò e i fratelli Francesco e Salvatore nella pizzeria di famiglia a San Giorgio a Cremano hanno di fatto imposto un modello a cui tanti giovani oggi fanno riferimento. Ma un altro maestro di questo stile è Guglielmo Vuolo, oggi a Eccellenze Campane.
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Lo stile Rossopomodoro
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Nata dall’intuizione di portare Napoli fuori Napoli, da alcuni anni sforna nuovi protagonisti della pizza napoletana come Davide Civitiello creando di fatto la più grande scuola di pizzaioli napoletani nel mondo e determinando il successo della pizza partenopea sugli altri.
E voi quale pizza siete?


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