Il tortano napoletano della Masardona buono per tutte le stagioni! La ricetta di Raffaele Bracale

Pubblicato in: I miei prodotti preferiti

di Monica Piscitelli

Panettone a Ferragosto, tortano a settembre. Crollano uno ad uno i luoghi comuni della gastronomia. Non c’è tempo e occasione che tenga: quando si ha voglia di una cosa … è esattamente quello il momento giusto per godersela.
A Napoli le pizze rustiche e i tortani, invero, si fanno sempre. In casa come in rosticceria. Ma, essendo i secondi, ricchi in strutto, si aspetta a mangiarli quando rinfresca. Come del resto dovrebbe avvenire con il panettone, per via del tenore di burro.

Ma un paio di giorni fa ho provato fumante e perfettamente unto, uno splendido tortano. A prepararlo il maestro della pizza fritta Enzo Piccirillo che dal 1945 – come puntualmente recita la sobria carta intestata e la ecologica busta in carta, con le quali doviziosamente confezione le sue “bombe” di gusto quando devono viaggiare – su ordinazione, a Pasqua e Natale, specialmente, fa tortani, casatielli, roccocò e altre specialità secondo le ricette di famiglia che lui ha “affinato”.

 

Ad insegnargli a fare il tortano è stata sua madre che a sua volta l’ha appreso dalla suocera, la Masardona, cui è dedicato lo storico locale.

 

L’unto del tortano di Piccirillo è nella giusta quantità: generoso senza eccessi. “‘a nzogna ce vo’, sennò o tortano esce ‘ammazzart ‘n cuorp’!” (lo strutto ci vuole, sennò il tortano è duro al centro) mi fa Piccirillo che, confessa, scende al mattino con l’idea chiara “di fare le pizze, belle!”. Gli piace lasciare i suoi clienti a bocca aperta. Soddisfatti.

 

Il ripieno è ricco: acqua, farina, lievito, pepe, cicoli, salame, romano grattugiato, uova sode a pezzettini e pepe. Lui studia la proporzione esatta: “non deve essere troppo, nè troppo poco” racconta Enzo che aggiunge: “quando mi chiedono un tortano da 4 chili o poco meno, io dico ‘no, meglio due che uno solo’. Il fatto – spiega – è che il ripieno non si distribuirebbe bene. Chiamatela geometria del tortano, ma quello da 1 chilo e mezzo è semplicemente divino.

 

Ed ecco la ricetta di Raffaele Bracale
Ingredienti
Per la pasta

1 kg. farina,
2 cubetti di lievito di birra,
gr. 100 di sugna,
gr 100 parmigiano grattugiato,
poco sale,
molto pepe nero.

Per il ripieno:
400 gr. di formaggi misti (provolone, emmenthal, fontina, pecorino ecc.) tagliati a cubetti,
300 gr. di salame tagliati a cubetti,
3 uova sode tagliate a spicchi,
sale,
pepe.

Preparazione
Stemperate il lievito in acqua tiepida (che non sia troppo calda), impasta telo con un pochino di farina, fatene un panetto, mettetelo in una ciotola e lasciatelo crescere per una mezz’ora, al coperto.
Disponete la farina a fontana, ponetevi al centro lo strutto, il sale, il pepe, il panetto cresciuto, il parmigiano e, aiutandovi con acqua tiepida, mescolate tutto fino a ottenere una pasta morbida che lavorerete con forza per una diecina di minuti battendola sul tavolo.
Fatela poi crescere in una terrina coperta, in luogo tiepido, per un paio d’ore o fino a quando la pasta avrà raddoppiato di volume.
Tagliate tutti i formaggi e il sa lame a dadini e le uova in sei spicchi ognuno. Mescolate tutto meno le uova.
Quando la pasta sarà cresciuta, sgonfiatela battendola con le mani e stendetela allo spessore di un centimetro.
Disponete su tutta la superficie sulla quale stropiccerete un po’ di sugna, uniformemente, il ripieno, le uova sode tagliate a spicchi a distanza regolare e arrotolate con delicatezza la pasta, il più strettamente possibile.
Ungete di strutto uno stampo largo col buco centrale; disponetevi il roto lo di pasta a ciambella, unendone bene le estremità e rimettetelo a cresce re in luogo tiepido coprendolo con un panno.
Quando il tortano avrà lievitato (accorreranno almeno due ore) infornatelo a forno moderato 180° per un’ora e sformatelo quando sarà freddo.
Questo tortano, è ottimo sia caldo che freddo accompagnato da una fresca insalata verde ben condita e da un buon bicchiere di vino rosso corposo.

Note: ciambella rustica pasquale che con la sua forma – nella tradizione napoletana – ricorda la corana di spine del Signore.


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