Una Jam Session A Tutta Fusion. Sancta Sanctorum, Roji & Bruno Paillard

Pubblicato in: Eventi da raccontare
Una Jam Session A Tutta Fusion. Sancta Sanctorum, Roji & Bruno Paillard

di Ugo Marchionne
Sancta Sanctorum & Roji Japan Fusion Restaurant. Napoli & Nola. Fusion & Gorumet. Nell’esclusiva location di Via Filangieri si è tenuto lo scorso 24/10/2017, un percorso nel gusto e nell’arte della cucina contaminata che vale uno spazio in archivio. I piatti dello chef Raffaele Dell’Aria e degli chef del Roji Alex Pochynok e Francesco Franzese, hanno dimostrato come lo spazio dato alla cucina giapponese nel nostro immaginario è ancora troppo poco e merita di essere ampliato e scoperto ancor di più. Giovani e affamati di successi questi tre chef hanno dato vita ad un menù a 6 mani di gran tenacia e sostanza, senza troppi arzigogoli, peraltro attesi.

Pronti via ed è subito Tacos, si ma fusion. Pasta kataifi soffiata e fritta, perle di aceto balsamico, germogli, purea di avocado e tarare di Otoro, la gloriosa ventresca di tonno. Crunch presente, consistenza e rotondità. Proprio un bel finger food. Solo rete. Punto.

Punto e contrappunto. Finto nigiri targato Sancta Sanctorum. La spugna di piselli ideata da Francesco Sposito diventa spugna di riso. Riso da sushi. Ed è subito nigiri di salmone. Una portata ancora troppo poco esplorata, che a mio avviso dovrebbe essere ancor di più ampliata e declinata tanto funziona. Visivo, impattante e lineare. Rimanda perfettamente al gusto del sushi senza restituirne la pesantezza. Contrappunto.

In ordine sparso dalla linea del Sancta Sanctorum, l’ormai iconica montanarina con maionese iodata alle ostriche, tartare di ricciola e polvere d’alga. Così come il Kakiage, la frittella di verdure miste in Tempura, con sashimi e gelato allo zenzero Gari. Lievi ed evocativi, la croccantezza della frittura che si lega alla rotondità e alla sapidità marina del pesce in questi due piatti è una vera e propria costante. Piatti poveri nell’ideazione storica che la cucina “Spositesca” ha reso nobili in virtù del matrimonio con una materia prima di mare di grande qualità e presenza)

Tanto Sancta Sanctorum ma anche tanto Roji. Il Bun Hirame con maiale in agrodolce è un piatto spensierato in cui è la creatività a pagare. Si sente la marinatura, si sente la soia, lo zucchero, la cipolla in cottura. Uno stracotto giapponese che ricorda la genovese, anzi la genovesa.

Inappuntabile la selezione di sushi di Roji. Ricciola Giapponese, Ventresca di Tonno e Uramaki con Gambero Furai in due diverse declinazioni. Tonno e ventresca collare Kama-Toro di salmone all’interno & Gambero Rosso, Anguilla & Tartufo Nero. Buona la spazialità del sushi. Un po’ freddo il riso ma ciò era dato dall’esposizione della materia prima al tempo. Ne è valsa la pena data la scenicità della terrazza. Roji a Nola si conferma, come peraltro evidenziato dal Maestro Luciano Pignataro e da Tommaso Esposito già in questa collezione informatica.

Servizio puntuale e coordinatissimo dei due Host della serata: Stefano Parisio & Giovanni Napolitano

Highlight della serata, il Risushi di Francesco Sposito nella nuova interpretazione di Raffaele Dell’Aria. Dolce, ristretta la salsa Teriyaki, il riso è cotto in un brodo dashi concentrato e acqua di pomodoro a dare acidità. Note tecniche? Il wasabi a sorpresa a fondo piatto, il taglio esemplare del sashimi e un’estetica invidiabile. Cottura impeccabile. Buona l’esecuzione complessiva della decorazione, si rischia che venga mal compreso. E’ un piatto geniale e difficile al contempo, si spera vivamente che il pubblico napoletano possa comprenderlo appieno. Connubio azzeccatissimo con la vibrante burrosità della cuvèe 72 di Bruno Paillard.

Da notare il carpaccio di Gambero Rosso e Zucchine e la piccola pasticceria di Roji, segno di crescita del ristorante, la cura nel dettaglio, le note minimal sono il segno di una svolta che va nella direzione di un’attenzione peculiare di grande maturità.

Questa Jam Session è un augurio gastronomico ad una cucina che deve ritagliarsi con estro e genialità il successo e la ribalta, nonchè uno spazio da comprimaria sotto i riflettori della notorietà di settore. La sperimentazione è la chiave della modernità, dando sempre un occhio alla stabilità delle tradizioni della cucina italiana e giapponese.


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