La braciola di capra e il suo ragù

Pubblicato in: i secondi

di Alfonso Sarno

Agro Nocerino-Sarnese: ci sono gli appuntamenti con gli struffoli a Natale, con la pastiera a Pasqua e, in autunno, con la braciola di capra ed il suo ragù. Già, “Settembre andiamo. E’ tempo di migrare” (ricordate Gabriele D’Annunzio ed i suoi pastori?) e così le greggi, lasciate le montagne scendono in pianura con le capre – ahiloro! – in forma smagliante per aver pascolato in lungo ed in largo sui monti che sovrastano i Comuni di Siano, Bracigliano e Mercato San Severino, particolarmente adatti per le loro essenze arbustive alla specie caprina. Un triste destino li aspetta, preludio di quello che nel susseguente inverno toccherà ai colleghi maiali e fonte di piacere per le papille gustative dei buongustai indigeni e non.

 

 

 

Tra domestici deschi e tavole di ristoranti si scatena la gara sul ragù più tirato, sulla braciola “che si scioglie in bocca”, sul migliore abbinamento tra la sacrificale capra e le percoche nel vino, degna conclusione dell’opulento pranzo iniziato con un robusto piatto di candele spezzate al ragù di capra.

 

Candele, ma non solo, perché paese che vai, ricetta che trovi. Così all’Osteria “La Pignata” di Gerardo Figliolia, in quel di Bracigliano, è possibile gustare sì il ragù con le candele (in primis quelle di Vicidomini) ma anche con i cavatielli proposti ai clienti da Mafalda e Patrizia Amabile, sorelle-chef, proprio per mantenere in vita la locale variante.

 

Ricetta raccolta da Alfonso Sarno

La braciola di capra e il suo ragù

Di Osteria La Pignata

Tempo di preparazione: 15 minuti
Tempo di cottura: 30 minuti

Ingredienti per 4 persone

Preparazione

Semplice la preparazione: mescolano farina 00 e farina di semola (70 e 30%), formano, poi, la classica fontanella, cui aggiungono – mano a mano – acqua calda e leggermente salata che sarà assorbita dalla farina. Ottengono un panetto che fanno riposare dai 10 ai 15 minuti, protetto da un canovaccio di lino in modo che diventi elastico. Infine lo lavorano, lo tirano e lo tagliano a tocchetti a cui danno una forma allungata ed incavata verso l’interno, grazie alla leggera pressione esercitata sul pezzetto di pasta tagliato, servendosi dell’indice e del medio.

Bene, a questo punto Mafalda e Patrizia Amabile dispongono sul tavolo spolverato di farina i cavatielli per circa tre ore (il tempo necessario per preparare il ragù), sempre protetti dal canovaccio di lino in modo che si asciugano e si dedicano alla preparazione della braciola e del ragù, scegliendo accuratamente il pezzo di capra da cucinare.

Ottima è la spalla ma anche la coscia e la pancia, quest’ultima più ricca di nervi. Assicura, però, Gerardo Figliolia che facendo “pippiare” (cuocere) la carne a lungo questa diventa morbida. Le chef la tagliano a punta di coltello, la puliscono accuratamente e la privano delle ossa e formano dei pezzi idonei per preparare gli involtini che vengono farciti con prezzemolo finemente tritato, formaggio pecorino romano grattugiato, aglio, pepe nero e sale. Legano il tutto con un filo di spago da cucina ben stretto e passano a soffriggerle in un tegame di creta con olio extra vergine d’oliva, cipolla tagliata, aglio a spicchi schiacciato. Dopo che il tutto, ben coperto, ha rosolato versano un bicchiere di vino rosso ben strutturato ed una volta che questo evapora aggiungono il passato di pomodoro di San Marzano, i pelati opportunamente tagliati a pezzetti, un altro po’ di sale e pepe.

Dopo aver portato ad ebollizione a fuoco alto, riducono la fiamma e fanno cuocere dalle 3 alle 4 ore a fuoco lento, girando di tanto in tanto. E’ il momento di preparare una pentola di acqua salata dove, quando giunge ad ebollizione, calano i cavatielli che, a cottura avvenuta, salgono in superficie. E’ il momento di scolarli e di inoltrarsi in un viaggio in cui gusto, memoria e manualità armonicamente si completano.


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