
di Alfonso Del Forno
Napoli sta vivendo un momento luminoso, non solo per il turismo. La sua cucina, identitaria e moderna, torna protagonista con la nuova edizione de “La cucina napoletana” di Luciano Pignataro, ripubblicata da Hoepli dopo il successo dell’edizione 2016 andata esaurita. Il volume si presenta in una veste grafica rinnovata, con la prefazione della Principessa Giulia Ferrara Pignatelli di Strongoli e le fotografie di Ciro Pipoli: un omaggio ai 2.500 anni della città e alla sua inesauribile capacità di trasformare il cibo in cultura condivisa.
La presentazione, alla Feltrinelli di Piazza dei Martiri a Napoli, ha riunito voci autorevoli: l’autore con la Principessa Pignatelli, Santa Di Salvo (giornalista e presidente dell’Accademia della Cucina di Napoli), Alfonso Pecoraro Scanio (presidente Fondazione UniVerde) e Antonio Puzzi alla moderazione. In apertura, Alberto Saibene per Hoepli ha sottolineato l’importanza di questa ristampa: “La cucina, il cibo e il vino fanno conoscere Napoli nel mondo.”
Santa Di Salvo ha rimarcato il peso della tradizione letteraria gastronomica partenopea – Ippolito Cavalcanti, Jeanne Carole Francesconi, Vincenzo Corrado – e il lavoro “inventariale” di Pignataro: una mappa completa che restituisce la cucina nata nei conventi, per strada, nelle case, oltre che nelle cucine dei monsú. La Principessa Pignatelli ha ricordato la memoria del ragù di famiglia, profumato e inebriante, come ponte tra generazioni: la cucina come affetto che si mangia. Molto toccante il ricordo di un ragù preparato dalla madre, che nella sua memoria è stato il più buono mai mangiato.
Non è un museo, è vita. Il libro ripropone il ricettario classico che ha fatto da base alla cucina italiana, proprio mentre l’UNESCO si appresta a pronunciarsi sul riconoscimento della Cucina Italiana come Patrimonio Immateriale dell’Umanità. La novità più significativa è l’inserimento dei “nuovi classici”: ricette firmate da chi ha rinnovato la tradizione portandola al centro dell’attenzione di critica e pubblico. Da Nino Di Costanzo a Gennaro Esposito, da Peppe Guida a Rosanna Marziale, da Francesco Sposito a Marianna Vitale (insieme ad Antonio Dipino, Salvatore Giugliano, Paolo Gramaglia, Maicol Izzo, Fabrizio Mellino): cuochi-alfiere di una tradizione che si rigenera, proprio come Napoli, città di mare e di approdi, capace – dice Pignataro – di assimilare ciò che arriva e renderlo intimamente partenopeo.
Accanto alle ricette, capitoli dedicati ai prodotti della Campania e ai vini, con un’attenzione speciale a ciò che oggi definisce il gusto: orto e campagna, filiera corta, sostenibilità quotidiana. Pignataro lo dice con chiarezza: “La cucina è un sentimento, molto va per intuizione.” In questo senso, il volume colma una storica assenza della manualistica classica inserendo finalmente la pizza accanto al vino, due cardini della napoletanità gastronomica contemporanea.
Anche l’intervento di Pecoraro Scanio ha guardato al futuro prossimo: dopo anni di lavoro sui PAT (prodotti agroalimentari tradizionali), il possibile riconoscimento UNESCO sarebbe un traguardo e insieme un impegno: valorizzare il ruolo della cucina italiana, e quella napoletana in particolare, come bene culturale vivo.
Per chi cerca la piacevolezza come stile di vita, questo libro è un invito concreto: cucinare, raccontare, condividere. Perché – per dirla con Pignataro – Napoli è un viaggio dell’anima, e il suo ’o magnà non è solo nutrimento: è linguaggio, identità, festa quotidiana. Aprire questo volume significa entrare in una casa dove il ragù è lasciato pippiare con calma, la pasta attende il suo punto di cottura e la pizza dialoga con il bicchiere giusto: piacere puro, tradotto in ricette.
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