La Tavola di San Giuseppe. A Riccia in Molise, festa di devozione e piatti poveri per il Primo Maggio

Pubblicato in: Curiosità
Torre di Riccia

di Laura Guerra

La Tavola di San Giuseppe è a Riccia, in provincia di Campobasso, la festa più attesa e sentita dell’anno, dolce simbolo della ricorrenza è il calzone, golosa conchiglia di pasta sfoglia artigianale che rivela un ripieno aromatizzato alla cannella di farina di ceci e miele.

E’ una festa della famiglia che celebra San Giuseppe, capofamiglia della religione cattolica e riunisce la famiglia nella preghiera e a tavola. La Devozione di San Giuseppe, si chiama così da sempre e si tramanda da sempre di casa in casa. Si celebra due volte l’anno il 19 marzo e il Primo Maggio in omaggio al padre di Gesù con la messa solenne, processione per le strade del paese e grande pranzo in casa in cui si servono 13 o 19 portate tradizionali.

Tutti i riccesi sono coinvolti: in tanti tengono viva l’usanza di riunirsi per pranzo dove gli ospiti d’onore sono tre invitati speciali: un ragazzo celibe che rappresenta Gesù Bambino, una uomo ed una donna che impersonano San Giuseppe e la Madonna, a loro è riservato un posto d’onore, non si alzano da tavola e vengono serviti per primi.

Prima e dopo si recitano le preghiere per ringraziare San Giuseppe di quanto si è ricevuto nell’anno e per invocarne la protezione sulla famiglia e sulla comunità.

Il convivio si apre con il tarallo semidolce per poi proseguire con un piccolo antipasto a base di giardiniera di verdure fatta in casa.

Seguono i fagioli e le lenticchie cotti e conditi con olio di casa; i legumi sono il simbolo della devozione: la storia raccontata da generazioni narra dell’arrivo in paese di un povero viandante che fu accolto dai riccesi e rifocillato con quel che avevano in casa, fagioli, ceci e lenticchie coltivate nell’orto di casa e conservati in dispensa.

Riccia è un paese di alta collina e le caratteristiche dei terreni e il clima favoriscono la produzione di legumi di ottima qualità.

Il filo della semplicità prosegue con gli spaghetti con la mollica del pane cotto a legna e fatto in casa, piatto povero simbolo di generosità e accoglienza.

Anche i secondi sono all’insegna del pane: peperone ripieno di mollica usata anche per saltare il baccalà, le polpette e ortaggi fritti con protagonista il cavolfiore.

Un insalata di arance apre la strada ai dolci:   mandorle cotte nel vincotto, riso dolce cotto nel latte, torta alla crema e il re della festa il Calzone.

Il calzone dolce è il simbolo di tutto il rito: si conservano per tempo i migliori ceci del raccolto, nei giorni che precedono la festa ci si organizza in gruppi di donne per cuocerli e preparare il ripieno e stendere la sfoglia che, fatta a regola d’arte deve aprirsi in cottura in tanti strati di croccantezza dal sapore delicato.
La devozione di San Giuseppe è una festa semplice che conserva e preserva i valori religiosi e le tradizioni del cibo contadino più autentico rispettandone tutta la filiera, dall’autoproduzione per uso di casa: i legumi, le verdure, il pane fatto a mano, il latte vaccino munto in stalla; fino alla preparazione riunendosi in gruppo e seguendo le ricette sedimentati da secoli.

Una festa di un’Italia minore, ostinata e fiera di custodire radici, origini, tradizione, territorio e materie prime di qualità.

Ringrazio la famiglia di Carlo Zingarelli per avermi ospitata a condividere un momento così bello a tavola.


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