Zeppola di San Giuseppe di Raffaele Bracale: storia, origine del nome e ricetta

Pubblicato in: I dolci

Storia della Zeppola di San Giuseppe

Racconta Goethe nel suo viaggio a Napoli alla fine del ‘700: «Oggi era anche la festa di S. Giuseppe, patrono di tutti i frittaroli cioè venditori di pasta fritta. Sulle soglie delle case, grandi padelle erano poste sui focolari improvvisati. Un garzone lavorava la pasta, un altro la manipolava e ne faceva ciambelle che gettava nell’olio bollente, un terzo, vicino alla padella, ritraeva con un piccolo spiedo, le ciambelle che man mano erano cotte e, con un altro spiedo, le passava a un quarto garzone che le offriva ai passanti».

Già, una delle caratteristiche di Napoli è l’osservanza, sempre meno rigida in verità, della ritualità del cibo collegato alle feste. Ritualità spesso scaramantica, legata alle stagioni ben rappresentate nel presepe, per cui la lasagna si consuma a Carnevale, la minestra maritata a Natale e a Pasqua, eccetera. Un calendario stagionale e settimanale che però sta sfumando, come ben si vede dal consumo della pastiera ormai diffuso tutto l’anno.
La zeppola di San Giuseppe rientra in quella categoria di cibo legato alla festività. C’è chi racconta che questa usanza nasce proprio dalla necessità che ebbe il Santo, durante la fuga in Egitto, di arrotondare le magre entrate con la vendita di ciambelle fritte. Una usanza pagana fa risalire questa abitudine che ha attraversato i secoli addirittura alle feste chiamate Liberalia molti in voga nell’Antica Roma e poi abolite dall’imperatore Teodosio.
Nella loro forma moderna bisogna risalire comunque al ‘700 e il merito va ascritto alle monache dello Splendore e della Croce di Lucca o, invece, dalle monache di San Basilio del Monastero di San Gregorio Armeno.
Ma la prima ricetta ufficiale la troviamo nel 1837 riportata dal Trattato di Cucina Teorico-Pratico di Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino, che la descrisse in lingua napoletana, segno che era considerato un cibo e una usanza degli strati più poveri della popolazione. Come è noto, infatti, in quel ricettario si usa la lingua italiana per le preparazioni aristocratiche e il dialetto per quelle più povere. Nell’era moderna oltre alla fritta le pasticcerie presentano anche una versione in forno e mignon per esigenze di diete, ma noi puristi, vi raccomandiamo di seguire il Duca di Buonvicino.
Miette ncoppa a lo ffuoco na cazzarola co meza carrafa d’acqua fresca, e no bicchiere de vino janco, e quanno vide ch’accomenz’a fa lle campanelle, e sta p’asci a bollere nce mine a poco a poco miezo ruotolo, o duje tierze de sciore fino, votanno sempe co lo lanatiuro; e quanno la pasta se scosta da tuorno a la cazzarola, allora è fatta, e la lieve mettennola ncoppa a lo tavolillo, co na sodonta d’uoglio; quanno è mezza fredda, che la può manià, la mine co lle mmane per farla schianà si pe caso nce fosse quacche pallottola de sciore: ne farraje tanta tortanielli come solo li zeppole e le friarraje, o co l’uoglio, o co la nzogna, che veneno meglio, attiento che la tiella s’avesse da abbruscià; po co no spruoccolo appuntut le pugnarraje pe farle squiglià e farle venì vacante da dinto; l’accuonce dinto a lo piatto co zuccaro, e mele. Pe farle venì chiu tennere farraje la pasta na jurnata primma.

Zeppola di San Giuseppe

Caro Luciano mio genero mi à détto che ài pubblicato la ricetta d”e zeppule ‘e san Giuseppe dei f.lli eredi di don Leopoldo Infante. Cmq. senza nulla togliere agli amici Infante ti invio ‘na cusarella mia. Lèggila e dimmi che te ne pare. Grazie.
Ti stringo la mano; bbona salute e ca ‘o Signore onnipotente nce perdunasse e benedicesse a tutte quante!
Tuo
Raffaele Bracale

Zeppola e dintorni.

La  voce zeppola, che in italiano, (con ogni probabilità con derivazione dal napoletano) indica esclusivamente quale sost. femm.  (spec. pl.) una ciambella o frittella dolce tipica di alcune regioni dell’Italia meridionale, è presente nel lessico della parlata  napoletana dove indica oltre che una tipica ciambella o frittella dolce (zeppola di san Giuseppe), anche una frittella rustica (‘a zeppulella) ed estensivamente un particolare difetto di pronuncia, una sorta di balbuzie che impedisce di esprimersi correttamente e chiaramente (tené’a zeppula’mmocca= avere la zeppola in bocca, come chi parlasse masticando un pezzo di quella frittella(zeppola) dolce o rustica.

Chiarito però che con l’originaria voce zeppola deve intendersi la ciambella dolce, e che, a mio sommesso, ma deciso avviso,  l’uso di zeppola per la frittella rustica è un semplice adattamento di comodo, e che  per tale frittella rustica sarebbe piú esatto (come vedremo trattando della preparazione di tale frittella) parlare di pasta cresciuta o pastacrisciuta come mi sembra piú acconcio scrivere agglutinando sostantivo ed aggettivo, dirò che quanto all’etimologia di zeppola (ciambella dolce) una non confermata  scuola di pensiero fa riferimento ad un tardo latino *zipula(m) peraltro(si noti l’asterisco) non attestato, laddove io reputo invece che zeppula (letteralmente zeppola) sia voce che abbia una derivazione dal latino serpula e debba indicare  innanzi tutto e quasi esclusivamente  un caratteristico dolce partenopeo, in uso per la festività di san Giuseppe(19 marzo) , di pasta bigné disposta, con un sac a poche, a mo’ di ciambella, poi fritta due volte: la prima in olio bollente e profondo, la seconda nello strutto   o  (meno spesso)  cotta al forno, spolverizzata di zucchero  e variamente guarnita con crema pasticciera  ed amarene candite.

Il dolce à origini antichissime  quando   intorno al 500 a.C. si celebravano a Roma le Liberalia, che erano le feste delle divinità dispensatrici del ‘vino e del grano nel giorno del 17 marzo. In onore di Sileno, compagno di bagordi e precettore di Bacco, si bevevano fiumi di vino addizionato di miele e spezie  e si friggevano nello strutto bollente  profumate frittelle di frumento; le origini del dolce dicevo furon dunque  antichissime  , anche se pare che la ricetta attuale delle napoletane zeppole di san Giuseppe (peraltro già riportata in un suo famoso manuale di cucina da Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino(2 settembre 17875 marzo 1859))
sia opera di quel tal P. Pintauro(1815 ca) che fu anche,  come vedemmo alibi, l’ideatore della sfogliatella, il quale rivisitando le antichissime frittelle romane di semplice  fior di frumento,ed ispirandosi ai consigli del Cavalcanti  diede vita alle attuali zeppole  arricchendo l’impasto di uova, strutto ed aromi varî e  procedendo poi ad una doppia frittura prima in olio profondo e poi nello strutto fuso e  bollente; la tipica  forma a ciambella della zeppola rammenta – ò detto –  la forma di un serpentello (serpula) quando si attorciglia su se stesso da ciò è quasi certo che  sia derivato il nome di zeppola (morfologicamente è normale il passaggio di s a z e l’assimilazione regressiva rp→pp).

Come si fa la zeppola di San Giuseppe

ZEPPOLA NAPOLETANA DI SAN GIUSEPPE

 

Zeppola di San Giuseppe

Di Raffaele Bracale

Ingredienti per 6 persone

Preparazione

Per le Zeppole.
Mettere in una capiente pentola antiaderente lo strutto, lo zucchero e l’acqua.
Porre la pentola a fuoco moderato ed iniziare la cottura.
Quando inizia a bollire pian piano aggiungere a pioggia tutta la farina ed il sale.
Mescolare con un cucchiaio di legno continuamente il tutto per evitare che si attacchi.
Quando il composto risulterà omogeneo e si staccherà facilmente dalle pareti della pentola, toglierlo dal fuoco.
Aggiungere le uova, una per volta, amalgamando bene fino a che risultino ben incorporate nell’impasto.
Preparare dei riquadri di carta da forno.
Mettere l’impasto in un sac a poche da pasticciere (munito di beccuccio a forma di stella) ed approntare le zeppole in forma di ciambella piuttosto piccola poiché in cottura le zeppole aumenteranno molto di dimensione, facendo scendere la pasta su ognuno dei riquadri di carta da forno.
Predisporre due grosse padelle di ferro nero ed in una mandare a temperatura abbondante olio per friggere, mentre nell’altra portare a temperatura di fusione la sugna. Quando l’olio è bollente mettere una zeppola alla volta nella padella relativa ,immergendole con tutta la carta da forno o oleata che verrà eliminata appena le zeppole si staccheranno.

Quando saranno appena dorate toglierle dalla padella con l’olio e trasferirle súbito in quella con la sugna a completare la doratura.
Mettete le zeppole su della carta assorbente e lasciatele raffreddare.

Per la Crema

Riscaldare il latte in un pentolino e da parte amalgamare lo zucchero con i tuorli d’uovo, la farina e la fecola.
Quando il latte inizia a bollire unire tutti gli ingredienti e mescolare senza interruzione.
Unire la scorza del limone (lavata accuratamente) e la stecca di vaniglia.
Continuare la cottura fin quando il composto non appare cremoso ed omogeneo.
Lasciare raffreddare bene la crema.
Infine disporre le zeppole su un piatto da portata e farcirle, servendovi di un sac a poche, con la crema.
Decorare ogni zeppola con qualche amarena sciroppata e con dello zucchero a velo.


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