L’interrogativo sulla critica gastronomica e il pericolo della mancanza di regole, siamo tutti allenatori

Pubblicato in: Polemiche e punti di vista
Siamo tutti allenatori

di Marco Galetti

Stanotte ho dormito male, non ho digerito la pizza o le mie parole.

Ho sempre affermato che nel campo della critica gastronomica ci dovesse essere spazio per tutti, libertà d’espressione nella terra di nessuno dove ognuno sia libero di piantare il proprio picchetto, le proprie idee, annaffiando le proprie parole in questo campo incolto che per dare i suoi frutti ha bisogno di essere arato e di conoscenza, coltura&cultura.

Oggi mi chiedo,  rimettendo in dubbio tutto, quale sia e debba essere la via, getto un amo in acqua sperando che i pesci, dopo millenni di mutismo, abbiano più voglia che mai di dire la loro, illuminandomi la strada, maestra non ho capito, me lo può spiegare di nuovo…

Forse il toscano delle Crete Senesi, che non sono io ma uno bravo iscritto all’albo, non ha tutti i torti quando afferma e auspica una regolamentazione, quello che in quasi tutti i campi esiste senza che nessuno si senta tarpato, imbavagliato, vittima d’ingiustizia.

Lancio un’interrogativa sulla critica gastronomica e sul pericolo della mancanza di regole, oggi più che mai visto che l’onestà intellettuale credo stia diventando un optional che non tutti possono permettersi.

Pretendiamo una prescrizione da un medico, il calcolo del cemento armato da un ingegnere, il controllo della caldaia da personale qualificato e competente,  in tutti i campi è così, nessuno si sogna di dire la propria, esprimendo un giudizio, quando c’è qualcuno preposto in grado di decidere con i gradi guadagnati con lo studio e sul campo per poterlo fare.

Invece, quando si parla di un vino, di un piatto o di un ristorante, millenni di cibo e pane quotidiano sembra ci diano il diritto di esprimere un giudizio sull’operato, sul lavoro di un altro, da un lato in questa cosa c’è un senso di giustizia, c’è un “uguale per tutti” che ci riporta ai fondamenti della legge, al voto della giuria popolare che in corte d’Assise affianca i giudici togati, ai fondamentali della vita, il mio voto vale il tuo, democrazia e libertà, libertà, bellissima parola, ma, dall’altro lato, la mia parola, soprattutto se espressa con superficialità, può far male ad un  formaggio, ad un salume, a chi lo produce, a chi lo commercializza, a chi me lo propone in Trattoria e, ultimo ma non ultimo, ad un amico assaggiatore di salumi che si danna l’anima evitando di venderla al diavolo, avendocelo per ogni capello.

Perché in quasi tutti i campi si richiedono qualifiche, certificazioni, attestati per ottenere credibilità, per poter essere affidabili per potersi permettere di esprimere un giudizio, un parere tecnico, per poter dare o meno un benestare mentre questo campo sembra terra di nessuno… giudichiamo i cuochi, o meglio i piatti che osti, ristoratori, chef e pizzaioli ci propongono, come se fossimo al bar, spariamo i nostri giudizi senza ritegno, diventiamo tutti allenatori di calcio, campo gastronomico e campo di gioco, esaltazioni e bocciature, rigore non dato e rigore nelle preparazioni, è un mondo difficile, ci vuole molta attenzione, si rischia di fare del male…

L’editore, solitamente, è in qualche modo garante, chi mette nero su bianco ci deve mettere la firma a garanzia di riconducibilità e rintracciabilità, ma questo popolo di navigatori spesso furbescamente e volentieri ha libertà di parola e nessun obbligo, nemmeno quello di metterci la firma e la faccia, qualcosa credo debba essere rivisto, ripeto quel che ho affermato ad inizio post, non ho la soluzione né la strada, la sto cercando.

 


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