L’Italia è in crisi? Il cemento ha mangiato l’agricoltura: persi 5 milioni di ettari in 40 anni

Pubblicato in: Curiosità

 

Se c’è una considerazione apocalittica da fare è quanto contenuto in questa nota di agenzia che pubblichiamo. Il resto sono chiacchiere. A parte l’Olanda e la Gran Bretagna, non ci sono notizie di grandi civiltà nella storia che non abbiano anche grande agricoltura. E l’Italia sta arretrando paurosamente da oltre mezzo secolo, sino a perdere l’autosufficienza alimentare. Con la conseguenza di diventare una colonia.


Adn Kronos. Non hanno torto gli italiani a preoccuparsi della sovranità alimentare del proprio Paese. Secondo una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Eurobarometro del luglio 2012, il 46% è infatti preoccupato che la produzione di cibo non sia sufficiente a soddisfare il fabbisogno della popolazione anche per effetto del calo delle terra coltivata. Ma se è vero che la siccità sta mettendo in ginocchio le produzioni agricole con tagli che vanno dal 20 al 40%, caldo a parte la situazione nazionale mostra da tempo il suo tallone d’Achille: la costante diminuzione della superficie agricola utilizzata.

 Dagli anni ’70, infatti, la superficie agricola utilizzata in Italia (che comprende seminativi, orti familiari, arboreti e colture permanenti, prati e pascoli) è diminuita del 28%. Tra il 1971 e il 2010 si è ridotta di ben 5 milioni di ettari, passando da quasi 18 milioni di ettari a poco meno di 13: una superficie equivalente a Lombardia, Liguria ed Emilia Romagna messe insieme.

 La riduzione maggiore riguarda seminativi e prati permanenti, ovvero i due ambiti da cui provengono i principali prodotti di base dell’alimentazione degli italiani: pane, pasta, riso, verdure, carne e latte. E mentre la superficie agricola utilizzata diminuisce, la popolazione aumenta. A rilevarlo è il ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali nel dossier «Costruire il futuro: difendere l’agricoltura dalla cementificazione» realizzato con la collaborazione di Inea, Ispra e Istat.

 E se fino ad oggi, la perdita di superficie agricola utilizzata non si è tradotta in una perdita di produzione perchè le moderne tecniche agricole hanno permesso di innalzare la produttività per ettaro (negli anni ’50 un ettaro di terreno a frumento produceva circa 1,4 tonnellate di prodotto, oggi ne produce 4), l’incremento degli input sul territorio non è più in grado di tradursi in un incremento della produzione, «ovvero si è giunti al punto in cui l’applicazione di maggiori quantità di tecnologie attualmente disponibili non corrisponde ad un incremento del rendimento della terra», si legge nel dossier.

 La continua perdita di terreno agricolo porta l’Italia a dipendere sempre più dall’estero per approvvigionamenti di risorse alimentari. Secondo una stima effettuata dal ministero delle Politiche Agricole, Alimentarie forestali, l’Italia attualmente produce circa l’80-85% delle risorse alimentari necessarie a coprire il fabbisogno degli abitanti, coprendo poco più dei consumi di tre italiani su quattro.

In particolare, l’auto approvvigionamento alimentare copre una percentuale appena del 33% per quanto riguarda le leguminose, del 34% per lo zucchero, del 34% per le oleaginose, del 69% per le patate, del 64% per il latte e del 72% per le carni. Meglio il riso (274%), frutta fresca (126%), ortaggi (103%) e pomodoro (181%) e uova (101%).


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