Mangiare da Paolo Lopriore da cliente puro, senza scrivere o fare foto

Pubblicato in: Polemiche e punti di vista

di Leo Ciomei

Mi ero ripromesso di non scrivere niente relativamente alla chiusura del ristorante Il Canto di Siena, chef Paolo Lopriore. Cazzeggiando però su Facebook amici autorevoli, blogger e giornalisti del cartaceo, hanno bonariamente rimproverato i web-magazine che non hanno dato la notizia e quindi se non proprio l’annuncio, ormai bollito come il piatto simbolo della Clinica Gastronomica di Rubiera, scrivo qualche riflessione.

Innanzi tutto, visto che come scrive Bonilli “tanti parlano e pochi vanno”, dichiaro di averci mangiato, senza Moleskine e digitale, da cliente e non da blogger, senza riverenze particolari, piatti aggiunti o visite alle cucine, pagando il conto di 332,00 euro (mancava la barba finta e sembravo il Visintin). Aspettative molto alte, alcuni piatti memorabili, altri meno ma tutto curato e studiato; non ho avvertito così tanto quella diversità nei sapori (“ah, l’amaro !”)
di cui tutti parlano, pur ammettendo che qualche portata spiazza. Diciamo che nel corso degli anni qualche ristorante particolare me lo sono fatto e che difficilmente rimango colpito… certo è che se invece di pranzare con Madame, avvezza a tali locali, andavo con mia madre e mia zia, abituate ad altre percezioni palatali, ancora mi rincorrevano…

Naturalmente l’augurio più grande allo chef è quello di ritornare quanto prima al lavoro in qualche cucina perchè la sua (momentanea) uscita di scena è paragonabile al funambolo Cesc Fàbregas del Barcellona che smette improvvisamente di giocare: una perdita per tutto il settore.

Ma sarà il caso di chiedersi perchè uno chef titolato nel 2013 di 18/20 sulla Guida Espresso, 87/100 nella Guida Touring, 86/100 in quella del Gambero Rosso, 19/20 dagli amici groupies di PassioneGourmet, 8,8/10 dal puntiglioso Caffarri del Cucchiaio, al 46° posto nella World’s 50 Best Restaurant San Pellegrino, unico italiano insieme a Bottura nei primi 50, innumerevoli premi nel palmarès, ha deciso di chiudere ? “solo” perchè la maudit Rouge gli tolse impunemente la stella nel 2009 ? certo che la clientela europea e extra-europea si avvale al 90 % dei consigli Michelin specie per locali di alto livello ma imputare tutto a quell’errore mi sembra eccessivo. In quel periodo ci fu anche chi si chiese se davvero se la meritava la stella ! nel mio piccolo dico che era più da due che una visto il livello 2013 delle stelle Michelin…

Il fatto di essere inserito in una lussuosa struttura a cinque stelle Relais & Chateaux in una delle zone turistiche più frequentate d’Italia, a 5 minuti da Piazza del Campo di Siena, con una clientela danarosa aiutava senza dubbio il business ma una cucina troppo complessa, “spigolosa, mai incline al compromesso”, come dice l’amico Giovanni Gagliardi, non portava fatturato. Del resto Relais & Chateaux non significa automaticamente successo: spesso l’ospite dell’hotellerie di lusso, statunitense o orientale per lo più, è conservatore e apprezza la cucina tradizionale del luogo o ricerca anche all’estero i sapori della sua terra. Non credo comunque che un’attenzione maggiore dell’aspetto massmediologico da parte di Lopriore (chef di scuola marchesiana anche nei rapporti coi media) avrebbe cambiato di molto le carte in tavola. E neppure l’unanimità della critica gastronomica nel portarlo ai vertici (improbabile a questi livelli e con questi piatti) avrebbe dirottato verso Siena i clienti necessari. Al momento in vetta alla cima c’è un solo chef e si chiama Massimo Bottura, l’unico che, come fa capire, fra le righe, nell’intervista al Daily Meal, sia riuscito, dopo la caccia alle streghe di Mediaset, a coniugare tradizione e modernità, sterzando da quella cucina “Ferran Adrià style” che poteva danneggiarlo in divenire.

E per carità, a tal proposito non paragoniamo la chiusura de Il Canto a quella de El Bulli di Adrià, come ho letto in qualche commento ! Ferran ha chiuso nonostante le migliaia di prenotazioni che rifiutava annualmente forse perchè aveva dei costi insostenibili per quel tipo di cucina. Lopriore ha chiuso semplicemente perchè a settembre, piena stagione turistica, il mio era il solo tavolo occupato ma in cucina lo staff era al completo con i costi conseguenti.

Massimiliano Tonelli sul Gambero Rosso scrive che l’arrivederci di Lopriore è solo in parte dovuto alla decadenza della ex-grande Siena: crollo della credibilità del Monte dei Paschi di Siena, della antichissima Università, della prestigiosa Accademia Chigiana, della Pubblica Amministrazione e, aggiungo io, pure della squadra di basket, sempre fra le prime ma immersa in problemi con la GdF. No, la borghesia, i banchieri e i professionisti senesi non significano niente per un ristorante come Il Canto, come i fiorentini contano poco per l’Enoteca Pinchiorri; la decadenza è generale, non solo di Siena, è la decadenza del nostro popolo che non sa apprezzare le diversità anche in un menù, la decadenza di chi vuole alzarsi da tavola “con la panza piena”, la decadenza degli appassionati che partono per Copenhagen e innalzano alle vette la cucina del Noma di René Redzepi (sempre pieno) ma snobbano Lopriore.

Mi fa piacere però che lo chef comasco non rinneghi i suoi metodi e i suoi piatti, rientrando con una cucina più pop e ruffiana… alla domanda di Elisia Menduni, riportata sulla GazzettaGastronomica, risponde infatti “non è così. … Non so quale e come sarà il mio prossimo ristorante, ma so che resterò in Italia, magari anche in Toscana. Chissà anche al mare. Vedrò. Le cose vanno, vengono, cambiano. Voglio vedere il mondo con occhi diversi. Basta classifiche e gare al piatto dell’anno. Voglio un’Italia più semplice, meno modaiola e più spontanea.

A’ bientôt, Lopriore!


Dai un'occhiata anche a:

Exit mobile version