Milano, Ristorante Vun del Park Hyatt Hotel e il genio del giovane chef Andrea Aprea

di Enrico Malgi

Da oltre un anno Andrea Aprea è diventato l’Executive Chef del Ristorante VUN (in dialetto milanese vuol dire uno) inserito all’interno del centralissimo hotel PARK HYATT di Milano. Un ragazzo di bell’aspetto, longilineo e dal carattere volitivo e determinato. Il trentacinquenne napoletano ha già maturato diverse e significative esperienze in Italia e all’estero, l’ultima delle quali è stata quella vissuta, sempre come Executive Chef, presso il ristorante IL COMANDANTE del ROMEO HOTEL di Napoli.

La sua cucina esprime ottima tecnica, innovazione e creatività, ma ha sempre presente, comunque, le sue origini che si rifanno alla tradizionale arte gastronomica napoletana, che Andrea cerca di fondere con perfetta simbiosi con quella nazionale. Non disdegna la contaminazione con la cucina internazionale, frutto delle sue precedenti esperienze. Il suo stile si basa su un’intensa sperimentazione, tesa alla continua ricerca di stuzzicanti suggestioni. E così ne viene fuori una gastronomia completa, centrata ed appagante. L’atmosfera esclusiva dell’affascinante, elegante e lussuoso hotel Park Hyatt, situato nelle immediate vicinanze di Piazza del Duomo, la Galleria Vittorio Emanuele II, il Teatro alla Scala, il Palazzo Marino e Via Montenapoleone, aiuta poi a completare una proposta culinaria di alto livello. Perché non bisogna dimenticare che siamo comunque nella Milano che da sempre fa tendenza e detta legge in ogni settore commerciale ed imprenditoriale, nella moda come nella gastronomia.

Sono stato pochi giorni fa in questa splendida location con l’amico Biagio Ciano. Il percorso gastronomico inizia con il dolce e salato della caprese, un piatto improntato alla reminiscenza tipicamente napoletana.

Una mozzarella nascosta all’interno di un fragile guscio di una perlacea cupola di zucchero caramellato, su coulis di pomodorini del Vesuvio, crostini di pane casereccio, datterini appassiti, filetti di acciughe di Cetara e con emulsione di pesto al basilico. Una goduria infinita, in cui gli ingredienti fanno a gara per emergere singolarmente, ma alla fine quella che vince è la “squadra”. Altra entrée: battuta di fassona, nizzarda e salsa verde.

Qui a prendere leggermente il sopravvento è la giusta acidità. L’altro appetizer, composto da capesante, porcini, patate dolci e acetosella, è intrigante e perfetto.

L’abbinamento con l’ottimo e azzeccato spumante brut millesimato Ferrari Perlè Trento Doc valorizza il piatto e pulisce la bocca, mantenendola così bella elastica. Tortelli, stufato di manzo, pastinaca, chiodini e foglie di senape vanno a formare uno dei primi.

Ecco qua un piatto consistente, che dona una voluttuosa sensazione godereccia e con gli ingredienti tutti in perfetta sintonia. L’unica nota stonata è rappresentata dall’accoppiamento con un anonimo Bourgogne blanc di Henri Boillot, che con lo Chardonnay sa fare sicuramente meglio. Alle mie rimostranze, il preciso e maitre NICOLA ULTIMO, che nel complesso detta ottimamente i tempi dell’abbinamento, ha provveduto subito a cambiare la bottiglia con un più appropriato Cortona Syrah dei Tenimenti D’Alessandro.

Altro primo piatto: riso acquerello, zafferano dell’Aquila, ossobuco di rana pescatrice, liquirizia e limone.

L’incipit è dichiaratamente filo meneghino. Gli ingredienti giocano insieme con grande armonia, ottimamente amalgamati e la percezione palatale alla fine è centrata. Si passa poi ai secondi, iniziando con una preparazione che strizza l’occhio alla cucina partenopea, così per “pareggiare” i conti: baccalà, friarielli, aglio dolce, pane integrale e senape.

Piatto apparentemente semplice, con sapori atavici e moderni in contemporanea ed in cui risalta la mano sicura dello chef. Altro secondo: faraona petto e coscia, cavolfiore, pepe rosso e funghi porcini.

Ecco qui, a mio giudizio, il miglior piatto del pranzo, molto sostanzioso e papilloso. Una cottura lenta e laboriosa fa risaltare il gusto morbido e succoso della faraona, che impegna la bocca con paradisiaca piacevolezza. Ultimo secondo: cervo, bosco e sottobosco.

Andrea qui dimostra tutta la sua bravura, cimentandosi in una preparazione nordica di non facile lettura. Il piatto è alleggerito dall’ottima cottura e dal tocco personale dello chef. L’abbinamento con il Barolo Villero di Oddero si dimostra indovinatissimo. Si finisce con due dessert piacevolissimi: gianduia e lamponi; e poi intensità di limone.

 

Ancora una par condicio e con abbraccio finale nord-sud. E così siamo in perfetta parità, perché Andrea non vuole scontentare proprio nessuno e direi che ci riesce alla perfezione.

I vini abbinati sono stati: Riesling della Mosella Heymann Lowenstein, Ferrari Perlè brut millesimato Trento Doc, Bourgogne blanc Henri Boillot, Pinot nero Maso Cantanghel Trentino, Cortona Syrah Tenimenti D’Alessandro, Barolo Villero Oddero e poi sui dessert Marsala Superiore Donna Franca Florio e Limoncello di Capri.

L’impressione che ne ho ricavata è stata certamente positiva. La cucina di Andrea è pulita, centrata e godibile, portata avanti con mano ferma e sicura. Ma qui siamo ancora all’inizio di un percorso che si annunzia molto promettente di un giovanissimo chef, che ha già ricevuto molti consensi da parte della critica. Il punteggio di 15,5 elargito recentemente dalla Guida dell’Espresso ne è una prova tangibile. Un’altra dote che mi ha colpito di Andrea, poi, è la sua comunicativa tutta partenopea che lo rende simpatico a tutti.
Ad majora allora!

Ristorante VUN del Park Hyatt Hotel
Via Silvio Pellico, 3 – Milano
Tel. 02 88211234/35 – 02 88211350
restaurant.milan@hyatt.com

Menù degustazione da sei portate 70,00 euro. Otto portate 90.00 euro. Con abbinamento dei vini al bicchiere 90,00 e 120,00 euro. Oltre al menu alla carta. 


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