
E’ un racconto a più voci quello fatto da Sergio Miccù, presidente dell’Associazione Pizzaiuoli Napoletani, nel libro pubblicato a due anni esatti dal riconoscimento Unesco, “O’ Pizzaiuolo” (edizioni GM Press). Una raccolta che diventa la testimonianza diretta delle radici in cui affonda quel sovoir faire che è l’insieme delle abilità, innanzitutto manuali ma anche comportamentali, tipico di chi quell’arte, unita a una suadente affidabilità, ce l’ha nel dna. Nel proprio codice genetico.
“C’è un ruolo che spetta ai pizzaiuoli dopo il riconoscimento Unesco: contribuire, aldilà degli stereotipi, alla crescita di Napoli nel mondo. Se la loro arte – dice Sergio Miccù spiegando le ragioni del volume – è un bene dell’Umanità, allora quell’arte, deve servire a fare da collante alle tante straordinarie risorse della nostra terra già riconosciute come patrimonio mondiale e ad alimentare turismo. E’ per questo che il ricavato del libro andrà all’Associazione I Sedili di Napoli, con la quale più volte come APN abbiamo collaborato, per contribuire al restauro di una delle tante chiese abbandonate ubicate ai Decumani, ossia nello straordinario Centro Storico di Napoli, già patrimonio Unesco. Con il presidente della Onlus, Giuseppe Serroni, abbiamo individuato la chiesa Stella Maris. Il libro – ha precisato Miccù – non è una classifica o una premialità, ma solo una raccolta di esperienze dirette che mi sono state privatamente fatte nel corso della mia esperienza di presidente dell’Associazione pizzaiuoli e che ho voluto, con il consenso dei protagonisti, rendere pubbliche proprio per spiegare perché era giusto e ci siamo impegnati tanto per garantire a quest’arte il riconoscimento dell’Unesco. Siamo convinti che i racconti dei pizzaiuoli, con i loro aneddoti e i loro ricordi, possano trasferire al lettore, ma anche ai consumatori, il valore di quel disco di pasta che non è solo una pietanza, ma è la cultura stessa di Napoli”, ha concluso Sergio Miccù.
Un quadro che coincide con l’idea del neoassessore al’Assessore al Commercio del Comune di Napoli: “L’arte nella manipolazione della pizza è ciò che rende unica la figura del pizzaiuolo napoletano, custode di una delle più antiche tradizioni che si tramanda da secoli da padre in figlio, da maestro ad apprendista”.
Anche Flavia Sorrentino, responsabile del progetto “Scegli Napoli” e da sempre fervida sostenitrice della tutela dell’arte del pizzaiuolo, ha parole di grande efficacia: “la pizza – dice – non è solo un buon alimento, ma l’incarnazione del genio creativo di Napoli. Valorizzare le nostre eccellenze è fondamentale per conservare la memoria delle tradizioni e creare, nello stesso tempo, nuove opportunità di sviluppo”.
“Grazie al contributo dell’APN, il restauro della chiesa neogotica di Santa Maria Stella Maris – ha detto Giuseppe Serroni – concorrerà al recupero non solo delle memorie storiche e devozionali, ma potrà rappresentare anche un volano di sviluppo per i giovani che fanno riferimento all’Associazione I Sedili di Napoli e del quartiere Pendino”.
La prefazione del libro, affidata a Pier Luigi Petrillo, UNESCO Chair Holder in Patrimonio culturale immateriale e Diritto Comparato dell’Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza è una ulteriore spinta verso il futuro: “La data del riconoscimento, non è stata un punto d’arrivo ma ha rappresentato un punto di partenza per la comunità partenopea che assieme continua ancora a cooperare per rafforzare il processo di valorizzazione di questa conoscenza tradizionale che per i pizzaiuoli non è mero folclore ma anima e cuore della sua identità, da proteggere e salvaguardare dal lato oscuro della globalizzazione”. Alla presentazione del libro interverranno anche il vicesindaco di Napoli, Enrico Panini, il capo di Gabinetto della Città Metropolitana, Peppe Rinaldi e i 40 pizzaiuoli che a turno prenderanno la parola dai loro scranni.
Il tema del futuro? “Una qualifica professionale riconosciuta dallo Stato che ancora manca”, afferma Sergio Miccù.
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