New York, Eleven Madison Park: il limite è il cielo! 19/20

Pubblicato in: Città e paesi da mangiare e bere, New York
Eleven Madison Park

di Luca Fontana

A tavola con I Signori

Gli statunitensi hanno un modo di dire che ben rappresenta la realtà di New York, con la sua immensa energia: “Sky is the limit” (il limite è il cielo).

Beh, l’Eleven Madison Park è molto vicino a raggiungere questo limite. In cima alle classifiche dell’intero continente da ormai quasi 10 anni, questo ristorante nel cuore di Manhattan, ricavato da una vecchia banca, rappresenta la punta di diamante della ristorazione americana.

Daniel Humm, chef di origine Svizzera, vuole riscoprire il cosiddetto “local”, la cucina locale, con le sue materie prime ed i suoi ingredienti. Se a noi italiani questo obiettivo appare alquanto scontato, dobbiamo tenere conto che l’Eleven Madison Park si trova nella madrepatria del fast food e delle grandi catene standardizzate, una terra che solo da pochi anni ha ripreso a costruire una cultura culinaria basata sulle tradizioni e sui prodotti locali, trovando una propria autonomia dai soliti francesis.

Il menù è uno solo, una lunga serie di portate, per una durata annunciata di 3 ore (alla fine risulteranno essere 2 ore e 55 minuti…per dare un’idea della perfetta organizzazione di questo ristorante).

Seduti al tavolo troviamo un pacchettino che contiene…

biscotti, al formaggio cheddar e mela. Altri 20 per favore.

Tonno, marinato con anguria e verdure fermentate. Acido e fresco, ottimo inizio.

Melanzana, cotta a bassa temperatura con fagioli (all’interno) e menta. Altra portata fresca e leggera, a cui la menta dona una piacevole aromaticità.

Seppia, con peperoni e carciofi.

Pomorodo, disidratato con basilico e cipolla. Una portata più mediterranea.

Caviale, con Eggs Benedict, mais e prosciutto. Molto interessante, un piatto in cui non ci si limita a proporre un ingrediente “ricco”, ma lo si rielabora in chiave statunitense, associandolo ai sapori del tipico “Eggs Benedict”. Un esperimento ben riuscito.

Viene portato del pane, accompagnato al burro, proveniente da una fattoria biologica dello stato di New York. Proposto in due versioni: normale e salato.

Ciliege fermentate, con finocchio. Essenziale e dritto al punto, con un bel gioco vegetale tra croccantezza, acidità e dolcezza.

Foie Gras, con pesca e ginger. Finalmente un’intepretazione un po’ personale di un ingrediente ormai decisamente abusato.

Aragosta, con frutti di mare, gamberetti e fagioli. Portata finita al tavolo. Bel passaggio di grande sapidità con una materia prima da urlo.

Vengono portati dei girasoli, decorazione? … No! Saranno al centro della prossima portata.

Girasole, grigliato, con pomodori verdi e petali. Delicatissimo, sublime.

La nostra portata principale, l’anatra. Viene prima mostrata intera, poi preparata in cucina.

Eccola, aromatizzata alla lavanda, con miele, albicocche e finocchio. La cottura ha smorzato il sapore preponderante dell’anatra, amalgamandola perfettamente agli altri ingredienti e rendendo il risultato finale soave e delicato. La pelle è gustosa e stupendamente croccante. Monumentale.

Formaggio, con miele, cigliege, acetosa, cereali e stomp waffle. Un passaggio leggermente sottotono, con un formaggio delicatissimo, che soccombe alle portate precedenti.

Siero di latte, sorbetto, latte caramellato e yogurt. Un predessert giocato interamente sui latticini.

Frutti di bosco con cheesecake, ribes e more. Un finale in linea con la cena: fresco e leggero.

Ma il meglio arriva alla fine, si dia il via ai giochi…

Viene portata una scatolina, contenente: matite, cartoncini e cioccolato!

Quattro cioccolati fondenti, preparati con quattro latti diversi: mucca, bufala, pecora e capra. Lo scopo è indovinare con che latte è preparato il cioccolato, collegando i quattro simboli disegnati sulle confezioni ai rispettivi animali. Indovinare è tutt’altro che semplice, capra o pecora?

Lo chef evolve la sua cucina ad una rapidità impressionante, il menù che abbiamo provato oggi è completamente diverso da quello provato in una visita del 2013, con uno stile di cucina migliorato e attualizzato, che guida il trend di una cucina dritta al punto e che non appesantisca eccessivamente la clientela.

Impossibile parlare con lo chef, ma chiacchierando con la maître facciamo notare che in qualche modo questa cucina ci ricordi quella di Marchesi e soprattutto di qualche suo allievo. I suoi occhi brillano, preparatissima, cita nomi della cucina Italiana ed europea, spiegandoci come lo chef sia attentissimo alle contaminazioni d’oltreoceano.

Il servizio, di cui parliamo raramente, merita una menzione d’onore. Un’efficienza straordinaria, tipica dei tristellati, qui però unita ad una simpatia ed una serenità che ci fanno sentire come a casa. Uno staff giovane e dinamico, che non esita a fare battute e a far “giocare” i clienti, come oggi è successo col ciccolato, e nel 2013 coi giochi di prestigio.

Un’esperienza di altissimo livello, una precisione senza pari sotto tutti i punti di vista. L’unico piccolo difetto che impedisce il raggiungimento della massima valutazione è la mancanza di un “piatto dell’anno”, di cui portare dentro il ricordo per il resto della vita….fosse facile!

 

Chef’s Menù: 225$ (205€) , bevande e servizio esclusi

 

Chef: Daniel Humm

 

Eleven Madison Park

12 Madison Avenue

Manhattan, New York

http://elevenmadisonpark.com

 

Foto di Luca Fontana

 


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