Roma, Menabò Vino e Cucina a Centocelle: osteria si nasce e si studia

Daniele e Paolo Camponeschi

Menabò Vino e Cucina
Via Delle Palme, 44D (Centocelle)
Tel.
06 8693 7299
Aperto la sera 18:00-00:30 (sabato e domenica anche a pranzo)
Chiuso: lunedì
Pagina Facebook sempre aggiornata

 

di Virginia Di Falco
Un aggiornamento necessario. Non certo della foto di copertina che ritrae i fratelli Camponeschi: ad oggi è ancora la più bella che gira sui social :)
Ma dall’apertura sono ormai passati 5 anni, e qui da Menabo’ è migliorato tutto: la cucina, in primis, e poi la carta di vino e champagne, sempre aggiornata con curiosità e competenza e infine, la capienza della sala.
Un lavoro paziente, costante, certosino.

I piatti sono ricchi, colti. Eppure sembrano lavorare con poco, con ingredienti semplici e locali: i legumi, le verdure di stagione, carni spesso di tagli non pregiati ma di qualità eccellente e dunque di grande sapore.
C’è ricerca e studio, come dicevamo in occasione della nostra prima visita, sia in cucina che in cantina.
Attenzione discreta nel servizio, atmosfera piacevole grazie all’ambiente curato eppure essenziale.

Lo specchietto (social) delle allodole con la foto della pasta mista con ceci, cozze e rosmarino per noi ha funzionato, eccome. Dopo il caldo benvenuto è infatti il primo piatto che abbiamo ordinato subito. Super confortevole e appagante.
Sfiziosa la crespella di farina di castagne con ricotta, gorgonzola e funghi, molto buoni i due piatti di carne provati: il coniglio in porchetta su zuppetta di lenticchie e tartufo, che starebbe da favola in un menu casalingo delle feste; e il petto d’anatra con mele e misticanza selvatica.

Chiusura dolce più che brevettata, qui la pasticceria è cosa serissima, persino quando si gioca, come con la ‘Fake Janduja’, trionfo goloso al cioccolato ed extravergine.

Insomma, una cucina matura, curiosa, colta ma immediata. Sappiamo che l’esercizio di etichettatura dei locali di nuova impostazione ha un po’ stufato (osteria moderna? bistrot? boh?) ma di sicuro siamo di fronte ad uno dei migliori indirizzi di “Cucina & Vini” di Roma.

 

La nostra prima recensione del 31 gennaio 2019

di Virginia Di Falco
Daniele e Paolo Camponeschi,
ai romani lo dirà il cognome, il mestiere ce l’hanno nel sangue. Famiglia di ristoratori da generazioni, i due fratelli nel 2018 hanno deciso di aprire Menabò, un posto tutto loro. Apertura senza fuochi di artificio mediatici ma, soprattutto, senza improvvisazione: quasi zitti zitti, passo dopo passo, ognuno studiato e pensato, hanno dato vita ad una piccola osteria in una zona di Roma non certo centrale.
Siamo a Centocelle, il quartiere che per numero di locali sta tirando parecchio la giacca al Pigneto, fino a qualche anno fa indiscusso e quasi solitario esempio di rinascita urbana. E’ proprio a Centocelle che è iniziata l’avventura di Vincenzo Mancino e della sua bottega Pro Loco DOL, che i Fooders si sono fatti conoscere da un pubblico più ampio con il tavolo sociale di Mazzo, che Jacopo Mercuro e Mirko Rizzo hanno fatto rinascere la pizza romana con 180grammi, e così via.

In una sala a vetri che dà sulla strada, arredata in maniera essenziale, tra piccoli tavoli ma ben distanziati e un banco per degustazioni e aperitivo, Daniele fa girare la lavagna col menu del giorno, mentre Paolo è in cucina.
Menabò a Roma è dunque un’osteria nel senso più autentico del termine. Intanto perché c’è un oste vero: Daniele si prende il suo tempo per presentare vini e cucina, sa cosa suggerire e sa non imporre il suo sapere. La carta dei vini la pensa lui, ed è organizzata con passione verace per le etichette naturali, così come la mescita, ma senza fobie, e con il piacere di far bere. E poi perché sono da osteria l’atmosfera rilassata e le chiacchiere della sala.

I piatti, pur restando nel perimetro della tradizione romanesca, hanno tutti un piccolo tocco personale, a volte personalissimo, senza mai stravolgere, però, un’impostazione generale immediata e rassicurante. Inoltre, vivaddio, si può sempre uscire dalla proposta della lavagna e chiedere all’oste (appunto) un bel piatto di carbonara o amatriciana come dio comanda.

Un piccolo benvenuto, con una crema di finocchio profumato di olio extravergine di oliva dà immediatamente il registro del locale: attenzione, semplice e senza fronzoli, alla materia prima e ai prodotti di stagione.
Carattere e delicatezza insieme, nel carciofo in pasta ‘matta’ farcito con patate e una fonduta di pecorino. Ottima esecuzione della carbonara, con rigatoni al giusto punto di cottura e una crema di uovo ben amalgamata.

Piatto della serata, senza dubbio, la minestra di pasta mista con patate e polpo rosticciato: sapori e consistenze al loro posto con una gradevole sapidità marina.

Trionfo della tradizione, poi, nella trippa alla romana, con mentuccia e pecorino e nel pollo alla cacciatora con il sughetto alle olive e rosmarino che è davvero un bell’esercizio di memoria all’infanzia.

 

Buono anche il baccalà con pomodori infornati e un’idea di ricotta.
Nel complesso una mano leggera che non impedisce il rispetto, a volte filologico, del dettato campagnolo e pastorizio della cucina romanesca.

Si chiude (obbligatoriamente, ci permettiamo di suggerire) con i dolci di Daniele, puntuale studioso, prima ancora che esecutore, di pasticceria.

Questa di Menabò è una cucina semplicemente buona. Anche perché sa di buono l’olio. E sa di buono (e di tanto) il pane, ché lo sappiamo, i sughi chiamano la scarpetta, e in un posto come questo non si può non fare. Ed è un posto dove il mestiere, sia in sala che in cucina, ci ricorda che «semplice e buono» in un’osteria non vuol dire facile, nè improvvisato e veloce. Oste si può nascere, ma si deve anche studiare.

Dirà qualcuno: «possibile che non ci sia neppure un appunto da fare?». Sì che c’è: bene i tovaglioli in cotone bianco per le tovagliette in carta paglia da osteria. Ma, a quel punto, sarebbe stato meglio farli più grandi e dunque più confortevoli.
Conto medio, in un felice rapporto qualità prezzo, sui 30-35 euro.


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