Pescia. Ristorante Atman e la cucina di Igles Corelli

Pescia (Pistoia)
Via Roma, 4
Tel.0572.1903678
www.ristoranteatman.it
Sempre aperto, chiuso il martedì
Ferie: due settimane in agosto

Atman vuol dire soffio vitale o essenza in sanscrito, indica la filosofia di ricerca del meglio anche nella cucina. Quando questo nome mi arriva all’orecchio per la prima volta lo collego molto più semplicemente a Batman, l’unico fumetto americano che mi piaceva da ragazzo poi magistralmente interpretato nei primi due film di Tim Burton con il tema del doppio sviscerato in tutti i sensi possibili da Bob Kane e Bill Finge.

Igles Corelli appartiene invece a quelle generazioni in cui il doppio è diventato unico grazie ad una visione ottimistica e costruttiva del mondo. Lui sta alla nuova cucina italiana come gli anni ’60 alla memoria antropologica del Paese: protagonista di un momento di crescita, di sperimentazione, di affrancamento dalla esclusività francese, recupero dei sapori della tradizione italiana ben ripresentati e ben addestrati dalle nuove tecniche.

Dal Trigabolo alla Locanda delle Tamerice Igles ha dettato i tempi, creato una scuola di allievi, speso tante energie nella didattica.
Ecco perché la sua cucina da creativo-sperimentale è diventata con gli anni un classico rassicurante, qualcosa di molto lontano dalle sofferenze molecolari della materia.

Ma soprattutto è l’equilibrio della maturità raggiunto dal cuoco quello che si evince. Erbe, fiori, ortaggi, carni, pesce, paste: nulla deve stupire, ma piacere. Non c’è niente da dimostrare, ma solo tanto mestiere da esibire con allegria, spiegato con quell’accento che sembra nato per dare parola al cibo opulento della festa come nessun altro in Italia.

Dunque i piatti sono traguardi di equilibrio, ricchezza barocca di elementi: creano e appagano il desiderio chiudendo il cerchio.

Non c’è materia con cui Igles non abbia avuto a che fare, ma la mano sulla cacciagione si vede nel risotto e in tutti i piatti con le piume. Le salse allungano il sapore, le cotture perfette, l’equilibrio centrato come obiettivo finale. Piatti da mangiare e non da degustare. Il risotto di Igles è un must in Italia, non si può non averlo mangiato ed esalta perfino Maffi che ama recitare la parte degli Incontentabili.

 

Ed è così che si diventa un classico, quando è difficile poter pensare di andare oltre, quando il gusto sfonda una generazione o una comunità e diventa leggibile da diverse esperienze. Vedi il cibo nel piatto e pensi sia uscito da un libro di cucina tout court.

Questo spiega a mio parere anche l’insuccesso rispetto al 2.0. La psicologia del critico del web è scovare qualcosa che la carta non ha pescato o che non ha scritto per chissà quali reconditi motivi: così facendo però spesso si rivela il grande limite culturale degli ultimi anni italiani, la fine dell’ambizione di raccontare il tutto, di avere una visione complessiva della realtà, e limitarsi a scavare la nicchia, come la talpa di Kafka, o, peggio, a rappresentare solo una parte del tutto.

Anche la pasticceria segue questa linea classica e consenziente: dolci perfetti, pieni, di scuola franco-partenopea.

Una bella esperienza, che noi abbiamo già raccontato con le belle immagini di Lido Vannucchi, che copre un’ area importante in Toscana dopo la chiusura dell’Aoristò a Pistoia.

Pagherete sui 100 euro alla carta, vino escluso, mentre a pranzo c’è un lunch di lavoro a prezzo più lontano dagli anni ’90 e vicino ai giorni nostri.


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