Ristorante AALTO a Milano: il futuro della cucina è nella creatività su grande materia, fusion e contaminazioni sono il passato

Takeshi Iwai

AALTO a Milano
Piazza Alvar Aalto
Tel. 02 2506 2888
Aperto la sera, sabato e domenica anche a pranzo
Chiuso martedì

Non è una cucina fusion, non è all’insegna della contaminazione. Cosa è, allora, Aalto? Probabilmente il futuro. O comunque un tentativo di superare luoghi comuni e trovare una strada verso qualcosa di nuovo come solo a Milano è possibile fare.
Prima di andare avanti, è necessario dire che questo locale, che prende il nome dalla piazza su cui affaccia dedicata ad un architetto finlandese nella “nuova Milano” a ridosso della stazione Garibaldi, fa parte di Iyo Group di Caludio Liu, cinese cresciuto a Milano e innamorato della cucina giapponese. “Per la mia generazione – spiega – il Giappone è il futuro, una meta da sogno” ed è per questo che decide di aprire il ristorante Iyo nel 2007, quando di nipponico c’era ancora veramente poco perfino a Milano. Claudio sette anni dopo centra, primo ristorante non italiano in Italia, la stella Michelin. Nel 2019 vengono inaugurati contemporaneamente due ristoranti in uno. Nascono IYO Omakase, la prima esperienza di banco sushi in puro stile tradizionale giapponese, e, appunto, AALTO, il fine dining di cucina libera, senza confini e senza definizioni, che conquista la seconda stella nel gruppo due anni dopo.

Nello stesso locale, insomma, convivono due concetti opposti ma alla fine sincretici. Il tradizionalissimo sushi e l’avveniristico Aalto la cui cucina, secondo la spiegazione di Claudio Liu, “è libera, da ogni definizione o modello prescritto. Libera di essere italiana, giapponese, entrambe le cose o nessuna delle due. Non tracciare confini esprime la possibilità di superarli”. Non ci sono riferimenti geografici, punta su materie prime di alta qualità e gioca esclusivamente sulla creatività. Lo chef Takeshi Iwai è giapponese ma vive e lavora in Italia da 14 anni.
Un progetto ambizioso, insomma, pensare a come mangeranno le future generazioni italiane, o, meglio, che vivono in Italia, nate magari proprio durante questi due anni di Pandemia che, pur nelle difficoltà, non hanno impedito ad Aalto di affermare un propria identità. Non è escluso che il sushi alla fine venga tolto di mezzo.

Il locale è in stile avveneristico, domina il nero, alle pareti le bottiglie della grande e profonda carta dei vini con la quale davvero ci si può divertire. Siamo al primo piano della Torre Solaria, il grattacielo residenziale più alto d’Italia (143 metri e 34 piani) e 34 piani – diventato il luogo simbolo di una città proietatta al futuro. Progettato dall’architetto Maurizio Lai, lo spazio di AALTO esprime il progetto Claudio Liu. Elementi ad alto tasso tecnologico si combinano a materiali naturali: legno di noce canaletto, porfido grigio-verde – proveniente dall’unica cava al mondo in Trentino – ottone e cuoio. Tutto è curato nel dettaglio: i tavoli in legno di noce, progettati per la sala, sono impreziositi da tasselli a farfalla e da forme in porfido ricomposte attraverso decorazioni in ottone che disegnano un’ordinata e razionale scacchiera.

Cosa si mangia da Aalto, il menu

La novità, nel gruppo, è l’introduzione del pane con il burro. Questo significa dire: stiamo mangiando in Italia.

Il menu degustazione ci pone di fronte a vere e proprie “capate”: sia la stracciatella di trippa che il piatto dei piselli in brodo di cannolicchi sono straordinari e da soli, come si diceva un tempo, valgono il viaggio. Sapore, freschezza, profondità, modernità e leggerezza.
Il seguirsi di piatti ci porta dal freddo al caldo, dal pesce alla carne. Buonissime le animelle, déjà vu l’anguilla laccata e il manzo.
Gran finale con pasta e riso, è il momento clou del pasto per ogni italiano e i piatti vengono serviti alla fine proprio perchè considerati importanti. Lo spaghetto è non solo buono, appagante, ma anche divertente con le diverse combinazioni che si offrono: guancia di maiale e olio al caffè, olio di levistico, sedano e Lime-kosho. Si può sperimentare a proprio piacimento a tavola.
Gioco anche sul riso: prima il Risotto al parmigiano con rafano grattugiato, foglie di shiso verde, gelato di ricci di mare e olio alla vaniglia, strepitoso, complesso e incisivo allo stesso tempo. Poi un gioco in stile Bottura, il riso gratinato, quello che si va a cercare nella padella.
In queste materie e in questo divertimento si segnala come lo chef abbia perfettamente assorbito il punto di vista italiano su qullo che noi chiamiamo “primo”.
Finale dolce elegante e non pesante con il pre dessert alla mela centrato e la Sfoglia al cioccolato, mousse e crumble di cacao, nocciole caramellate e polvere di cacao accompagnata da gelato al latte affumicato con cristalli di sale Maldon.

CONCLUSIONE

Non siamo in un ristorante economico: i menu degustazione costano 135 (5 portate) e 150 euro (8 portate) a cui si aggiungono gli abbinamenti di 5 e 8 calici a 60 e 100 euro. Ma sicuramente il prezzo vale l’esperienza, magari con un ripasso alla carte per altri piatti perchè comunque il menu varia nel corso dell’anno cercando di seguire il corso delle stagioni. E’ una esperienza ricca, che presuppone un palato allenato o anche, semplicemente, buon gusto e tanta curiosità. Il servizio di sala è professionale e appassionato. E’ un passaggio obbligato per capire dove va Milano, e dunque dove andrà gran parte dell’Italia tra qualche anno: una ristorazione rigorosa, attenta alla materia prima e alla sicurezza, ma anche alla gioia di chi si siede a tavola.
La nostra impressione è che lo chef ha ancora tantissime cose da dirci, dobbiamo solo incrociare le dita sperando che questo periodo difficile abbia termine e ci sarà da divertirsi.


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