Domenico Marotta, una delle giovani cucine italiane più in forma del momento

Ristorante Marotta
Via Marrochelle, 52  81010 Squille (CE)
Aperto dal mercoledì alla domenica pranzo e cena

 

di Antonella Amodio

Ci ritorniamo praticamente ad ogni stagione al Marotta Restaurant, a Squille, nelle campagne dell’Alta Campania.

Ci piace seguire lo chef Marotta, che ha un rapporto sentimentale con i vegetali, elementi ai quali resta fortemente legato fin dalle origini e che valorizza come ricordi e sapori di una memoria gastronomica, come custodi di biodiversità, che giocano nella sua cucina con i toni aciduli che ne valorizzano il sapore. Prova ne sonoii canapè di benvenuto, quasi tutti plant based con giusto la presenza della lumaca, che regala la piacevole sensazione di “terrosità”, diventata in questi tre anni dall’apertura la “segnature” dello chef (l’allevamento di lumache è a un tiro di schioppo dal ristorante). Domenico Marotta ha ridefinito con il suo approccio all’orto i confini dei sapori dei menù fin dal primo giorno di apertura del suo locale che fa sempre più breccia nel cuore dei “gourmet”, come tappa ineludibile.

I nuovi percorsi di degustazioni Primavera 2023 (da 5, 7 e 9 portate) non tradiscono le aspettative, che di volta in volta alzano la posta, anzi, mi sento di affermare che ho trovato la cucina con le briglie meno tirate, recando quel piacere di stare a tavola come in pochi altri posti, visto che nella maggior parte dei casi le cucine propongono piatti stanchi e
ripetitivi. Insomma, nulla di originale e di emozionante.

Affumicature, marinature, fondi, cotture arrosto, sono una parte delle tecniche di preparazione di Domenico Marotta, che preserva colori, sapori e consistenze degli ingredienti in una cucina leggibile e leggiadra. L’uovo e il piccione (due ingredienti radicati nella tradizione contadina della gastronomia italiana, con il piccione che tra l’altro ha una posizione di privilegio nell’alta cucina) sono tra le presenze fisse della carta, che tra i nuovi ingressi vede la pecora in tartare, servita con la melagrana e la rosa, e i meravigliosi pin di animali da cortile alla mediterranea.

Ma è il piccione, mela annurca e ibisco che manifesta la tecnica e la conoscenza dello chef Marotta. Il maestro della cucina italiana, Gualtiero Marchesi, avrebbe approvato il piatto, visto il suo rapporto particolare con il pollame. Per quanto riguarda il piccione – dal sapore intenso e selvatico – Marchesi era particolarmente intransigente con la cottura, rigorosamente al sangue, conservando così gli “umori”.

Insomma, se vi piace il piccione, una carne che divide, provate quello del Marotta Restaurant alla laccarda, che prende spunto da una antica ricetta Umbra e che lo chef Marotta ha rivisitato in chiave territoriale, con il guizzo di raffinatezza che contraddistingue la sua cucina, partendo da una materia prima eccezionale, con un piccione di provenienza toscana allevato con criteri rigorosi.

Cotto sull’osso, terminato alla brace e affumicato con le erbe della macchia mediterranea, conserva la nitida nota vegetale della cipollina arrosto che fa da contrappunto all’intensità della preparazione. Un piatto rigoroso che senz’altro merita il viaggio a Squille, e che combina stile culinario, maturità in cucina e cultura.

Dai nuovi percorsi di degustazione:

Il Servizio preciso e professionale è nelle mani di Anna Coppola.

 

Report dl 6 novembre 2022

Seguiamo con attenzione l’evoluzione di questo locale austero ed essenziale che concentra tutti i suoi sforzi nei piatti e in una intelligente proposta di vino sin dalla nascita. Ci torniamo volentieri e troviamo sempre una cucina realizzata con prodotti di territorio, ben eseguita, senza salse e con poco sale e grassi. Uno di quei fine dining di nuova generazione che oltre al gusto hanno anche la salute come parametro finale della proposta: si comincia con il vegetale come aperitivo e si chiude con la frutta per la piccola pasticceria.
Ci siamo tornati di recente e abbiamo poco da aggiungere a quello che abbiamo scritto qualche mese fa se non forse una osservazione che non vale solo per questo locale, ma per quasi tutti i fine dining italiani: il ritmo deve essere più incalzante, meglio sentirsi dire “già finito?” che “quanto manca?”.
Detto questo, la cucina è una esaltazione di sapori dell’orto, del mare e della carne assolutamente centrati, senza difetti. Ci alziamo con il ricordo di una faraona essenziale e perfetta, decisamente superiore anche al famoso piccione di Niko Romito, per la capacità di esaltare la carne del volatile senza alcun orpello.
Una esperienza che consigliamo decisamente a tutti. I menu degustazione da 5 o da 7 portate costano da 60 a 80 euro, i vini hanno il giusto ricarico che fa girare la cantina.

 

 

REPORT 6 agosto 2022

 

di Luciano Pignataro
Ormai di ristoranti aperti da ragazzi che sono stati un po’ qui e un po’ la se ne aprono a decine e, diciamo la verità, lasciano il tempo che trovano purtroppo perché se l’esperienza non è vera, lunga, intensa al punto che ti permette di conoscere la lingua, è praticamente inutile. In un’epoca spot dove si vive su Facebook ci si può costruire un bel curriculum andando a tagliare un po’ di insalata per una settimana da tizio e fettare le rape rosse da Caio per poi rivelare al fuffblogger di turno in cerca di pasti gratis la straordinaria carriera.
Bene, tutto questo non è il caso di Domenico Marotta.

Tanti per cominciare, ha fatto l’alberghiero di Gaeta, uno dei migliori del Centro Sud che ha dato i natali professionali,  per dirne uno, a Francesco Apreda.

Quasi un paio d’anni da Andrea Berton al Trussardi alla Scala, più di tre anni da Enrico Crippa a Piazza Duomo (è andato via da junior sous chef), un anno alla corte Alain Passard e del suo Arpege. Brevi passaggi anche da Éric Frechon, Kobe Desramaults e da Seiji Yamamoto. In tutto, 12 anni di gavetta. Un ragazzo riservato, molto timido, che ha deciso di coltivare il suo sogno dell’alta cucina nell’attività della famiglia. Domenico Marotta ha aperto il suo ristorante nel giugno 2019, una piccola oasi di cucina d’autore al primo piano del ristorante per banchetti gestito dalla famiglia in località Squille di Castel Campagnano, il paese del Pallagrello. Un Curriculum di quelli di quelli davvero importanti che riescono a formare i giovani dando loro il senso della disciplina e della gerarchia in cucina.

I frequentatori seriali di ristoranti si troveranno subito di fronte ad un linguaggio comprensibile e moderno che si riassume così:
1-Grande precisione tecnica nelle esecuzione delle cotture
2-Assoluta considerazione per i vegetali usati prodotti del futuro che non necessariamente vanno accompagnati da carne e pesce. Questo punto gli da decisamente vantaggio sulla maggioranza dei cuochi che non riesce a prescindere dalle proteine animali in un piatto.
3-Pulizia nella presentazione e riduzione del numero degli elementi in ciascuna ricetta. Gli ingredienti non sono messi a casaccio, ma servono ad eseltare la materia prima protagonista.
4-Originalità delle proposte declinate con la materia prima del territorio e non con prodotti seriali acquistati sul catalogo. E dunque stagionalità.

In sintesi, tocco leggero e delicato in cucina, poi diversità, personalità e qualità indiscutibili nei piatti. Domenico Marotta è così sempre più culinary gardener, con l’orto a pochi metri della cucina che entra con prepotenza nei piatti, dimostrando la versatilità degli ingredienti vegetali, che sottolineano con chiarezza il concetto di stagionalità, perché la natura cambia, muta e i suoi piatti sono sempre in evoluzione.

I vegetali (non solo verdura, ma anche frutta) si prestano al Marotta Ristorante ad un viaggio sensoriale nella botanica, dove si coglie anche il dialogo con la carne, con il pesce e con le uova, e dove è coinvolta anche la pasticceria.
Una precisione chirurgica nelle cotture, sensibilità notevole nel trattare il mondo vegetale, pulizia gustativa, personalità, appartenenza, leggerezza. Questi punti sono il benchmark nella cucina d’autore moderna, sono i cardini imprescindibili per qualsiasi cuoco. Domenico le riassume tutte insieme, con grazia ed eleganza, sussurrandole. Una cucina che appare già matura, nel senso che è già compiuta, che coniuga ricerca senza perdere di vista il tema della golosità. Sono davvero tanti gli spunti per un ragazzo che affonda a piene mani nel luogo dove vive (appartenenza), rispettandolo, senza aver paura di contaminarlo con viaggi ed esperienze che ha fatto.

A questo dobbiamo aggiungere un altro grande pregio: non è una cucina ideologica e neanche modaiola, ha una sua precisa personalità che prescinde dalle tendenze che si stanno scontrando in questo momento. In più, ha recuperato alla pasta e al riso il giusto ruolo di momento topico e della gioia, che fa la differenza fra l’Italia e il resto del mondo e dal quale non si può prescindere quando si lavora da noi, soprattutto al Sud.

E’ sempre difficile giudicare, ancor di più fare delle previsioni, ma possiamo tranquillamente con grande serenità che quella di Domenico Marotta, giovane dell’anno per 50 Top Italy nel 2021, è oggi una delle esperienze più interessanti che la cucina italiana propone in questo momento.

REPORT 24 APRILE 2022

di Antonella Amodio

Con erbe, verdure e fiori si apre il pranzo da Marotta Ristorante, con il suo inconfondibile entrée di benvenuto, dove non manca la lumaca, che nel nuovo menù di primavera ““Radici & Innesti” è servita con rami di cipresso e limone e dove – ad annunciare la nuova stagione – c’è il Consommé di Piselli e Cardamomo Verde. Piatto che da solo vale la sosta.

Tocco leggero e delicato in cucina, poi diversità, personalità e qualità indiscutibili nei piatti.  Domenico Marotta è così sempre più culinary gardener, con l’orto a pochi metri della cucina che entra con prepotenza nei piatti, dimostrando la versatilità degli ingredienti vegetali, che sottolineano con chiarezza il concetto di stagionalità, perché la natura cambia, muta e i suoi piatti sono sempre in evoluzione.

I vegetali (non solo verdura, ma anche frutta) si prestano al Marotta Ristorante ad un viaggio sensoriale nella botanica, dove si coglie anche il dialogo con la carne, con il pesce e con le uova, e dove è coinvolta anche la pasticceria.

Dal nuovo menù il Merluzzo, Asparagi e the Matcha; poi la Pasta, Patate e “Uova di Mare”; lo Spaghettino, Carciofo alla Brace e Maggiorana; il Raviolo, Spalla di Agnello “Cacio e Ove”; la deliziosa Anguilla, ‘Nduja e Bergamotto; la Faraona al Finocchietto, liquirizia, aglio nero e caffè, accompagnata dalla Piadina, finanziera, Senapi e Crescione.

Quindi RisoLatte, Kumquat e Coriandolo, poi Fragole e May Chang, Consommé di Pera Gelatina di Jun, Tartelletta Curcuma e Arancia, che preparano all’assaggio dello strepitoso Gelato al fieno.

Giugno 2021

Ristorante Marotta

di Antonella Amodio

Tanta presenza vegetale, di fiori e di frutta, erbe spontanee e aromatiche, che si abbinano a carne, pesce, uova, pasta, è alla base del menù dell’estate 2021 dello chef Domenico Marotta.

Due percorsi di degustazione: “Radici & Innesti”, uno da 5 portate (60,00 €) e l’altro da 7 portate (75,00 euro), ai quali è possibile abbinare anche il vino a calice, scelto dal sommelier e maitre Anna Coppola.

Piatti che sono connessioni con il territorio e dove l’impronta “plant based” sottolinea ancora di più questo aspetto, ridefinendo la cucina di Domenico Marotta e rendendola ancora più creativa, brillante e divertente. La piacevolezza dell’esperienza inizia con l’aperitivo di Melanzana e Origano; Pomodoro e Lavanda; Carotina, indivia, bieta e furikake di asparagi, strigoli e salsa brusca, poi Baccalà mantecato e acetosella verde, ed infine le Lumache cacio e pepi (i peli sono più di uno).

Immancabile sulla tavola del Marotta Ristorante il Crustum et Moretum, preparato con il conciato romano; a seguire la portata calda di Schie in tempura e tandoori; Cotenna e guanciale.

Un piatto molto equilibrato è il Merluzzo, geranio, fiori e agrumi, così come molto bello è il contrasto di temperatura dell’Uovo e Zucchine (immancabili le uova nella cucina di Domenico: arrivano da una fattoria a pochi chilometri dal ristorante), e la Trippa, carciofi e liquirizia.

Il menu di Domenico Marotta

 

Irrinunciabile all’assaggio il Risotto, caprino, curry verde e lime, mentre lo Spaghetto alla chitarra, melanzana, cozze, limone e levistico è il piatto che di più mi ha lasciato il segno, per l’ottimo abbinamento degli elementi e delle cotture dei singoli ingredienti.

Il Plin di coniglio all’Ischitana; Animella, finocchio, aglio nero e anice nero, e il Maiale al combawa, indivia e salsa ponzu fanno parte della proposta dei secondi piatti e sono da non perdere.

E per concludere, c’è il meraviglioso Fiore di Nasturzio che incontra al suo interno la crema alla vaniglia, la polvere di rosa selvatica e il miele millefiori; poi la Foresta Nera, ciliegie e sambuco. Chiude la curata e imperdibile piccola pasticceria.

Grande cromaticità, tanta tecnica e territorio circostante: questo si incontra nella cucina di Domenico Marotta.

Ristorante Marotta
Via Marrochelle, 52 81010 Squille (CE)
Aperto dal mercoledì alla domenica pranzo e cena

Report del 21 febbraio 2021

Eccoci di nuovo qui, in quello che è uno dei pochi ristoranti di avanguardia in Campania e nel Sud. Non ci metteremo a discettare sul concetto di avanguardia altrimenti apriremmo una discussione infinita, ma diciamo che posso sintetizzare il piacere di stare da Domenico Marotta in questo modo: godere dell’aggiornamento delle migliori tecniche applicate sia ai prodotti del territorio che alla tradizione italiana. Motivo per cui mangi cose ordinarie viste con un occhio diverso, più attuale e moderno, ovvero con meno grassi e maggiore concentrazione di sapore sul protagonista del piatto.

La partenza è scoppiettante, in puro stile Crippa, con una serie di canapè vegetali e non che divertono, spaziano sulle consistenze, il fresco e le fermentazioni, con buon brodo di funghi in cui è estratta alla perfezione la percezione autunnale; e un sempice quanto straordinario cappuccino di cavolfiore, che, alla francese, viene usato come conduttore di sapore, anche in questo caso di funghi.
Tanti i riferimenti territoriali, non solo quando si parla di orto casertano, ma anche quando si entra nel variegato mondo delle proteine aninali: ecco le lumache cacio e pepe o il maiale in un boccone a due consistenze.

Finito il divertimento nippo-nordeuropeo in salsa casertana, e qui c’è lo stacco con coloro che copiano semplicemente (dai libri, taluno) facendo fessi gli incompetenti approdati da poco alla gastronomia, che emettono giudizi senza neanche essere stati in tutti i tristellati italiani (minimo sindacale). Improvvisati come coloro che esaltano, l’italico circoletto claustrofobico degli ego infantili irrisolti.
Qui lo stacco è nella gioia italiana dell’approccio al cibo e nella personalizzazione. Siamo in Italia con il pane e i grissini, ma anche con la centralità assegnata ai primi piatti di riso, pasta secca e pasta fresca che sono golosi e soprattutto al centro del pranzo, meglio, al nadir.
Tre piatti, tre calci di rigore a porta vuota, tre proposte ecumeniche.

Preceduti da due piatti di alta tecnica e tanto sapore, in particolare il merluzzo e verza che è una riedizione del “baccalà con verza” della mitica Trattoria Di Pietro (citata nella presentazione), davvero fantastico, mentre l’uovo ci riporta all’illusionismo estetico di Nino Di Costanzo.
Infine il piccione, questo di allevamento italiano, presentato intero e poi porzionato che rivela una tecnica di cottura assolutamente di alta scuola e perfetta. Nel piatto niente pasticci, ma solo essenzialità con l’abbinamento alle nespole.
Chiusura con i dolci non dolci, decisamente allegri e moderni.
Il percorso che abbiamo fatto, sette portate (diventate otto con l’inserimento dei plin presentati a tutti i tavoli) costa 70 euro.
Il servizio è appassionato e competente, la sala gira molto bene.
La carta dei vini invece è da rimpolpare, ma assolutamente adeguata al locale e alla cucina che, non dimentichiamo, non ha ancora due anni — di cui uno pandemico.
Domenico è schivo, timido, non sarà mai uno chef star. Ma sarà la stella cometa di chi ama mangiare davvero la modernità.

Report del 16 agosto 2019

 

di Antonella Amodio

Correva l’anno 2003 quando conobbi lo chef Alan Passard. Di lui ricordo l’approccio maniacale agli ingredienti di natura vegetale dai quali – durante la lavorazione per la preparazione dei piatti – tirava fuori eleganza e gusto. Indimenticabile il piatto di sushi di barbabietola, dove si rincorrono rigore e rispetto per le materie prime. Una cucina folgorante, che ha disegnato un nuovo modo di interpretare l’alta cucina. Non a caso, Alan Passard è ampiamente riconosciuto come uno dei migliori chef del pianeta.

Qualche sera fa, al Ristorante Marotta del giovane chef Domenico Marotta, le verdure proposte sottoforma “sperimentale”, la combinazione dei sapori, delle erbe e delle spezie, mi hanno ricordato la formidabile cucina di Alan Passard. Solo dopo ho appreso che Domenico Marotta ha lavorato nel ristorante di Alain a Parigi.

Che cos’è il Ristorante Marotta ? Sicuramente non un posto dove è servita la cucina definita gourmet (termine – ahimè – ampiamente abusato ), ma qualcosa di più, una cucina di ricerca, contemporanea, dove la maggior parte dei piatti è studiata e interpretata non solo per stupire nell’accurata presentazione, ma soprattutto per ricordare nel gusto ciò che è l’ingrediente, mantenendo sapori chiari e riconoscibili. Durante i passaggi della trasformazione, gli ingredienti originari sono trattati con semplicità nelle cotture veloci e misurate, volte ad esaltare le caratteristiche dei prodotti provenienti dall’orto personale. Ho apprezzato le verdure crude, poi le salse e i condimenti di accompagnamento, per alcuni piatti del menù, che ricordano nell’esecuzione l’alta scuola di formazione.

Il ristorante Marotta si trova a Squille, in piena campagna, circondato da colline vitate a pallagrello e casavecchia e sorvegliato dal borgo di Caiazzo, che dalla terrazza del ristorante sembra di poter toccare con un dito. A ricevervi ci sarà un curato giardino che conduce all’ingresso del ristorante, al primo piano di Villa La Collinetta.

La sala dall’arredo moderno e minimal, con tavoli ben distanziati e sedute comodissime, conta solo venti coperti.

Il menù, oltre ai piatti alla carta, propone due degustazioni: “Radici”, con cinque portate di ispirazione territoriale e con abbinamento di vini al calice, a 48,00 euro e “Innesti”, con la degustazione di piatti territoriali e incursioni nel resto del mondo, composto da 7 portate anch’esso con vini abbinati a 68,00 euro.

Si inizia con il benvenuto composto da melanzana in agrodolce, cimetta verde con senape e furikake, salicornia, mandorle fresche e riccio di mare, maiale al quadrato, cips con conciato romano, baccalà mantecato, spiedino di lumaca con amaranto soffiato e crema di aglio, gamberetti e polvere tandori.

Poi, le irrinunciabili penne vegetali, salsa bernese e tartufo estivo. Storione con insalata liquida di sedanino acquatico, portulaca e rucola.

Una deliziosa Insalata nera e gambero di Mazara del Vallo. Sgombro e cetriolo con misticanza, accompagnato da un soffice bao, spirulina con fiore di malva e thè macha.

Come primi piatti il Risotto con erbe fini e cipolla di Alife bruciata, e inoltre gli Gnocchi di patate, ricotta e spinaci. Per secondo, un “semplice” calamaro e zucchine alla scapece.

La piccola pasticceria che precede il dessert è composta da sfogliatella frolla, albicocche del Vesuvio all’essenza di anice, tartellette di mela. Per dessert ho provato uno squisito Limone: una sfera sottile di meringa ripiena di impalpabile crema al limone.

Carta dei vini con etichette regionali, nazionali e internazionali, mentre è in progress la selezione dei distillati.

I pani proposti sono preparati in sede con farine di grani antichi.

 

Servizio professionale.

Ristorante Marotta
Via Marrochelle, 52  81010 Squille (CE)
Aperto dal mercoledì alla domenica pranzo e cena


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