Uliassi a Senigallia e il menu Lab 2017, ossia i piatti della nuova stagione

Uliassi, foto

Uliassi a Senigallia
Banchina di levante, 6
Tel. 071 65463

Quest’inverno Mauro e Catia Uliassi sono stati a Senigallia a sentire il profumo del mare d’inverno. Lo stesso che ritroviamo nella batteria pazzesca di piatti che vanno oltre ogni mediazione, così come è stato in passato. La modernità dei due fratelli la puoi vedere da questa foto di 27 anni fa, appena aperti, con la brigata, dal fatto che sono stati casa a riposare questo inverno mentre tutti gli altri colleghi giravano come trottole per il Mondo, infine dalla capacità di essere concentrati sulla materia.

La materia del mare: se pensi che ancora oggi tanti cuochi riempono di formaggi freschi gamberi e coprono le ondate di salsedine e di iodio in tutti i modi, capisci perchè devi venire qui e scegliere il menu Lab 2017. Direi che Uliassi qui va addirittura oltre la materia, il prodotto, per entrare nella natura, come aveva già fatto in passato con piatti come la “seppia sporca” e la “prima secca”.

Oggi io avrei pochi dubbi sulle grandi scuole di ricerca italiane: Uliassi è il mare, Niko il vegetale, Alajmo il classico, Bottura la narrazione. Quattro modi per entrare nella Nuova Cucina Italiana dai portoni principali. Intendiamoci, il menu del cuoco di Senigallia ormai prossimo alla soglia dei 60 è ampio, suadente, da quello della tradizione alle proposte alla carta. Ma è in questo Lab 2017 che si concentra tutto lo studio, dal quale escono i pensieri maturati durante la sosta invernale a Senigallia.

La spinta verso il sapore del mare è estrema, sembra di entrare in pescheria. Ma di quelle antiche, quando ancora non esistevano tutte queste norme igienistiche imposte all’Europa dalla fobia batterica degli anglosassoni. Sugo di teste di scampi, animelle di mare, collo e testa di rombo, cioé quelle parti che tutti buttano per conservare il filetto. Il sapore è negli scarti, fuori dall’omologazione. Ed è questo l’incredibile valore aggiunto che venire a Senigallia regala agli appassionati in questa nuova stagione.

In questo modo la cucina punta, con le tecniche moderne, a valorizzare la freschezza e la unicità dei prodotti, non a coprirli. Ossia proprio quello che sta succedendo ovunque nella ricerca delle cucine più avanti,  che non giocano più a rimpiattino nella tradizione (vale soprattutto per Francia e Italia), ma restituiscono al palato tutto quello che la follia industriale non è riuscita ad omologare.

Un Lab 2017 per palati forti, ben allenati, e in questo caso il vino in abbinamento aiuta a compensare gli estremismi palatali lasciati a briglia sciolta.

Per me appassionato di animelle potete immaginare cosa significa avere provato “il mare dentro” di Mauro. Semplicemente l’apoteosi.

Ma anche il piatto dell’acqua d’insalata è geniale perché recupera il sapore lasciato dalle zuppiere di casa dimenticate per un po’ sullla tavola, che gioca di consistenze e di temperature in maniera pazzesca.

Gioco di memoria, stavolta però più ghiotto che intenso, è la sogliola di un tempo di ispirazione francese, al burro con polvere di prezzemolo e spinaci.

Traduco ciabattone in mezzo paccaro. Anche in questo caso la pasta secca entra nel menu non come portata principale ma come sequenza e il rapporto tra l’amido e il condimento è centrato alla perfezione. Alla fine la pasta è perfettamente fusa in bocca con la triglia e le sue interiore. Spettacolo.

Questo è presentato come dolce ma io lo metto qui perché è un dolce non dolce che può anche spezzare il mare dalla terra.

Piatti di tecnica e di scuola quelli di carne, anche se i ricci sul colombaccio è anch’esso estremo.

CONCLUSIONI
Giunto alla soglia dei 60 anni non si estingue la vena creativa di Mauro Uliassi, anzi, sembra quasi che questi piatti preparino una nuova stagione. Un po’ come sta succendo a Salvatore Tassa. In entrambi i casi la centralità è data dalla subordinazione della tecnica alla materia prima eccezionale e non omologata. Dalla spasmodica ricerca di entrare nel prodotto, prenderne l’essenza, facendo saltare il vecchio adagio che la materia prima non si tocca. Al contrario, si fa di tutto per rubare l’anima del sapore. Aiuta sicuramente la memoria dell’ultima generazione non svezzata con gli omogenizzati, quella del passaggio pasoliniano dalla civiltà dei gesti rurali al Carosello sponsorizzato dalle industrie alimentari.
L’esperienza qui può essere borghese e rilassata in riva al mare se volete solo godere. Se invece preferite impazzire, o nel mio caso, tornare bambini, allora questo è il posto giusto. Anche per la sala gestita in maniera magistrale da Catia che regge una carta dei vini che ama le Marche, ama l’Italia ma offre anche la Francia. Non potete dire di aver mangiato in Italia quest’anno se non passate di qui. Alè.


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