Paternopoli, il Megaron di Valentina Martone

di Lello Tornatore

Senza esagerazione, ci stavamo provando da qualche mese a farci questo giro nell’areale del Taurasi. E una volta per colpa mia, un’altra per indisponibilità dei miei amici Romualdo Scotto Di Carlo con la sua appendice, il cognato Enrico Botte, geologo giramondo per professione, l’altro giorno, a cavallo del carnevale Paternese, finalmente ce l’abbiamo fatta. Beh, intendiamoci, non è che sia andato tutto liscio, ho dovuto sudare le proverbiali sette camicie per convincere i due, notoriamente di origini costiere, ad affrontare i rigori dell’inverno irpino e a battagliare con il fondo stradale innevato…(conosco un altro cilentano, molto celebre e dalla penna veloce, che appena vede due fiocchi due… se la fa sotto per la paura ;-))

E c’è voluto del bello e del buono per convincerli, avendo loro notato che la via dove si trova il ristorante si chiama via Neviera, che a Paternopoli…più di un metro di neve non avremmo potuto trovare ;-))!!! E così, fidandosi del “vecchio lupo irpino”, e adottate le opportune precauzioni (avendo assolutamente inibito la guida al Romualdo), si parte alla volta del Megaron di Valentina Martone, abbigliati in stile Totò e Peppino a Milano. Ci accoglie Giovanni, marito, contitolare e responsabile di sala, che ci mette subito a nostro agio.

La sala è ben riscaldata e fa un certo effetto vedere oltre i vetri della finestra il paesaggio imbiancato che ci accompagna nella nostra cavalcata enogastronomica. Per la storia del locale, l’anno 2000 è fondamentale: proprio in quest’anno avviene la trasformazione da ristorante pensato dal papà di Valentina quasi esclusivamente per cerimonie, a luogo gourmet con non più di quaranta coperti dove gustare il territorio coniugato all’innovazione.

L’arredamento classico-elegante, molto luminoso, completa inoltre, quella sensazione di calore che ti pervade appena entri. Siamo seduti, ma…viaggiamo con i “Percorsi nel Territorio”, così ha intitolato il menù la minuta ma volitiva Chef, che prevede un benvenuto di ” Soffi con acini d’uva di coda di volpe appassita”, vuole essere un richiamo alla torta di mais con uva passa, con la quale ben si accompagna la zucca marinata servitaci.

In abbinamento ci è stato offerto un prosecchino di Valdobbiadene. Nell’esaminare la carta dei vini, abbastanza fornita soprattutto in termini regionali, decisamente viriamo sul territorio. Essendomi stata assegnata all’unanimità (eravamo solo in tre) la responsabilità della scelta dei vini, onde evitare eventuali commenti canzonatori degli amici commensali (sono maestri…in questo!!!),vado sul sicuro e ordino un Fiano di Avellino 2010 “dell’uomo che tinge le unghie alle formiche”, al secolo Ciro Picariello.

Rotti gli indugi, si fa sul serio : ebbè, non ci dimentichiamo che è carnevale…primo antipasto ” Il piatto di carnevale : tortino di formaggio primo sale con coppa, soppressata e ricciole di lardo”, pensato per rendere omaggio alla “pizza chiena” pasquale.

E qui è territorio nudo e crudo, a parte qualche aromatizzazione di troppo che copre il gusto dei buoni salumi. Si passa al secondo antipasto…” Il piatto delle nostre radici: verza, patate e cotechino”.

Si tratta di una rivisitazione di un’antica zuppa dell’Irpinia, realizzata appunto, con patate, verza e cotechino. L’interpretazione di questo piatto, sarà per la l’intendimento di alleggerire la preparazione, come ci spiega Giovanni, ma l’equilibrio ci risulta leggermente spostato sulla dolcezza. Infatti, nel piatto, troviamo carne di maiale al posto del cotechino che forse avrebbe potuto dare una spinta maggiore. Si passa ai primi…“Lagane all’ortica con porcini e castagne”.

E’ pasta fatta a mano, con farina di frumento impastata con le ortiche precedentemente lessate, Un piatto molto delicato, gustoso, accompagnato da un’aromatizzazione all’alloro e da una domninante presenza di castagne. L’acidità del fiano di Ciro ci aiuta a godere di questo piatto.

A questo punto vengo di nuovo chiamato in causa per il cambio del vino: avevo pensato di procedere con un aglianico “Rasott” 2007 di Boccella, giusto per dimostrare al riccioluto Scotto Di Carlo e al “diversamente pettinabile” Enrico Botte che alcuni aglianici dell’Irpinia ce la fanno anche su preparazioni molto complesse e molto strutturate come quella propostaci. Ma la proposta è stata bocciata ed invece di andare sul solito grande nome del Taurasi, ho ordinato un eccellente Taurasi 2004 di Michele Perillo.

 

E ci fiondiamo su ” Il campanello di vitello all’aglianico e mela annurca”. Si tratta di uno dei tagli meno nobili del vitello, cotto a fuoco lento con l’aglianico di produzione propria accompagnato dal profumo e dal sapore di una delle cultivar di mele più pregiate della regione. E come sempre, il mio destino è quello del riconoscimento delle mie tesi, successivamente alla scelta!!! Il Taurasi di Perillo risulta sovrastare di gran lunga la preparazione…te l’avevo detto, Romualdo??? ;-))

Ci mette una pezza(e che pezza!!!) l’efficientissimo Giovanni, proponendoci un assaggio di formaggi per riuscire a finire la mezza bottiglia di nettare che non siamo riusciti a bere sul vitello. E così andiamo per ” I formaggi del nostro territorio”. Si tratta del pecorino di Carmasciano di D’Apolito Moscillo, una nostra vecchia conoscenza , 20 mesi di stagionatura, da una pezza di circa cinque chili e di caciocavallo podolico Di Cecca, 12 mesi di stagionatura in grotta a Calitri(Av). Il tutto accompagnato dalle confetture di fichi e susine fatte in casa dalla chef Valentina Martone. E adesso abbiamo il problema opposto : la complessità e la lunghezza del carmasciano, sono tali e tante che…il Taurasi non ce la fa!!! Perfetto intermezzo…di stagione, ” Coppa di neve con il vino cotto”.

Visto che fuori nevicava, Valentina ha pensato bene di proporci la tradizionale “subbretta”, il gelato che i bambini, figli dei contadini poveri di questa terra, potevano permettersi una volta all’anno…quando nevicava!!!Chiudiamo, e mi pare ora, con ” Il Dessert”.

E’ un gelato di torrone artigianale, proprio paternese, con salsa di cacao amaro. L’intenzione è quella di fare un omaggio ai “copetari” dell’Irpinia. A seguire “Bignè in gabbia di caramello”e “Le chiacchiere”…visto che è carnevale!!!

 

Ok, ci rivestiamo e affrontiamo le distese innevate dell’ Irpinia, non prima di aver comprato ” ‘na bella chella”(un grosso quantitativo) di broccoli di Paternopoli, attenzione, paesani sì, ma non erano aprilatici, come dice la stessa denominazione, faccio sommessamente notare a Romualdo, che evidentemente si era consultato con la nota esperta di stagionalità Virginia Di Falco!!! ;-))

Il Megaron
Via Neviera, 11
Paternopoli (Av)
Tel. e fax 0827.71588
Chiuso lunedì.
Ferie variabili a settembre

www.ilmegaron.it


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