Se il grano diventa più importante del petrolio

Pubblicato in: Polemiche e punti di vista

Riproduciamo integralmente questa intervista pubblicata domenica 1 agosto sul Manifesto come elemento di riflessione a tutti coloro che pensano che il vino non sia solo moda o analisi sensoriale di un prodotto e soprattutto a chi crede che lo sviluppo dell’agricoltura sostenibile sia la questione centrale nei prossimi anni.
Valentino Parlato intervista Franco Chiriaco, segretario Flai
E’da un po’ di tempo – anche con scettica meraviglia dei miei compagni di lavoro – che sono fortemente incuriosito per quel che sono e fanno la Flai e il suo Segretario Generale Franco Chiriaco. La Flai è la Federazione nazionale dei lavoratori dell’agroindustria (la Falce e il Martello, uniti insieme: il glorioso passato della Federterra e della Federbraccianti di Luciano Romagnoli ed i nuovi lavoratori dell’industria alimentare). Ma questo è un passato lontano che è stato sostituito da un presente difficile, ma interessante. Franco Chiriaco è un personaggio abbastanza anomalo tra i dirigenti sindacali; socialista, ma di sinistra spinta addirittura un po’ anarco-sindacalista. Per tutte queste ragioni sono andato a Milano a seguire i lavori della conferenza di programma della Flai-Cgil e poi ho fatto in modo di incontrare Franco Chiriaco.

Caro Franco, io ho vissuto convinto (anche da Colin Clark) del sicuro tramonto dell’agricoltura, ma ho l’impressione che ora stiamo assistendo al grande ritorno dell’agricoltura. Penso addirittura che i cereali peseranno quanto e più del petrolio.

Certamente, almeno nei paesi sviluppati, dove la questione del cibo non artefatto e nocivo è diventata decisiva – ormai anche nei supermercati c’è il boom degli alimenti biologicamente controllati, non manipolati. L’agricoltura assume un’importanza forse superiore a quella che aveva ai tempi della fame. Oggi il cittadino consumatore chiede una sorta di sovranità alimentare (vuol sapere quel che mangia) che riporta in primo piano l’agricoltura e l’industria alimentare. E anche il paradosso che tu fai mettendo sullo stesso piano grano e petrolio non è poi tanto paradossale: gli Stati uniti hanno sempre difeso la loro autonomia cerealicola. Alla fine mangiare è più importante che andare in auto. E poi c’è un altro fatto sul quale riflettere. Si parla tanto di aiutare i paesi cosiddetti in via di sviluppo, ma questi paesi non si svilupperanno mai fino a quando i paesi ricchi daranno sovvenzioni alla propria agricoltura ed imporranno dazi e sbarramenti alle produzioni agricole dei paesi del terzo mondo. La questione agricola è diventata centrale anche nella politica internazionale e il sindacato non può trascurare questo aspetto o tanto meno accettare una politica protezionistica. Mentre, invece, una qualche protezione ci deve essere a favore dei paesi in via di sviluppo.

Fino a quando il sindacato della funzione pubblica non riprenderà una linea di riforma della pubblica amministrazione a mio parere i sindacati più importanti, e direi politicamente più importanti, siete voi della Flai e la Fiom. E entrambi – spero di sbagliare – correte due pericoli opposti: la Fiom di diventare conservatrice e voi di diventare velleitari.

Spiegati meglio.

Voi, almeno nella vostra conferenza di programma, affermate due cose assolutamente importanti, anche se oggetto di discussione. La prima è che i diritti collettivi, nella situazione attuale dei lavoratori secolarizzati, non possono prescindere dai diritti individuali. La seconda è che voi riaffermate, contro la tendenza dominante, la centralità del lavoro salariato, ma, nel contempo, affermate il tramonto dell’operaio massa.

Alcuni compagni mi dicono che agendo nel modo in cui il mio sindacato agisce si rischia di modificare strutturalmente la categoria: io non ho paura di questo rischio nella fase attuale – forse come ai tempi di Di Vittorio e del suo Piano di Lavoro – il sindacato diventa sempre più forza politica. Il nostro sindacato per quel che vuole essere e fare non può non avere un rapporto stretto con i lavoratori del commercio (la distribuzione è in mano a pochi gruppi); ai lavoratori dei trasporti (i prodotti agricoli viaggiano e si valorizzano o si svalorizzano viaggiando) e ai lavoratori della funzione pubblica: la disciplina dei mercati, i controlli di qualità, etc. Ma già nella stessa Flai abbiamo i lavoratori agricoli e gli immigrati, i lavoratori dell’industria alimentare. Il nostro sindacato organizza 300 mila lavoratori, 100 mila nell’industria di trasformazione e 200 mila nell’agricoltura. Il nostro sindacato ha firmato ben 23 contratti, il che dovrebbe darti l’idea della complessità e della politicità del nostro essere sindacato.

E la distribuzione?

Tiene conto che il grossista non c’è più, ci sono invece società, anche internazionali, che controllano il 60% della distribuzione e che se decidono che il prodotto non deve stare più negli scaffali del supermercato la loro decisione vale e quel prodotto è finito.

Scusa se torno indietro, ma che cosa significa il tramonto dell’operaio massa? E come la metti con il tuo alleato fondamentale, la Fiom, che – mi pare – continua ad agire sulla base dell’operaio massa o di linea ?

Secondo me accedi in semplificazioni, la Fiom è oltre l’operaio massa ed è ben cosciente del fatto che il fordismo è finito.

Cioè?

Anche la Fiom la butta in politica come è obbligata a fare anche la Cgil. Prova a riflettere sulla indubbia vittorio della Fiom a Melfi: quella di Melfi non è stata affatto una lotta dell’operaio massa. E’ stata una lotta non a Mirafiori, ma in una località abbastanza isolata del Mezzogiorno e lì c’è stata una coincidenza di, se vuoi, operaismo e antico meridionalismo: c’è stato il rifiuto dei lavoratori del Sud di subire un regime da terzo mondo, c’è stato il rifiuto delle gabbie salariali, c’è stato il rifiuto di una disuguaglianza. A settembre la Fiom terrà insieme alle categorie della Cgil un convegno a Melfi per valutare quel che si è realizzato e preparare nuove battaglie contrattuali.

Ma come la mettete dovendo combattere non solo sul mercato del lavoro industriale, ma anche su quello agricolo, ora che l’imponibile non cè più e ci sono i lavoratori immigrati?

E’ il problema che abbiamo di fronte e che stiamo affrontando. Il lavoro agricolo, salvo per una minoranza, non è continuativo, ma stagionale: si comincia con la raccolta dei pomodori nel sud e si finisce con la raccolta delle mele nel Trentino.

Come fate a seguite queste migrazioni ?

Abbiamo sedi sparse in quasi tutti i comuni e così rappresentiamo e difendiamo i lavoratori anche quelli che non sono iscritti alla Flai.

E come la mettete con la legge 30?

Speriamo, ma sono dubbioso, che un futuro governo di centrosinistra, dovrà pur esserci, abroghi o modifichi profondamente la legge 30, ma per quel che ci concerne in tutti i contratti che abbiamo firmato abbiamo modificato e corretto la legge 30. Tutti i nostri contratti sono in correzione – o se vuoi – in violazione della legge 30. Un sindacato che agisce nelle attuali condizioni di oggi non si può limitare a chiedere al Parlamento di correggere quella legge: la deve modificare per via contrattuale ed è quel che noi stiamo facendo.

Nei vostri documenti per la conferenza di programma e anche nella tua relazione c’è un’attenzione alla Spagna di Zapatero, che mi ha un po’ sorpreso.

Niente di sorprendente. Zapatero non solo ha ritirato le truppe dall’Iraq, ma sta avviando una politica economica e sociale molto positiva, non dimenticandosi della laicità dello Stato. Noi, in Italia, dobbiamo pensare a un cambio di governo (quello attuale non è solo cattivo, ma è anche fallito), quindi, dobbiamo dare indicazioni politiche. Una lotta sindacale separata da una lotta politica non è mai stata efficace, ma oggi – nell’epoca del postfordismo e della globalizzazione – lotta politica e lotta sindacale sono assai più intrecciate che nel passato.

Per il vostro sindacato tutto ciò mi appare chiarissimo, ma per gli altri sindacati, per esempio per la Fiom?

La risposta più netta al tuo dubbio è nel documento recentemente approvato dalla segreteria nazionale della Fiom. Sei punti chiari e netti su politica di fiscale, intervento pubblico in economia, programma di formazione e ricerca, abrogazione della legge 30, politica di redistribuzione del reddito nazionale, avversione al federalismo leghista. Che cosa vuoi di più politico? Noi sindacati dei lavoratori interveniamo in politica, la riteniamo di grande importanza, il guaio è che i politici, non tutti, troppo spesso pensano che la politica si concentri negli scontri interni alla Casa della Libertà, insomma – scusami – nella politica politicante.

Allora dobbiamo sperare che la rinascita della politica sarà possibile solo con il contributo dei sindacati?

Una volta si diceva che al fondo della politica ci fosse la lotta di classe, che ne pensi?


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