Taurasi, Poema a Paternopoli

Pubblicato in: I vini del Mattino

L’Anteprima Taurasi di sabato scorso lo ha confermato: il 2003 è stata un’annata solo apparentemente facile, ciò che abbiamo visto per i bianchi lo ripassiamo con i rossi. La grande siccità e il caldo hanno fatto surmaturare la frutta in vigna elevando il grado zuccherino. Si tratta dunque spesso e volentieri di vini pieni, già pronti da bere, capaci di dare una sensazione di completezza e di equilibrio ma non destinati a durare molto nel tempo perché privi di quello che io considero lo scheletro del bicchiere, cioé la freschezza. L’acidità è l’elemento più importante per fare grande un vino. Naturalmente, parlando di aglianico, dobbiamo preventivare una vita lunga in media almeno dieci anni, ma siamo sicuram ente lontani dalle performance del 2001, del 1997 e del 1990 giusto per citare alcune annate a noi più vicine. Il Taurasi Poema di Manimurci alla sua seconda uscita conferma la tendenza di vino saporito, fruttato, con il legno molto ben dosato a differenza della 2002 dove era probabilmente eccessivo, ha una sua rotondità e i tannini sono sostanzialmente ben risolti anche se l’elevamento in vetro contribuirà a rendere più elegante il bicchieri. Lo abbiamo provato su uno stinco di vitello brasato all’Aglianico da Lina Martone, la giovane e brava chef del Megaron di Paternopoli che, insieme ad Antonio Pisaniello, costituisce la punta di diamante della ristorazione dell’areale taurasino. Fantastico, ad esempio, il suo babà con la ricotta e l’ortica, che ha fatto pensare al gorgonzola, per l’abbinamento con il Rifrischo Coda di Volpe della stessa cantina, uno dei miei bianchi preferiti di territorio che abbiamo bissato sulla zuppa di castagne, fagioli e funghi. L’annata 2003 conferma un ulteriore assestamento varietale del più grande rosso del Sud, le distanze tra quelli meno interessanti e il top sono diminuite ed è difficile fare brutti incontri come pure è capitato almeno sino al 1999. Il rischio dietro l’angolo è, semmai, l’appiattimento papilloso, quello stesso sotto il quale è rimasto seppellito il Nero d’Avola, come conseguenza della volontà di produrre vini merlottati di stile internazionale. Non è un rischio per il Taurasi 2003 di Manimurci che, invece, ha la sua spiccata personalità capace di affrontare addirittura la cioccolata amara. Ma noi lo consigliamo in queste feste sull’agnello o il capretto al forno, come dire, un classico per non sbagliare mai.


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