Una serata da dimenticare nel ristorante stellato Capo La Gala

Pubblicato in: Polemiche e punti di vista

Sala da pranzo a Capo La Gala

 

di  Adele Elisabetta Granieri

Chissà che l’arrivo di Cannavacciuolo con Laqua Resort a Ticciano non sortisca l’effetto di una delle sue leggendarie fragorose “pacche” sulla spalla, svegliando qualche realtà ristorativa della Penisola Sorrentina dal pericoloso stato di torpore in cui a nostro parere versa in gran parte. Pur volendo considerare le difficoltà degli ultimi due anni, non si può non tenere conto dei minimi standard di servizio che un ristorante insignito della stella Michelin deve mantenere. Così l’esperienza di una cena al Maxi di Capo La Gala non può che essere considerata da dimenticare.
Un breve resoconto:
Vista meravigliosa, locale ben curato, ci fanno accomodare al tavolo.
Ci portano i menù e chiedo la carta vini. Una bella carta copiosa, fatta di pagine stampate facilmente estraibili, arriva in direzione del mio compagno, tempestivamente deviata verso di me.
Scelgo il vino, un ottimo Sancerre, e lo comunico alla sommelier. Portano i calici, attendo una decina di minuti, arriva un ragazzo (presumibilmente aiuto-sommelier) e mi dice che il vino che ho scelto non c’è. Intanto arrivano gli amuse-bouche: una tartelletta con burro e alici, un finto pomodoro ripieno di tartare di tonno e una montanarina.

Scelgo un altro vino, stesso produttore, stessa annata ma un cru diverso. Il ragazzo commenta “credo che sia lo stesso che ha scelto prima” e io gli spiego che non è così, sono due vini differenti. Si scusa, si allontana per poi tornare dopo pochi minuti e comunicarmi che anche questo vino manca. Scelgo il terzo vino, un altro Sancerre di un altro produttore, che stavolta c’è ma è caldo (un bianco) e per abbatterlo ci vogliono una decina di minuti. Optiamo per il seau à glace.

Intanto arrivano gli antipasti: “Capasanta con caviale di melanzane, spuma di patate, terra di peperoni arrosto” e “Uovo, spuma di riccio e patate con il suo gelato”, che gustiamo accompagnati da un calice caldo del vino che si sta raffreddando.

Arriva la sommelier e chiede se va tutto bene.

Arrivano i piatti: “Astice alla puttanesca cruda, bietola e topinambur e terra di olive infornate” e “Rombo chiodato, cicoria amara, zuppetta di cernia rossa e spugnole aglio e olio”.

Il vino è finalmente raffreddato, ma l’entusiasmo per la cena lo è altrettanto.
Un cioccolatino è gentilmente offerto “per terminare la bottiglia”, lasciata, per forza di cose, per metà piena.


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