Napoli. Vini e Cucina dal 1913, tre generazioni ai fornelli in via Piedigrotta tra carri e canzoni

Via Piedigrotta 56
Tel. 081 66 79 23
Aperto: pranzo e cena dal lunedì al sabato
Chiuso. Domenica sera
Ferie: 10 giorni in agosto

97 anni orsono Salvatore Liguori apre “Vini e Cucina”, grazie al fatto di esser imparentato, tramite sua moglie Elisa Pica, con una famiglia di pescivendoli della Pignasecca, altro mercato rionale famosissimo a Napoli. Inizialmente si parte con pasta e fagioli, alici e baccalà fritti. Si aggiungono man mano tutti i piatti della tradizione, rimasti tali anche oggi. Alla morte di Salvatore, subentra suo figlio Alfonso con la moglie Luisa, nelle ore libere dalla scuola, il figlio Salvatore comincia a dare una mano ai genitori. Quasi un secolo dopo, Salvatore Liguori continua a gestire insieme alla madre Luisa quest’avamposto delle antiche tradizioni gastronomiche di città. Mamma Luisa è il ritratto del saper vivere, timida, di poche parole, lavora a testa bassa, instancabile, serena e paziente, non si lamenta mai, eppure, fa tutto da sola.

Piedigrotta è una zona della città di Napoli, nel quartiere Chiaia, situata fra via Francesco Caracciolo e la stazione ferroviaria di Mergellina. Deve il suo nome ad una galleria scavata in epoca greca nella collina di Posillipo: la Crypta Neapolitana (detta anche “Grotta di Pozzuoli” o “Grotta di Posillipo”). In questa grotta, secondo un’antica tradizione basata principalmente sul Satyricon di Petronio, venivano officiati riti sacri in onore del dio Priapo nel mese di agosto. Successivamente,  tali riti furono sostituiti da una festa in onore della Madonna di Piedigrotta, nella chiesa (grotta) fu posta la statua della Vergine, nel Seicento la festa vede l’avvio ufficiale, è  in questo periodo che  si afferma il rito religioso dei nove sabato di Santa Maria di Piedigrotta.

Gruppi di devoti arrivavano in pellegrinaggio, anche dalle zone limitrofe, molti a piedi scalzi, alle sei del mattino, per chiedere un miracolo, o per grazia ricevuta. Per i primi anni la festa si celebra nella grotta, in seguito si allarga alla villa comunale. Si prega, si mangia, si canta, si balla. E´ un inno alla vita, prima dell´arrivo dell´inverno. Nell´Ottocento, dopo la caduta dei Borbone, Piedigrotta va avanti con il pellegrinaggio religioso, i giochi pirotecnici da terra e da mare, le luminarie, le bancarelle.

Nel 1835 prende forma la Piedigrotta canora che offre alla melodia partenopea il suo trampolino di lancio. Il ritornello della canzone Io te voglio bbene assaje” diventa la colonna sonora del Regno, le note di “Fenesta vascia”, “Michelemmà” insieme a tante altre, salpano dal Golfo per approdare in America e in Australia. L’unità d’Italia, con il perduto ruolo di capitale, alimentò la nostalgia partenopea e il rifugiarsi nella lingua degli avi. In questi anni nacque la canzone classica napoletana e Piedigrotta diventò un moltiplicatore di successo e luogo di confronto fra gli ultimi depositari della vena popolare e il nuovo ceto di canzonieri. Le persone che l’hanno vissuta raccontano che durante le prime luci del mattino del 7 settembre, le vie e gli atri dei palazzi venivano addobbati per la festa, durante la quale sfilavano carri arricchiti con vere e proprie orchestrine, mandolini e chitarre. Inoltre non mancavano “gruppetti di monelli muniti di aggeggi rumorosi e dello strumento principale, indispensabile e caratteristico della festa, ’a trummettella, un cono di latta grossolanamente dipinto che emetteva una sola stridula nota.  I ragazzini  annunciavano ciò che sarebbe successo più tardi: il grandioso concerto notturno,  con gli  strumenti tradizionali, il putipù, il triccheballacche, le nacchere e  gli strumenti detti  ‘e scucciamienti , utilizzati per dare fastidio rumorosamente.

Nel 1952 venne introdotto, in concomitanza con la festa, il Festival della Canzone Napoletana, che si svolgerà fino al 1970. Dopo la fine del Festival di Napoli inizierà il declino della Piedigrotta, che verrà sospesa nel 1982. Nel 2007 il Comune ha patrocinato una nuova edizione della festa, nel quadro degli eventi estivi, riprendendo in parte le modalità tradizionali: le luminarie in via Piedigrotta, i mortaretti che annunziano l’inizio della festa la mattina dell’8 settembre, la sfilata dei carri allegorici sul lungomare, la sfilata dei bambini con i vestitini di carta, il concerto in Piazza del Plebiscito, nonché la batteria di fuochi d’artificio a mare. Molte polemiche sono nate, per rimanere in tema di “bavaglio alla cultura” in merito alla notizia che l’EPT di Napoli – ente titolare del marchio “Piedigrotta” ed organizzatore dell’evento, ha vietato “qualsiasi manifestazione che offenda il decoro, la morale, la religione o che contenga riferimenti a cronaca, attualità, politica e sociale anche se in veste satirica”. Questa decisione ha provocato le proteste di molti artisti, tra i quali, Dario Fo, che l’ha definita “resa completa dell’intelligenza e dell’ironia al potere”.

Esaurito l’ormai consueto inquadramento storico e socio culturale, posso raccontarvi di Salvatore e mamma Luisa, instancabili lavoratori e difensori delle tradizioni gastronomiche di qualità di una volta. Mi raccontano della “loro” Piedigrotta, quando papà Alfonso metteva i tavolini sul marciapiede e friggeva  a go go “cuppetielli “ di alici, pizzelle di “cicinielli” e baccalà, crocchè e arancini, insomma il cibo di strada napoletano. Salvatore ogni mattina fa il tour dei mercati rionali e dei suoi fornitori di fiducia, voglio solo il meglio mi dice, e in piccole quantità, non faccio scorte e non riciclo avanzi. Trovo Mamma Luisa nella spartana cucina alle prese con un bel po’ di alici freschissime da pulire e con quattro fuochi accesi: uno con l’acqua per la pasta, uno con il sugo olive e capperi, e due padelle per friggere, quelle di una volta, una per le patate e l’altra per le alici e le pizzelle di “cicinielli” (la neonata).

Anche la sala è austera, legno per tavoli e sedie, tovaglie bianche, quasi nulla alle pareti, gli scuri delle finestre in legno verniciato di grigio come tanti anni fa. All’ingresso della cucina troneggia un’immagine di San Pasquale in onore di San Pasquale de Baylon protettore dei cuochi. Il menù è recitato a voce da Salvatore che gira tra i tavoli, una quarantina di coperti divisi in due sale delle quali una è per fumatori. Si parte dagli antipasti: verdure alla griglia, alici marinate, pizzelle di fiori di zucca, quando è stagione, affettati, provolone piccante, straordinaria mozzarella di bufala del caseificio Di Costanzo, piccolo caseificio nell’agro aversano, con un proprio punto vendita a Napoli in Via Lepanto 118

Il pane, il classico palatone napoletano, arriva da un panificio in zona, è proprio  con quello – soprattutto se caldo, utilizzando le estremità, i cd. “cuzzetielli”,  che si preparano le classiche “marenne” (merende): si svuotano della mollica e si farciscono di ogni ben di Dio, peperoni in padella, melanzane, salsicce e friarielli, provola e mortadella etc :)

La scelta dei primi è vastissima, tranne le minestre con i legumi e i tradizionali ragù e genovese, che richiedono più tempo, sono tutti preparati a richiesta. Mamma Luisa si prende il tempo necessario per gli spaghetti con olive e capperi, pomodori freschi per il sugo, poco olio extravergine e il giusto equilibrio tra quantità di pasta e sugo. Ancora spaghetti a vongole, tubetti con le cozze, linguine con polipetti o scampi, pasta e cavolo, pasta e zucca, fagioli e scarole, carbonara, amatriciana, tutte le paste con i legumi, ceci, fagioli, lenticchie, piselli. I primi al forno, pasta con le melanzane, al grattè, il gattò di patate, la lasagna e i “must”: ragù e genovese.

Altrettanto vario l’assortimento dei secondi: salsicce, costatelle di maiale alla griglia, o con i peperoni, polpette al sugo o fritte, spezzatino con patate, scaloppine di vitello e carne alla pizzaiola, cotolette, la carne in padella come una volta, solo con aglio olio e prezzemolo. Ancora i fegatini “‘int’e rezzetelle” (nel retino di coratella) profumati con la foglia di alloro, fegato alla veneziana, la carne del ragù e della genovese, la “scorzetta” (bistecca con l’osso) alla griglia. I piatti di mare variano a seconda di quello che Salvatore trova al mercato: alici fritte o in tortiera, sauté di vongole, pesce spada alla griglia, polipetti in cassuola, triglie e fragaglie, frittura di paranza, pesce bandiera fritto, o, imbottito, baccalà in bianco, fritto o in cassuola. Classica e abbondante la batteria dei contorni, friarielli croccanti e forti al punto giusto, patate fritte di casa fatte al momento, tutte felicemente diseguali. Ancora melanzane a funghetti, broccoli, carote, carciofi in umido, insalate e poi i classici: parmigiana di melanzane e l’intramontabile mozzarella in carrozza.

L’olio viene cambiato ad ogni frittura precisa orgoglioso Salvatore. Le padelle di Mamma Luisa sono di ferro, quelle di una volta, raccontano la storia di tanti anni di cucina e mostrano i segni della fatica ai fornelli.

Il vino della casa arriva da Terzigno: piedirosso e falanghina nazional – popolari. I dolci solo nel fine settimana, torta caprese e tiramisù fatti in casa dalla sorella di Salvatore. La clientela è molto varia: molto frequentato da giornalisti di città, attori, cantanti napoletani e poi tanta gente comune, operai, impiegati, anziani del quartiere. L’atmosfera è conviviale e tranquilla allo stesso tempo, Salvatore in sala, chiacchiera con tutti.

In cucina Mamma Luisa si muove con calma, ha i suoi tempi, sono passati cinquant’anni da quando ha sposato Alfonso e ha varcato la soglia di questa cucina, adesso è sola, ma è ancora qui, china sulle alici da pulire o sui fornelli, gli occhiali sul naso, un sorriso ogni tanto, stravede per suo figlio, sa bene che porterà avanti la passione di famiglia: far da mangiare per la gente, con semplicità e rispetto dei sapori di un tempo. Tutto ciò ha un valore inestimabile, eppure, spenderete soltanto 10 – 12 euro per un pasto completo, al massimo 15, se ordinate pesce freschissimo. Tante sono invece le migliaia di euro investite per Piedigrotta negli ultimi anni da Comune e Regione: ahimè abbiamo visto solo pubblicità, un po’ di fuochi a mare e qualche concerto. Era tutto definito, si poteva cogliere l’occasione di celebrare i 150 anni della nascita di Di Giacomo e l’anniversario dell’Unità d’Italia, ma tutto è andato in fumo.  Per fortuna, tra due anni  “Vini e Cucina” di Salvatore Liguori avrà 100 anni: vi invito da ora a festeggiare con loro, sarà un ritorno alla vera Piedigrotta.

di Giulia Cannada Bartoli


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