di Adele Elisabetta Granieri
Zeppole e zeppoloni a Napoli . L’originale utilizzo della pasta bignè in una sapiente frittura non è di sicura attribuzione, ma di risultato senza dubbio eccellente. Accostata ad una crema pasticciera, si affida ad una rifinitura di amarene, il cui sapore acidulo dirompe, equilibrando quell’insieme di grassa dolcezza.
A Napoli la parola “zeppola”, in tutte le sue declinazioni, indica una pasta, alquanto morbida che, fritta nell’olio, si gonfia e che, quando cotta ad arte, presenta una leggera croccantezza all’esterno ed una soffice morbidezza all’interno. Quando addentata, occupa consistentemente la bocca avvolgendo la lingua, da cui l’immaginifica espressione dialettale di un lieve difetto di pronuncia: «ten’ a zeppula ‘mmocc».
La zeppola è di origini antichissime. I napoletani, noti per la spiccata predilezione per ogni tipo di festa, manifestazione, rito, parata ed ogni altra ricorrenza che preveda l’abbandonarsi alla gioia nell’oblio delle disgrazie, hanno recepito questa tradizione dalle “Liberalia” dell’antica Roma, feste in onore delle divinità dispensatrici del vino e del grano, che si tenevano il 17 marzo. In onore di Sileno, compagno di bagordi e precettore di Bacco, si bevevano fiumi di vino addizionato di miele e spezie e si friggevano nello strutto bollente profumate frittelle di frumento. La ricetta attuale ci è stata tramandata dal noto cuoco e letterato napoletano Ippolito Cavalcanti agli inizi dell’800, ma la paternità si perde tra i “si dice” dei dotti moderni gastronomi. La tradizione più accreditata vuole che la zeppola di San Giuseppe sia nata all’ombra del chiostro di Santa Chiara ad opera delle suore clarisse, addette alla preparazione dei cibi speciali in occasione dei giorni festivi (o delle visite del dottore) e successivamente resa “laica” ad opera di Pasquale Pintauro, pilastro della pasticceria napoletana.
La zeppola di San Giuseppe è fritta. Anzi, due volte fritta! Nostro malgrado e per buona pace di quelli che solo a sentir parlare di “fritto” o “strutto” vengono assaliti da improvvisi attacchi di panico, siamo costretti a prenderne in considerazione anche la versione al forno. Onde evitare, però, il deprimente effetto di bignè non farcito, si può suggerire la variante di genere maschile in versione accrescitiva: lo “zeppolone”. Qui, almeno il nome, evoca qualcosa di più promettente:-)
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