Antonio Santini: oh che bel mestiere fare il cameriere!

Pubblicato in: Personaggi

di Francesco Aiello
«Oggi nel mondo, in particolare negli Stati uniti ed in Gran Bretagna, l’arte dell’accoglienza e del servizio nei grandi ristoranti parla italiano». Parola di Antonio Santini, patron, del Pescatore di Canneto sull’Oglio e nume tutelare di almeno due generazioni di maître. Eppure, proprio mentre tanti giovani, spesso under 30, sono al timone di “sale” importanti, da New York a Shangai, in Italia si sente il bisogno di fare il punto su questa professione, negli ultimi anni sicuramente messa in ombra dalla sovraesposizione mediatica dei cuochi.
Nei mesi scorsi è nata addirittura un’associazione «Noi di sala» ed il motto scelto, «Siamo tutti camerieri» è un vero manifesto programmatico per l’intera categoria. Non a caso il tema centrale dell’edizione 2013 di Identità Golose, il Rispetto, sarà declinato anche secondo i valori, etici e professionali, di cui sono espressione coloro che si occupano di accoglienza e servizio. Dunque, rispetto per il cliente, i suoi soldi ed il suo benessere, inteso come piacevolezza dell’esperienza al ristorante che va al di là del cibo. Ecco spiegato Identità di sala, il momento di riflessione di oggi pomeriggio durante il quale sul palco del Centro Congressi di via Gattamelata sfileranno i protagonisti del servizio dei grandi ristoranti italiani.

Antonio Santini: cameriere per vocazione o per mestiere?
«Per vocazione, non c’è dubbio. Almeno nella fase iniziale. Poi, oggi più che in passato, è indispensabile il mestiere, inteso come bagaglio di conoscenze tecniche necessarie per interpretare il ruolo con professionalità»
Dove andare per affinare la predisposizione ed apprendere i rudimenti tecnici?
«Per iniziare sarebbe il caso di frequentare i ristoranti come clienti, in modo da fissare bene l’attenzione su quello che ciascuno di noi si aspetta quando entra in un locale e quando è seduto a tavola. Solo così si riesce ad avere ben presenti le esigenze di coloro che sono destinatari del nostro servizio»
E le scuole?
«Servono, soprattutto se sono qualificate. Per iniziare anche un buon istituto alberghiero può andare bene. Poi, per perfezionarsi ci sono scuole importanti, vere università per chi intraprende questo mestiere, come quella di Losanna o quella di Paul Bocuse a Lione. Avendo la possibilità, di certo è un grande vantaggio poter accedere a questo tipo di formazione»
Qual è la tipologia di cliente più difficile?
«Ogni cliente, in una determinata circostanza, è una storia a sé. Il servizio efficace deve essere professionale e al contempo personalizzato. L’importante è non far calare mai il livello di attenzione e curare ogni piccolo dettaglio. Quasi sempre la piacevolezza dell’esperienza al ristorante è nascosta in particolari che possono sembrare collaterali rispetto a quelli strettamente gastronomici»
Dopo gli chef in tv, vedremo che i maître approdare allo star-system?
«Credo di no. Se non altro perché il lavoro di sala richiede un supplemento di disponibilità e di affabilità che mal si concilia con ogni sovraesposizione. E poi non sono certo che farebbe bene alla professione, né aiuterebbe i giovani a crescere»

Pubblicato sul Mattino di oggi a pag.15


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