Domingo Schingaro e il gioco delle carte a Borgo Egnazia

Ristorante Due Camini di Borgo Egnazia
Strada Comunale Egnazia, 72015 Savelletri BR
Tel. 0802255351
Aperto da martedì al sabato dalle 19:30 alle 22, domenica e lunedì chiuso.

di Gianfranco Laforgia

La nuova filosofia del Due Camini a Borgo Egnazia: un ristorante stellato che cambia rotta e mette il vegetale al centro del piatto.Un cambio di rotta consapevole

C’è una rivoluzione silenziosa in corso tra le mura in pietra del Due Camini, il ristorante stellato di Borgo Egnazia, a Savelletri di Fasano.
Una rivoluzione che ha il volto e la mente di Domingo Schingaro, chef che ha deciso di cambiare direzione, di abbandonare completamente carne e pesce per dedicarsi al mondo vegetale.

Una scelta radicale, ma lucida.
Non si tratta di seguire una tendenza, bensì di dare una nuova identità alla propria cucina e, con essa, al territorio pugliese che la ispira.
Oggi il Due Camini è un luogo in cui la terra detta il ritmo e il piatto diventa il riflesso di una filosofia: il vegetale come materia totale, viva, mutevole, piena di senso.

La storia di un cuoco e di un luogo

Domingo Schingaro, classe 1980, nasce a Bari e cresce con il sogno di viaggiare attraverso la cucina.
Dopo l’Istituto Alberghiero, le sue esperienze lo portano in Italia e all’estero: Londra, Alessandria, e infine il ritorno in Puglia.

Nel 2016 entra nella famiglia di Borgo Egnazia, dove in pochi anni costruisce una squadra e un’identità gastronomica riconosciuta anche dalla Guida Michelin, che premia il Due Camini con una stella.

Negli anni Schingaro si afferma come uno degli interpreti più autentici del gusto pugliese contemporaneo.
Ma il vero cambiamento arriva nel 2025, quando decide di riscrivere la propria cucina da zero.
«Sentivo la necessità di una rivoluzione interiore – racconta – di un ritorno alla terra, alla purezza della materia».

Il progetto “Casa delle Sementi”

Al cuore di questo nuovo corso c’è un progetto agricolo e culturale: la Casa delle Sementi.
È una rete di contadini, agronomi e ricercatori impegnati nel recupero dei semi antichi pugliesi, nella coltivazione sostenibile e nella tutela della biodiversità.
Un archivio vivente che alimenta la cucina del Due Camini, restituendo sapori dimenticati e varietà locali quasi scomparse.
Qui la sostenibilità non è slogan, ma atto concreto: l’orto, il raccolto, la fermentazione, la trasformazione naturale diventano parte integrante del processo creativo.

Il “gioco delle carte”: un nuovo modo di leggere il piatto

Il menu ideato da Schingaro si articola come un “gioco delle carte”: ogni carta è dedicata a un singolo vegetale — la zucca, la lattuga, la verza, il pomodoro, la cicoria, il barattiere — e viene raccontata attraverso tre portate che ne esplorano consistenze, forme e temperature diverse.

Il percorso degustato racconta questa visione con coerenza assoluta:
• Ricotta di mandorla con cachi e misticanza pugliese, un inizio fresco e leggero che parla di fermentazione e territorio.
• Gallette, gnocchi e ravioli di zucca, che trasformano un ortaggio umile in un tema musicale.
• Lattuga in osmosi grigliata al BBQ con limone salato, simbolo della sintesi tra tecnica e semplicità.
• Cavolo verza in tre variazioni: ai tre pepi, con pere e noci, e in pita con cavolo rosso.
• Fino al flan di sedano rapa, caffè e crema acida, chiusura che abbandona la dolcezza tradizionale per un equilibrio nuovo.

Ogni piatto diventa una carta girata sul tavolo: una rivelazione sul potenziale nascosto del vegetale.

L’ideologia del vegetale

La nuova cucina di Schingaro è una dichiarazione d’intenti: togliere per aggiungere significato.
Niente proteine animali, niente ridondanze: solo ingredienti che parlano la lingua della stagione e della terra.

È un percorso che unisce etica, estetica e gusto, dove l’alta cucina non coincide più con l’eccesso, ma con la misura e il rispetto.

«Il vegetale è vivo, cambia ogni giorno – spiega lo chef – e noi dobbiamo cambiare con lui. È il nostro maestro di equilibrio».

Nel piatto si percepisce questa tensione: non c’è spettacolo, ma introspezione; non c’è nostalgia, ma una nuova forma di abbondanza.
Il lusso, qui, non è più nell’ingrediente raro, ma nella purezza del pensiero che lo sostiene.

Un messaggio che parla al futuro

Con questa scelta coraggiosa, Domingo Schingaro ha tracciato una direzione chiara: fare del vegetale il nuovo simbolo della gastronomia pugliese contemporanea.
Una cucina che rispetta la terra, valorizza la biodiversità e costruisce emozione senza ricorrere all’abitudine del “molto”.

Il Due Camini non è più solo un ristorante stellato, ma un manifesto culturale: un luogo dove si riscopre che la semplicità può essere profondità, e che anche una foglia di lattuga — se rispettata, compresa e raccontata — può valere quanto un piatto di mare.

Domingo Schingaro, con il suo “gioco delle carte”, non ha solo cambiato il menu. Ha cambiato il modo in cui guardiamo al cibo.

 

Scheda del 18 maggio 2017

Borgo Egnazia, ristorante I due camini e la cucina di Domingo Schingaro

Borgo Egnazia, Savelletri
Strada Comunale Egnazia
Tel. 080 225 5351
Aperto a cena
Degustazioni a 90 e 130 euro
www.borgoegnazia.it

Prima o poi doveva succedere: strutture bellissime e pensate per un turismo di alta fascia come Borgo Egnazia non potevano non maturare l’idea di avere anche una grande ristorazione in grado di essere competitiva. Ed ecco dunque che in questo resort di lusso dove ci sono ben cinque ristoranti è nata una delle squadre più formidabili d’Italia destinata a far parlare di se.

In cucina c’è Domingo Schingaro con la consulenza di Andrea Ribaldone di cui è stato sous chef a lungo ai Due Buoi di Alessandria. In sala i gemelli del goal: Donato Marzolla, ex Palazzo Sasso di Ravello ai tempi di Pino Lavarra, esperienze consolidate all’estero e Giuseppe Cupertino, responsabile regionale Fis, uno dei nuovi protagonisti del vino al Sud, grande organizzatore e appassionato. Li ritroviamo tutti in occasione dell’assemblea annuale di Euro-Toques, l’associaizone internazionale diretta da due anni da Enrico Delfingher. Una kermesse curata alla perfezione da Italia a Tavola.

Nel piatto una cucina concreta, di grande tecnica, aggiornata sulla tendenza vegetale, di territorio. Una cucina, lo diciamo subito, a vocazione terragna più che marinara. E’ la Puglia delle buoni carni e dell’orto che parla più che quella del mare. Toni amari, fumé più che frescheza e acidità. Ma il ritmo non è mai monocorde, non ci si annoia, siamo lontani dalla voglia di stupire a tutti i costi come dall’astrattismo di certi stili in cui il cliente normale, ma anche il gourmet, fa fatica a riconoscersi.

Carino l’aperitivo anche se non abbiamo capito l’accostamento tra gambero e lingua.
Gli antipasti presentano immediatamente lo stile della cucina senza mediazioni: gli gnummareddi, interiora di agnello tipiche del Sud, giocano sui tono bruciati e amari. E’ il caso in cui la tecnica migliora la tradizione adottandola in pieno, senza pudore.

Efficaci, sulla stessa cifra stilistica le altre pesentazioni di mare e vegetariana.

Sui primi poco da dire: a bottega da Ribaltone il risotto diventa un calcio di rigore a porta vuota mentre la cultura della pasta secca emerge bene nella cottura come nell’idea di abbinare fave e calamari. Due piatti ghiotti in cui si gioca di consistenza e di profondità mantenendo il palato sempre impegnato.

La vocazione terragna emerge bene dalla batteria di secondi. Tutti centrati, con la capacità di spingere sui toni amari e fumé, ben sostenuti da una acidità che però non diventa mai protagonista avendo una funzione di comprimaria, quella di sostenere il boccone in bocca.

Finale di dolci strepitosi, non zuccherini, in cui si esalta la materia prima.

CONCLUSIONI
Borgo Egnazia in questo momento rappresenta una delle novità più interessanti nel panorama gastronomico pugliese che negli ultimi anni si sta finalmente popolando di grandi protagonisti. Venire qui è sicuramente una esperienza di lusso, ma non inaccessibile. La carta dei vini è centrata molto sulla Puglia, di grande spessore, il servizio perfetto. La cucina offre i sapori della regionalità con tecnica ragionata e non protagonista. Domenico è un cuoco di sostanza, di servizio, nei suoi piatti non si legge ansia si prestazione ma la volontà di colpire il palato del cliente. A tavola dunque la cucina è solida, di sapore.

Foto di Francesca Fanny Marino


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