Ritorno al Roji di Nola, per scoprire i motivi del successo della cucina giapponese alle falde del Vesuvio.

Roji Japanese Fusion Restaurant Nola

Roji Japanese Fusion Restaurant Nola

S.S. 7 bis 184
Tel. 081.512 1761
www.roji.it
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Aperto sempre
Chiuso mai
Da 50 a 90 euro

di Tommaso Esposito

Stiamo assistendo a una continua apertura di locali che si ispirano al Giappone e propongono una cucina cosiddetta fusion.
Questo accade sia in città che in provincia.
Diciamocelo subito, allora.
Un rischio c’è.
Ed è quello di imbattersi in un filone che, inseguendo pedissequamente la moda, non ha identità specifiche, omologa il gusto e in definitiva annoia.
Più o meno quello che è accaduto con la cucina cinese prima, e quella etnica poi, a partire dagli anni ottanta.
Con una differenza, tra l’altro, notevole e sostanziosa.
Quella relativa al conto.
Sicché oggi, oltre a seguire i consigli di Ugo Marchionne su cosa evitare di fare quando ci si siede in uno di questi ristoranti, un po’ alla volta, bisogna rimarcare e segnalare, come già fatto a proposito di 1Q84 qualche differenza.
Di stile e di gusto.
Siamo, dunque, al Roji che nasce da una scommessa di  Giuseppe Tufano,  Giovanni Napolitano e Luigi Giacomo Policastro.
In cucina ci stanno Alex Pochynok, chef del sushi, che ha maturato diverse esperienze altrove prima di giungere qui, e Francesco Franzese come executive.

Di questo giovane cuoco ci siamo interessanti quando stava al Le Monde di San Vitaliano.
Ci sorprese quello che preparò (soprattutto tempura di stoccafisso, tonno scottato e agnello in più cotture) e il suo curriculum lavorativo: al Romeo di Napoli, all’Olivo del Capri Palace, al Palagio del Four Seasons di Firenze, alla Locanda Locatelli di Londra, all’ Atelier di Parigi. Cioè con Salvatore Bianco, Andrea Migliaccio, Vito Mollica, Giorgio Locatelli, Joel Robuchon, cioè.
E già qui si delinea qualche differenza sostanziale.
Nessuna improvvisazione.
Dietro ai fornelli ci sta chi ha fatto esperienza viaggiando e conoscendo cucine diverse.
Non è poco.
E vediamo ora che cosa abbiamo assaggiato.

Edamame fagioli di soia.

 

Crispy cube con tartare di salmone e kataifi.

 

 

Carpaccio scottato di tonno magro, ricciola, pesce burro.

Ventresca di tonno belfago con terriccio di tarallo salsa di burro e zenzero.

Nigiri di tonno magro e olio evo salmone balik e ikura gambero blu con tartufo.

 

Salmone  ai frutti di bosco che sarà scottato al tavolo con la tecnica shabu shabu, versando cioè sul pesce un infuso bollente.

Capasanta con funghi shitake, maionese calda di ricciola, polvere tandori e tartufo.

Kobe con friarielli alla colatura.

Giunti quasi come pre-dessert i cappelletti alla rapa rossa ripieno di mousseline di palamita, emulsione alla prugna fermentata e melanzane alla scapece.

Infine namelaka al cioccolato a latte e sale maldon su zuppetta di pesca bianca , sorbetto all’arancia affumicata, crumble all’olio di oliva.

Ginger beer e sake.

 

Dunque, questa la degustazione.
Grande materia prima, buona tecnica, nessuna sbavatura sostanziale.
Un percorso vario e per nulla monotono sia nelle tonalità, sia nell’intensità dei sapori.
Un buon equilibrio tra le dolcezze, le acidità e l’amaro.
Un richiamo felice e non di maniera, dunque non improvvisato e banale, con la reale fusion, cioè quella di prossimità.
Vale per tutto il connubio tra friarielli, colatura di alici e kobe.
Assaggiatelo e capirete.
Insomma, se vi viene la voglia di andare per sushi ecco un buono indirizzo dove fare una bella esperienza gastronomica e soprattutto non trovare pasticci con poltiglie di riso e formaggio tipo Filadelfia.

Roji japanese fusion restaurant Nola


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