Condividiamo il lutto nazionale per la strage di Genova proclamato dal governo

Pubblicato in: Polemiche e punti di vista

di Luciano Pignataro

E’ vero, siamo solo un piccolo sito gastronomico. Ma proprio perché crediamo che questo sia un settore importante per la cultura e l’economia italiana e non solo un trastullo decidiamo di sospendere le pubblicazioni per un giorno aderendo al lutto nazionale proclamato dal governo: like, algoritmi e visualizzazioni possono aspettare 24 ore.

Quello che è successo a Genova sconvolge profondamente la nostra comunità nazionale perchè mina le basi su sui si regge la convivenza civile moderna: la fiducia.
Oggi ciascuno di noi mentre passa su un cavalcavia pensa: e se cadesse? E questo non può essere una cosa normale in un Paese normale moderno.

La magistratura scoprirà, forse, i responsabili e come tutte le altre stragi e tragedie saranno processati chissà quando godendo di prescrizioni e mille altri cavilli.

Il dato politico è invece sotto gli occhi di tutti ed è quello individuato dal governo: la responsabilità della sicurezza è del concessionario. Tocca ad Autostrade per l’Italia, che non ha speso neanche una ipocrita parola nei farneticanti comunicati scritti da gente con il pelo sul cuore riparare subito e risarcire le vittime.
La Politica non ha alcun bisogno di aspettare i tempi della Giustizia: non a caso nella nostra Costituzione sono due ordinamenti autonomi e se la Giustizia non può essere assolutamente subalterna alla Politica è vero anche il contrario.

Infine una considerazione meno oggettiva, personale. E prendetela come vi pare.
In nome di un modernismo negli ultimi vent’anni abbiamo privatizzato i servizi  essenziali: trasporti, comunicazioni, tanta sanità, banche. Non è questa la strada giusta: come ha ben scritto ieri Ernesto Galli della Loggia sul Corriere, le privatizzazioni hanno avuto alla fine un solo significato, quello di indebolire lo Stato, ossia la sintesi delle esigenze di una comunità, e dare spazio agli interessi economici e finanziari di pochi, spesso di industriali che invece di competere sui mercati internazionali hanno preferito comprare le galline statali dalle uova d’oro e vivere di rendita come facevano i proprietari fondiari.

I responsabili culturali di questo disastro hanno nome e cognome: sono i manager bocconiani liberisti chiamati a salvare lo Spread per cui noi tutti siamo non cittadini ma cartelle esattoriali e consumatori, quelli che si autoconferiscono lauti stipendi, licenziano la manodopera e infine vendono i marchi italiani alle multinazionali.
Non sono imprenditori, sono prenditori. Che negli ultimi vent’anni hanno dominato l’ideologia della destra quanto quella della sinistra e governato il paese verso i call center, i disastri ferroviari, i crolli dei ponti, la precarietà delle giovani generazioni. Tutto in nome dell’equazione meno manutenzione e meno personale uguale più profitto.
Si è persa completamente anche la missione sociale che ogni impresa ha nel suo essere vincente, un valore in cui grandi capitani d’industria come Adriano Olivetti hanno fermamente creduto.

Tra i morti c’era gente come noi, che ogni giorno si alza e percorre una strada fiduciosa che la sicurezza sia garantita dallo Stato. Senza pensare che invece è l’ultimo problema per chi considera negativo un bilancio finito in pareggio o meno in crescita dell’anno precedente

La logica di mercato e dei bilanci a cui tutto si piega non sono la sola base di una civiltà, altrimenti non si costruirebbero più i monumenti e le chiese.

Ecco perchè aderiamo al lutto nazionale. Forse sarà l’ultimo sussulto dell’Italia prima di entrare nella giungla.


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