Dodici anni di sperimentazione a Paestum, così la mozzarella di bufala è entrata nell’alta ristorazione come prodotto nobile su cui lavorare

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Barbara Guerra e Albert Sapere nel 2019 (foto Luigi Cremona)

Barbara Guerra e Albert Sapere nel 2019 (foto Luigi Cremona)

di Barbara Guerra e Albert Sapere

Dodici anni di lavori e studi dedicati alla Mozzarella di Bufala Campana DOP, sugli utilizzi in cucina, sulle possibili evoluzioni del prodotto, sulle prospettive. Questo è stato l’obiettivo di LSDM (Le Strade della Mozzarella) il congresso di cucina d’autore internazionale che insieme abbiamo diretto e organizzato.

Il format ricalcava quello dei congressi gastronomici spagnoli, che hanno letteralmente inventato questa formula. Uno chef sul palco moderato da un giornalista gastronomico. Una lezione rivolta ad un pubblico di professionisti nel quale si sviluppava il tema dell’anno. Durante le varie edizioni si sono sviluppate numerose tematiche, dall’idea del viaggio a quella della sostenibilità, mantenendo però sempre lo stesso filo conduttore: il lavoro gastronomico e concettuale sulla Mozzarella di Bufala Campana DOP.

Centocinquanta chef italiani, trentadue dall’estero, 24 maestri pizzaioli, hanno fatto sì che questo congresso gastronomico diventasse l’unico al mondo a trattare di un singolo prodotto.

 

Sono stati tanti e brillanti gli interventi degli chef in oltre un decennio, proviamo a raccontarne alcuni attraverso i piatti che hanno caratterizzato maggiormente LSDM. Si tratta dei lavori di sette chef italiani che, con tecnica, creatività e rispetto della filiera produttiva, hanno inciso fortemente sull’immagine della Mozzarella DOP, rendendola un prodotto più che mai attuale e desiderato, lanciando delle vere e proprie tendenze nel mondo della cucina contemporanea e di riflesso nei consumi del prodotto stesso. Ogni chef ha lavorato sempre partendo dalla Mozzarella DOP, fresca e ottenuta da latte fresco. Il meglio della produzione dell’intero areale della Denominazione di Origine, la migliore materia prima disponibile affidata alla manipolazione del cuoco secondo l’estro e le sue conoscenze tecniche.

Capimmo che l’Italia gastronomica viveva l’inizio di un movimento culturale con il primo piatto a LSDM di Massimo Bottura, chef e patron dell’Osteria Francescana di Modena. Si trattava di una spigola grigliata in astratto. Una rivoluzione meravigliosa che staccava con tutto e prendeva nuove forme e nuovi sapori. Era una spigola, cruda, che profumava di grigliato grazie al sapiente impiego degli oli essenziali al basilico, la bottarga, una gelatina di pomodoro e poi la mozzarella ghiacciata sopra, piatto datato 2007. Tutto profumava e sapeva di mare, di mediterraneo, con la mozzarella sopra che rilasciava l’acidità poco alla volta, in un crescendo palatale di tutti gli ingredienti come avviene in un’opera lirica. Massimo Bottura parteciperà a quattro edizioni del congresso.
Nel 2015 chiuse la sua lezione in una sala gremita da cinquecento persone con una frase che fece impazzire il web dei gastro appassionati: “L’ingrediente del futuro è la cultura” e presentò quello che è diventato poi uno dei piatti simbolo del congresso, il Nord che vuole diventare Sud. La tradizione del Nord con il risotto e la polenta croccante, ingredienti della nebbia, con un sapore, tipico del Sud, del caldo, del sole. Chiudendo gli occhi per un secondo, arrivavano in bocca il sapore della pizza. Il piatto appagava le papille come pochi, ma anche l’intelletto. Il lavoro era sull’acqua di governo della mozzarella, che invece di essere buttata veniva utilizzata per questo piatto. Facendo difatti partire le riflessioni su etica, responsabilità sociale, lotta allo spreco alimentare, i temi nuovi delle grandi cucine mondiali, a dimostrazione che Massimo Bottura è il leader, anche spirituale, del movimento della cucina italiana d’autore.

Complessi i lavori di Lady Mozzarella, ovvero Rosanna Marziale, anche lei per quattro volte al congresso. Nella sua prima partecipazione al LSDM, datata 2010, presentò la Pizza al contrario. Il concetto era semplice, quanto rivoluzionario, mettere al centro la mozzarella invece della farina. La tradizionale pasta della pizza era sostituita dalla sfoglia di mozzarella, sopra la quale veniva stesa la passata di pomodoro e dei cubetti di pane come condimento. Il risultato cromatico era stupefacente e i sapori ricordavano quelli di una vera pizza. Sempre nel 2011, come secondo piatto presentò una pasta con frutti di mare e neve di mozzarella. In pratica la mozzarella veniva abbattuta e poi grattugiata sul piatto davanti all’ospite, come si usa il tartufo, sperimentazione che la chef casertana applicava in alcuni suoi piatti già dal 2008. Tanti sono stati i lavori di Rosanna Marziale sulla Mozzarella DOP, oltre a questi ricordiamo anche la Palla di mozzarella ripiena e Ovomozzo.

Davide Scabin, anche lui con quattro partecipazioni al congresso, è stato uno dei maggiori sperimentatori. Nella sua prima lezione del 2011, mise insieme i due piatti italiani più iconici della cucina italiana, gli spaghetti al pomodoro e la pizza. Reinterpretare le tradizioni è sempre una cosa difficile, figuriamoci quando parliamo di questi due monumenti, ma la lucida follia dello chef piemontese portarono alla nascita degli spaghetti margherita. Un lavoro concettuale sulla pasta, pensata in una chiave completamente nuova, cotta sottovuoto e, prima di essere servita, completata con un petalo di mozzarella, un pomodoro confit e un’acciuga. Nel 2016 Davide Scabin presentò un intero menù dedicato alla mozzarella sempre con pomodoro e basilico, erano questi infatti i tre ingredienti che accumunavano i quattro piatti proposti. Come antipasto la Zuppizza, piatto del 2002, un brodo concentrato di mozzarella, pomodorini confit, crema di basilico e chips di pane colorate con basilico, pomodoro e oliva nera. La mozzarella alla sorrentina, condita con la sua leggendaria salsa madre, ottenuta dall’over cottura della pasta e qui corredata di aglio, olio, e peperoncino. Il ruolo croccante lo interpreta un crumble di pecorino e grana padano e il pomodoro grattugiato aggiunto dopo essere stato disidratato. Il terzo piatto era mozzarella in carrozza al camino, dove il latticino sostituisce la Fassona in uno dei piatti più famosi dello chef. Per concludere con il dessert, una cremolata di latte di bufala, di mandorla e mozzarella, con marshmallow al pomodoro, basilico e mozzarella disidratata e gelo di mozzarella.

Pino Cuttaia, chef e patron del ristorante La Madia a Licata, tre volte protagonista a LSDM, nel 2012 presentava un altro piatto simbolo del congresso, la Nuvola di caprese. La mozzarella prima centrifugata e messa nel sifone con del liquido di governo della mozzarella stessa, andava a riempire un involucro ricreato con la parte grassa del latte di bufala (ottenuto dall’essicazione in forno della panna di affioramento). Riproponendo il tutto in una forma tondeggiante. Sul fondo del piatto veniva adagiato un crostino di pane imbevuto nel pomodoro, un pesto leggero di basilico, una spremuta di pomodoro leggermente riscaldata, al centro la nuvola di mozzarella, terminava il piatto un filo di olio extra vergine d’oliva, un pomodorino candito e dell’origano.

Andrea Aprea, campano di origine, chef del Vun del Park Hyatt di Milano è lo chef con più partecipazioni al congresso, ben otto. Presente già alla seconda edizione, nel 2011 con un cannolo di foglia di latte, fatto ovviamente con la Mozzarella DOP. Nel 2012 venne nuovamente invitato perché rimanemmo colpiti da quel suo primo lavoro che, seppur ancora embrionale, era già molto interessante e gettava le basi per quello che sarà uno dei suoi piatti più famosi. Lo chef voleva ricreare una forma sferica, uguale alla mozzarella dove inserire la farcia del cannolo di foglia di latte. Prese ispirazione dalle pièce montée della pasticceria francese, usando l’isomalto, sdoganato sulle tavole contemporanee alla fine degli anni Novanta del secolo scorso, da Ferran Adrià. Crostini di pane e pomodori datterini, pomodori ciliegia, pomodori del “piennolo”, cubetti di mozzarella fresca, emulsione di basilico e coulis di pomodoro, per la base del piatto. La sfera di isomalto ripiena di spuma di mozzarella e il tutto terminato con una neve di mozzarella. Il piatto giocava sul contrasto dolce-salato della caprese, ricreando una perfetta finta mozzarella, e sull’alternarsi di texture diverse.

L’ostrica nella perla è il gioco di parole scelto da Antonino Cannavacciuolo, chef e patron di Villa Crespi sul Lago d’Orta, per presentare il suo piatto nel 2013. Due volte relatore a LSDM, è stato tra i primi chef a combinare Sud e Nord nella cucina italiana moderna. La mozzarella con già tre o quattro giorni di vita veniva passata nel microonde alla massima potenza. Dopo una ventina di secondi, praticamente si otteneva una massa informe. A quel punto grazie all’ausilio di pinze partiva alla ricostruzione della mozzarella inserendo al centro un’ostrica. Una salsa di cetriolo e yogurt di bufala a specchio nel piatto, con delle goccioline di extra vergine, sopra la perla di mozzarella ripiena di ostrica, un cucchiaino di caviale ed un filo di erba cipollina a completare il piatto. Oltre al lavoro tecnico, apparentemente semplice e l’assoluta bontà dell’insieme, usciva fuori uno dei piatti più belli ed eleganti di questi anni.

Chiudiamo questa carrellata di ricordi dedicata ai piatti dei grandi chef che hanno dato un’allure di eleganza e versatilità alla Mozzarella DOP con il primo chef che ha inserito il piatto pensato per il congresso nella carta del proprio ristorante: Mauro Uliassi, chef e Patron del ristorante Uliassi a Senigallia. Quattro volte relatore a LSDM, la prima nel 2012. Anno in cui presentò il cremoso di mozzarella, altro piatto simbolo dei lavori al congresso. Il ragionamento di Mauro, affrontato con Corrado Assenza, pasticciere e filosofo, del Caffè Sicilia a Noto, partì da una domanda: con cosa si abbina la mozzarella? Acciughe, anguilla affumicata, capperi fritti, pomodorini del piennolo, peperoni cruschi, crostini di pane, fiori di capperi, basilico. L’intuizione di Mauro Uliassi fu quella di metterli tutti insieme mantenendo la nettezza di ogni sapore e l’equilibrio complessivo. La mozzarella in parte veniva resa crema, ed in parte lasciata a pezzetti, era la base del piatto. Tutti gli ingredienti con cui si poteva abbinare vennero disposti a cerchio nel piatto. Ogni cucchiaiata era diversa dall’altra, la dolcezza e la lieve acidità della bufala era il filo conduttore che legava tutto. A seconda di cosa prendevi assieme alla mozzarella le sensazioni palatali erano differenti, mischiandole, diventavano un vero e proprio inno al mediterraneo.

Il contributo di Lsdm alla mozzarella di bufala è stato qualcosa che non si può quantificare, un prodotto considerato pop e purtroppo in qualche anno con una pessima reputazione, ha per la prima volta varcato la soglia delle grandi cucine e dei grandi cuochi.
Per chi si affaccia oggi al mondo della gastronomia, tutto appare una novità. Ma la differenza fra dilettanti e professionisti, in qualsiasi campo, è che i secondi prima di parlare di novità studiano il passato.


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