Le 14 giovani promesse di Festa a Vico: l’evento top con i piatti di chi diventerà famoso

Pubblicato in: Eventi da raccontare
Festa a Vico 2015, le 14 promesse

di Giustino Catalano

Che Gennarino Esposito sia sempre stato un promotore dei giovani lo si è visto oltre che attraverso Festa a Vico, dove ogni anno non ve ne sono mai meno di un centinaio, ma anche attraverso i numerosi talenti che sono transitati sin da giovani all’interno della sua cucina.

Quest’anno in occasione di Festa a Vico ha riservato un pranzo per la sola stampa preparato da quelle che a suo giudizio sono le 14 promesse della ristorazione italiana.

Tra i tanti nomi alcuni più che promesse sono da considerarsi delle certezze ma vi è di certo che l’occhio di Gennarino ha colto in essi quel qualcosa in più che fa sì che gli appaiano dei nomi da tener d’occhio.

Così verso le 13 circa all’interno della cucina della Torre del Saracino si sono assiepate 14 crew di cucina composte da Chef e Sous Chef.

Di lì a breve, dopo un aperitivo di benvenuto con mini bliny con caviale Calvisius e scaglie di Parmigiano Reggiano Malandrone di lunga stagionatura, abbondantemente innaffiati con Brut Pas Operé 2011 Ca’ del Vén “L’ecluso, è partito lo show delle quattordici cucine italiane del momento più lanciate verso il successo.

A dare il “là” alle danze è stato Cristian Torsiello – Osteria Arbustico di Valva (SA). Il suo piatto Sorbetto alla rapa rossa con ciliege, prosciutto e origano oltre ad essere un vero tripudio di colore per gli occhi risultava un boccone molto goloso dove al sapore deciso di radice della rapa rossa faceva subito da contraltare l’acidità delle ciliegie. A dare consistenza e anche untuosità, molto equilibrata, al piatto una julienne di prosciutto croccante e il sentore di origano che finiva il boccone con una gradevole pungenza e aromaticità.

A seguire, quasi in un destino che li vede accomunati molto spesso insieme, Rocco De Santis – Il Vistamare dell’Hotel Il Fogliano di Latina.

Un deciso salto nella memoria dei rosticcieri di una volta il suo Polpo alla diavola, panna all’agro, soffice di melanzane e marmellata di cipolla rosa, dove tre generosi bocconi di tentacolo, molto tostati in padella erano singolarmente accompagnati da burrata di bufala, cipolla in agrodolce e soffice di melanzana alla scapece. Un deciso e gradevole contrasto tra dolcezza e acidità.

Il terzo antipasto è stato servito nella torre del locale dove Francesca Sgandurra – Contesto alimentare di Torino con la sua Bavarese agli asparagi di Santena con finocchietto selvatico e nocciole ha inteso declinare un gran prodotto quale è l’asparago di Santena con un must immancabile nelle buone ricette piemontesi. La nocciola. La morbidezza della bavarese, eseguita a regola d’arte e per niente “legnosa”, incontrava nel boccone la consistenza dei teneri asparagi marinati con una salsa béarnaise alle nocciole che la sormontava e il finocchietto che donava al tutto una piacevole sensazione di freschezza.

Cambio piatto cambio ambientazione. Passati sul panoramico terrazzino della torre saracena dell’ottavo secolo, ho incontrato una mia conterranea. L’irpina Valentina Martone de Il Megaron di Paternopoli (AV) con Le nostre radici. Un piatto tanto disarmante in semplicità quanto gustoso e gradevole. Una quenelle di patata su crema di sedano, sormontata da cialda di pane e cipolla appena scottata. L’insalata di patate estiva nobilitata senza nessuna dispersione di sapore se non nel mutato gioco di consistenze.

Per quinto piatto ci siamo definitivamente accomodati in sala ed è stato il turno di Mirko Martelli del Ristorante Oasi di Follonica (GR). Sua una reinterpretazione della zuppetta di crostacei e bello e suggestivo il Moka di crostacei dove su tocchetto di rana pescatrice, scampo, cappasanta erano adagiati due gamberi rossi con due differenti cotture. A completamento del piatto un “caffè” di gambero ottenuto dalla disidratazione e polverizzazione dei carapaci e versato direttamente dalla moka dopo averlo estratto nella maniera destinata tradizionalmente alla bevanda più italiana che si può. Un piatto molto ad effetto per il servizio e con materie prime di eccellente qualità.

Di zuppa in zuppa è stata poi la volta di Simone Nardoni – Essenza di Pontinia (LT) con il suo Il Merluzzo…il mediterraneo consistente in un merluzzo adagiato in un delicato fumetto e sormontato da una cialda ottenuta dallo stesso fumetto. Belle le consistenze e molto netti i sapori.

A metà del cammino si è passati ai primi. Eugenio Boer (si pronunzia Buur) del Ristorante Essenza di Milano ha presentato i Cappelletti di gambero nel loro consommé al limone di Amalfi.

Il consommé e stato versato sui delicati cappelletti volutamente freddo per giocare sul contrasto caldo-freddo del piatto. Bella la sensazione di agrumato che chiudeva il boccone molto ricco di crostaceo.

Di primo in primo si passa ad uno spaghetto. Riccardo Camanini – Lido 84 di Gardone Riviera (BS) ha servito uno Spaghettone al burro e lievito di birra.

Al deciso e marcatissimo profumo di lievito di birra che sembrava prevalere si è opposto con decisione lo spaghettone al burro denso e aromatico di Beppino Ocelli.

Da nord a sud con Leonardo Lacatena Osteria dei sassi di Matera. Qui il suo Lucano dentro ha narrato in maniera simbolica il pezzetto di baccalà che gli emigranti portavano dalla Lucania al nord per nostalgicamente garantirsi un piatto di baccalà con patate, olive e pomodoro.

Tre piccoli bauletti di pasta all’uovo ripieni di crema di baccalà immersi in una spuma di patate e completati con polvere di pomodoro e olive infornate di Ferrandina. Delicato il gioco di consistenze tutto giocato sui vari livelli di morbidezza del piatto e molto interessante la spiccata nota amara della polvere delle olive Majatiche infornate.

Da un piatto con un finale amaro ad un altro piatto dove l’amaro era il leit motiv. Oliver Piras – AGA San Vito di Cadore (BI) con il suo Risotto al Vermouth, alliaria e pepe verde ha rimarcato questa nuova e interessante tendenza del ricercare nei piatti, quasi a voler osare senza paura alcuna, il gusto dell’amaro. Al sentore alcolico e amaricante del Vermouth l’alliaria (una brassicacea dallo spiccato sentore di aglio) ha rimarcato proprio la nota amara del piatto finendo con una nota più gentile e poco pungente di pepe verde.

Finalmente i secondi! Ed è subito il turno di Emanuele Mazzella – Vespasia GHotel Palazzo Seneca di Nocia (PG). Coniglio, fegato grasso e levistico. L’Umbria più antica e austera condensata in un piatto dove a un rollè di coniglio farcito con il fegato grasso ha fatto da contraltare il levistico (sedano di montagna) molto frequente in questa regione. La freschezza decisa del levistico ha pulito bene la bocca dal boccone deciso e gradevolmente grasso del coniglio farcito di fegato grasso.

Dall’Umbria alla Val d’Aosta dove Federico Zanasi – Snoflake Hotel Principe delle nevi di Cervinia (AO) ci ha ricordato le influenze mitteleuropee che il nostro bellissimo paese ha avuto e trasferito nella propria cultura alimentare. Il Capretto glassato con latte fermentato, mirtilli speziati e aceto di sambuco è l’esatta sintesi di tale felice contaminazione. Delicatissimo il capretto cotto a bassa temperatura che trovava nel boccone ora il latte fermentato con le sue note acidule ora la riduzione di mirtilli e i mirtilli speziati. A chiudere il piatto, come da diretto suggerimento di Zanasi, i fiori di sambuco in aceto.

Ci si avvia alla fine ed è la volta di Luigi Lionetti – Monzù Hotel Punta Tragara di Capri che con la sua Insolita Caprese fa da predessert, molto coraggioso peraltro, con un gelato di Kefìr di bufala su crema di basilico e croccante di pomodoro. Molto gustoso e magnifico il gioco di consistenze.

Si chiude con Giuliano Baldessarri – Acqua Crua di Barbarano (VI) con “Apri e chiudi”. Interessante dolce non dolce basato su tre variazioni di mela. Spuma, gelato e secca. Tutto in un sol gioioso e quantomai godurioso boccone per nula stucchevole e con buona acidità come avremmo voluto un dolce dopo un tale tour de force.

A bere si è bevuto tanto e bene in quanto molti di loro hanno anche abbinato un vino. Degni di particolare menzione, tra i tanti calici circolati, un Frieuré de Montèzargues, rosato basco davvero interessante, Il profumatissimo Riesling di Oswald Schuster, il Syrah Coté la tour du Les Cretes e a sorpresa un fuori menu. Marsala Florio Aegusa Anno 1952. Una degna conclusione di un pranzo davvero notevole.

Le 14 promesse vanno assolutamente visitate tutte. Annotatele in agenda per i vostri viaggi e tour. Ne sentiremo parlare molto presto.


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