Fiano di Avellino 2010 docg Rocca del Principe

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Fiano diAvellino 2010 Rocca del Principe

Fiano di Avellino 2010 Rocca del Principe. E’ passato già un anno dall’ultimo assaggio.Seguiamo con passione questa etichetta ormai da anni e la cosa incredibile è che ad ogni stappo non cessa di stupirci. Arrivati a undici anni dalla vendemmia pensiamo che ormai un po’ di stanchezza, un filo di ossidazione, inizi a minare la straordinaria complessità maturata nel corso degli anni e invece assolutamente no. Stappata al Ristorante Umi di Salerno stavolta il Fiano di Rocca del Principe si è misurato con la cucina giapponese no fusion esprimendo freschezza, ampiezza, mineralità, una decisa autorevolezza anche di fronte a piatti complessi come l’naguilla e la pancia di maiale. Una sorpresa deliziosa. Che dire: se ne avete conservatela ancora, non sfigura con nessun altro bianco al Mondo in questo momento.

Scheda del 30 novembre 2020. Passato più di un anno dall’ultimo assaggio. Lo facciamo sulla meravigliosa cucina di Gianfranco Pascucci e ne godiamo al massimo: il vino dopo dieci anni è perfettamente in forma, fresco, pieno di energia, ricco al naso di frutta piena croccante, note balsamiche e allungo fumè, il palato è in perfetto equiibrio con una chiusura travolgente. Veramente indimenticabile, a conferma che le annate calde sono amiche dell’Irpinia, soprattutto dei suoi bianchi.

Scheda del 15 luglio 2019. Lapio è un comune con poco più di 1500 abitanti nel cuore dell’Irpinia. Un comune collinare benedetto per la coltivazione della vite e sia il Fiano che l’Aglianico danno incredibili risultati. In particolare non ci finisce mai di stupire la longevità e la forza dei bianchi, qualunque sia la cantina che decidiamo di stappare. Rocca del Principe 2010 è stata una idea di Mario Sposito  di Taverna Estia quando gli ho chiesto un bianco vecchio: grande e attento sommelier, la sua Taverna Estia è una vera e propria miniera di chicche indimenticabili. Eccolo, allora, questo Fiano che non degustavamo da un anno: freschissimo, giovincello quasi, ricco, ampio e complesso al naso come al palato, con una chiusura decisa ed energica. Insomma, davvero un bianco che ha ancora tanta strada da fare. Se ne avete, ascoltate il nostro consiglio e conservatelo. Più passa il tempo, più stupefacente sarà il risultato nel bicchiere.

Scheda del 26 agosto 2018. Un dato oggettivo e inconfutabile è la straordinaria bellezza del Fiano di Avellino sui tempi lunghi. E’ qui che si vede la differnza con altri bianchi che pure resistono ma non evolvono e possiano dire che in Italia tre sono i grandi vitigni bianchi su cui si può ragionare in questo modo: Verdicchio, Vermentino e, appunto Fiano.
Lo vedi dal fatto che queste bottiglie lavorate solo in acciaio sviluppano incredibili terziari con il passare del tempo, e che se bevute alla cieca in una batteria non temono alcun confronto anche con bianchi molto molto più costosi. Qua stiamo parlando di una bottiglie che difficimente supera i 15-20 euro in enoteca e il piacere è stato incredibile. L’abbiamo portata dalla nostra piccola cantinetta di casa in città dove ha sofferto anche le estati calde e bevuta alla bella tavola di Arbustico a Paestum sulla cucina di Cristian Torsiello: ha procurato piacere. Naso pieno, ampio, frutta ben matura, nota fumé, rimandi di zafferano e miele.
Al palato freschissimo, tosto, vibrante come si diceva qualche anno fa, sapido, con una chiusura amara perfetta che lascia la bocca piacevolmente pulita e con la voglia di ricominciare subito.
Decisamente confermo che il Fiano a Lapio incontra maggiormente il mio gusto.

Scheda del 15 giugno 2015. Sapete qual è la vera forza della Campania in questi anni? Quello che la maggioranza dei ristoratori e dei clienti non ha ancora capito: la possibilità di bere vini di livello mondiale a pochissimo prezzo. Siamo nella condizione simile agli indigeni americani che davano l’oro agli Spagnoli in cambio di chicaglierie.
Sono convinto, è non è campanilismo, che il Fiano di Lapio, sicuramente il territorio dove questo vitigno ha fatto più esperienza, potrebbe regge il confronto con qualsiasi vino bianco mondiale.
Ne troviamo uno del 2010 da Crudo Re a piazza Vittoria, uno dei pochi posti a Napoli dove girano vini e bollicine grazie alla competenza del patròn sommelier Gianni Liotti. Si tratta del Fiano di Avellino di Rocca del Principe, un piccola azienda che non supera le 50mila bottiglie, i cui vigneti sono nella contrada Arianello, un luogo così importante che da anche il nome ad uno dei due «Studi» dei Feudi.
Un bianco in cui parla la materia: dopo cinque anni ha acquisito una complessità olfattiva nella quale la frutta bianca ben evoluta ma ancora fresca è pimpante è allungata da una leggera nota fumé e da una vivace spinta balsamica. In bocca è ricco, corpo, freschissimo, giovanile, elegante e potente.
Lo bevo e la testa lascia il caos di Napoli, dove lo spazio è una conquista che si rinnova giorno dopo giorno, e immediatamente mi trovo nelle colline silenti, spesso coperte da una nebbia insistente e misteriosa. Ripenso alla mia piccola Skoda a metano che si arrampica e mi accompagna con la promessa di ripartire sempre, anche quando è stanca. E i gesti di una civiltà ormai al tramonto, di quando le persone si fermavano in autogrill per fare i loro bisogni. La vergogna ormai è persa, è questo bianco di ricorda i luoghi dove il contegno e la discrezione hanno molto più valore della esibizione.
Ecco, forse, la vera forza del Fiano di Avellino. Un vino degli Dei che richiede una sola condizione: essere bevuto con una persona ricca di sensibilità perché se sei solo o con la persona sbagliata, è meglio ritapparlo. Tanto resiste e premia chi sa aspettare in un mondo in cui non c’è più il culto del tempo.

Sede a Lapio (Av) – Contrada Arianiello, 9
Tel. e Fax 0825 982435
info@roccadelprincipe.it – www.roccadelprincipe.it
Enologo: Carmine Valentino
Ettari vitati: 6
Bottiglie prodotte: 30.000
Vitigni: aglianico e fiano


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