Giancarlo Moschetti, la vita del suolo e il gusto del vino. L’intervista a Slow Wine

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Rilanciamo volentieri l’intervista che l’amico e collega Fabio Pracchia ha pubblicato su Slow Wine: Moschetti è socio in Contrade di Taurasi dove abbiamo tenuto lo stage di formazione dei gruppi di Campania-Basilicata-Calabria-Puglia all’inizio dell’avventura della guida Slow Wine.

di Fabio Pracchia

Ordinario di Microbiologia Agraria e Presidente del Corso di Laurea in Viticoltura ed Enologia dell’Università di Palermo, Giancarlo Moschetti ci ha parlato del rapporto tra vita, vite e suolo.

Le parole microbiologia e vino solitamente si riferiscono a diverse inclinazioni dell’attività umana, a prima vista opposte, vale a dire una materia di studio e ricerca la prima, un piacere del corpo e dell’anima la seconda. L’incontro con il professore Moschetti però rivela una stretta connessione tra questi due emisferi che possono destare curiosità e interesse per tutti gli appassionati.
Oltre a essere un tecnico preparato, un valente professore, Giancarlo è un ottimo comunicatore e spiega, come credo faccia all’Università, in modo chiaro fenomeni microbiologici complessi da apparire relativamente comprensibili anche a chi, come me, non ha una preparazione specifica appropriata.
Ecco alcuni passaggi di un’intervista a Giancarlo durante il Vinitaly. Premetto che più che riportare la “lezione” di Giancarlo, vi porgo una mia elaborazione di essa. I reali contenuti dell’intervista presentavano una densità di elementi tecnici che il povero trascrittore non riesce a maneggiare.

Esiste un legame tra l’attività microbiologica del suolo e la qualità di un vino?
Intesa in senso generico la microbiologia non è attinente alla qualità del vino. Tra il suolo e il bicchiere avvengono moltissimi passaggi che contano anche di importanti e sensibili interventi da parte dell’uomo. Ripeto, questo in generale. Se invece, consideriamo la qualità di un vino connessa a un processo naturale ecco che l’attività microbiologica in un suolo contribuisce in modo consistente alla filiera produttiva.

Bene, entriamo in questa filiera…
Il vino è un alimento. Fa parte di un ciclo vitale che è connesso strettamente a tutti i fenomeni biologici e ai sistemi naturali. L’equilibrio di questi sistemi è fondamentale per la riuscita di essi. La fertilità di un suolo, necessaria per la crescita di tutte le piante e non solo della vite, non è avulsa da questi cicli. Voglio dire che non basta la presenza di sostanze minerali necessarie all’alimentazione delle colture ma occorre che un suolo abbia tutti gli attori biologici necessari all’autoalimentazione e all’autoregolazione.

Quindi il suolo dovrebbe essere una dispensa piena per la vite?
Più o meno sì. Il suolo deve considerarsi un sistema vivente in quanto ambiente per una biomassa microbica che svolge processi biologici fondamentali. Queste attività non solo sono necessarie all’alimentazione della vite ma la proteggono da agenti patogeni. Centro di controllo e di equilibrio si deve considerare l’humus, la vera “banca” di SOS (sostanza organica stabile) la cui sintesi e la cui mineralizzazione rappresentano rallentamento o accelerazione dei processi che condizionano in maniera rappresentativa la nutrizione della pianta.

Protezione, nutrizione; si potrebbe pensare che l’intervento dell’uomo in un ambiente equilibrato potrebbe essere ridotto al minimo.
Esattamente. La viticoltura specializzata ha destabilizzato precisi equilibri biologici. Una attenta cura del suolo potrebbe riportare il sistema in equilibrio. Le attività microbiologiche intorno alla rizosfera (parte radicale n.d.r.) sono infinite con infiniti benefici per tutto il ciclo della vite. In un ambiente sano i funghi patogeni hanno competitori naturali denominati “batteri prommotori la cerscita delle piante, PGPR” che esplicano un’azione indiretta contro i patogeni della vite di grande interesse per una viticoltura sostenibile. L’uomo ad esempio ha sempre attentato l’omeostasi del suolo alterandolo nella componente biotica con erbicidi, anticrittogrammici di sintesi e altri xenobiotici tossici nonché diminuendo la biodiversità della rizosfera con le colture intensive monovarietali. Questo ha portato ad un impoverimento della composizione quali-quantitativa della microflora e quindi ad una diminuzione di quelle attività che rendono fertili un suolo. Inoltre mentre in un sistema naturale c’è ritorno della sostanza organica, in un sistema agricolo c’è un feedback negativo cioè gli output sono maggiori degli input e il sistema pianta-suolo non regge. Con feedback negativo si ha la soppressione della biodiversità microbica.

Hai parlato di mineralizzazione, che cosa si intende?
La mineralizzazione è un processo biochimico del suolo. Batteri e funghi sono i consumatori primari di sostanza organica morta nel suolo. Questa deriva da residui di piante e radici, microrganismi e organismi in decomposizione, essudati radicali, escrementi animali. La decomposizione di questi complessi biopolimeri in anidride carbonica (CO2), acqua (H2O), azoto minerale (N), fosforo (P) e altri elementi minerali viene chiamata “mineralizzazione”. La mineralizzazione è effettuata non solo dai batteri e funghi, ma anche indirettamente dai cosiddetti “microbivori”, cioè i mangiatori di microbi e da i predatori che decompongono i microbi ed altri organismi. I nutrienti minerali rilasciati dai decompositori sono disponibili per essere assorbiti dalle piante e dai microrganismi per la produzione di nuova biomassa. Pertanto, i nutrienti vanno in circolo attraverso l’ecosistema.

Il gusto del vino è direttamente influenzato dall’attività microbiologica ?
Credo proprio di sì. L’attività radicale, la fotosintesi, la sanità della pianta e il perfetto equilibrio geobiochimico sono alla base di uve sane e fedeli interpreti del territorio di provenienza. In cantina però……

Lo blocco, perché il capitolo lieviti è un altro ambito degli studi del Professore che aprirebbe profondi, e qui impossibili da riportare, spazi di ragionamento.
A chiosa appare doveroso citare l’articolo che ha aperto il mio interesse verso questo argomento. Mi riferisco al numero 35 di Porthos e in particolare alla splendida intervista al professore Marco Paolo Nuti, ordinario di Microbiologia Agraria all’Università di Pisa, da parte di Maurizio Paolillo.


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