Il pranzo perfetto del 2015 di Albert Sapere

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acciughe al verde, Matteo Baronetto

di Albert Sapere

Due antipasti, una pasta fresca, una secca, un risotto, due secondi, un dolce. Otto piatti per altrettanti cuochi a comporre il menù perfetto tra i miei assaggi nel 2015. L’Italia della ristorazione di qualità è in forma, anzi in formissima. Ad esempio la generazione dei trentenni, colti, preparati, pronti, faranno sicuramente meglio della generazione precedente. L’unica vera pecca è la mancanza di “clientela”, mentre per i ristoranti d’autore in giro per il mondo le liste d’attesa diventano sempre più lunghe, in Italia si soffre. Pronti via:

Acciughe al verde, Matteo Baronetto, Del Cambio, Torino.

La vera grande novità della ristorazione d’autore italiana degli ultimi due anni è il Cambio di p.zza Carignano a Torino. La parte antica del locale è ricca di storia e fascino, la sala nuova con le installazioni di Pistoletto completa, forse, il locale più bello d’Europa. Matteo Baronetto al comando della cucina, dimostra di essere un vero fuoriclasse, pranzo dell’anno per la guida dell’Espresso 2016. Partiamo con le acciughe al verde, sapidità e aromaticità spinta fino all’estremo. Quando un antipasto è ben riuscito? Quando si saliva tanto e non si è appesantiti, come in questo caso. Da evidenziare altri due assaggi, il risotto con vino rosso e midollo alla piastra, ed un sontuoso rognone di coniglio al vapore, semi di coriandolo e lattuga bagnata al moscato d’asti.

Cicoria panna e fragole con caviale di storione, Silvio Salmoiraghi, Acquerello, Fagnano Olona.

Nella provincia lombarda, a Fagnano Olona per la precisione, si “nasconde” una delle cucine, a mio avviso, più interessanti provate negli ultimi anni, quella di Silvio Salmoiraghi. Un pranzo settembrino fulminante, una cucina estremamente personale dove risaltano le acidità e soprattutto le note amare. Da ricordare uno squisito coniglio all’ischitana, dove non c’è il coniglio ma solo il suo ricordo, ed un piccolo soufflè di erbe amare molto interessante. Tuttavia la seconda portata del mio pranzo dell’anno è la cicoria con caviale di storione e un marshmallow di panna e fragola. Intense e persistenti le note amaricanti della cicoria, amplificate dalla sapidità del caviale di storione. Un piccolo bon bon in chiave dolce, che non smorza le note precedenti, ma le amplifica. Anche qui tanta salivazione, particolarmente nelle mie corde.

Ravioli di aglio in consommè di mela, Salvatore Tassa, Le Colline Ciociare, Acuto.

Artigiano meraviglioso Salvatore Tassa. Un pranzo notevole alla Colline Ciociare con dei colpi da vero e proprio fuoriclasse di livello assoluto, come “humus” o la cacio e pepe asciutta. Miles Davis suonava solo le note più importanti di ogni accordo, per sottolinearle, un modo di intendere la musica che certamente ha condizionato decine e decine di artisti di tutti i generi musicali. Allo stesso modo Salvatore Tassa, tocca le note degli ingredienti principali senza aggiungere superfluo, niente di più e niente di meno di quello che serve a regalare emozioni, come per i ravioli di aglio in consommè di mela. Elegante tra l’asprezza e l’amaro dell’aglio, appena mediata dalla sfoglia di pasta, lungo nella sensazione palatale, della mela risalta l’acidità, insomma solo quello che serve al gusto, intuizione da genio.

Rigatoni broccoli e salsiccia con spuma di pecorino, Luciano Monosilio, Pipero al Rex, Roma.

La pasta secca è l’Italia, l’Italia è la pasta secca. Non tutti i grandi ristoranti italiani hanno un piatto di pasta secca nei loro menù, non capirò mai abbastanza il perché di questa cosa. Sicuramente non è il caso di Pipero al Rex. Alessandro Pipero ha ben chiaro il mio claim iniziale e nel suo ristorante la pasta secca è sempre presente, il resto lo fa la bravura di Luciano Monosilio. Diventati celebri per la carbonara, per molti, anche per il sottoscritto la più buona del mondo, segnano un altro punto con questi rigatoni. Spunto dalla tradizione, pensieri moderni, per il piatto di pasta secca dell’anno.

Il Nord che vuole diventare Sud, Massimo Bottura, Osteria Francescana, Modena.

L’ingrediente del futuro è la cultura. Con questa frase Massimo Bottura chiudeva il suo intervento a Le strade della mozzarella 2015 dopo aver presentato questo piatto. Di contaminazione culturale questo piatto ne aveva tanta. La tradizione del Nord con il risotto e la polenta croccante, ingredienti della nebbia, i sapori del Sud, quelli del caldo e del sole, il gusto di una pizza. Il piatto appagava le papille come pochi, ma anche l’intelletto, a dimostrazione che Massimo è il leader anche spirituale del movimento della cucina italiana d’autore.

La melanzana, Riccardo Camanini, Lido 84, Gardone Riviera.

Una cena tra le prime tre di quest’anno, quella fatta da Riccardo Camanini. Tanti gli spunti gustativi. Gli spaghetti burro e lievito, stupenti nella loro centralità sulla pasta, il risotto con l’aglio nero, sorprendente con note terragne e aromatiche. Su tutti il piatto che inserisco tra quelli dell’anno: la melanzana. Tra le cose più difficili in cucina, la cottura della melanzana. Difficile far rimane integro il sapore e il colore (deve essere bianca all’interno). Tante le tecniche viste per arrivare a questo risultato, sottovuoto, basse temperature etc. Invece Riccardo la cuoce in maniera violenta ad altissima temperatura, la fa gonfiare, annerire fin quando la pelle si scolla dalla polpa. Terminata con una crema di parmigiano e un filo di olio evo. Il sapore ricorda quello di una parmigiana di melanzane, il mio piatto preferito, i sapori netti, precisi, allo stesso tempo eleganti e golosi.

Agnello sambucano, Enrico Crippa, Piazza Duomo, Alba.

Un fiorellino, un ciuffo d’erba si trova oramai quasi ovunque nella ristorazione a tutti i livelli, spesso una moda, nella maggior parte dei casi inutile a mio avviso, perché è giusto usarli quando apportano sensazioni al piatto, non solo per estetica, questo avviene in pochi casi. Nel regno di Enrico Crippa invece tutto questo ragionamento è diverso, il tutto si ribalta, come vedere la stessa foto da una prospettiva o con una luce diversa. I fiori, le erbe, gli ortaggi non sono orpelli decorativi ma protagonisti del piatto. L’agnello sambucano è semplicemente un piatto vicino alla perfezione, materia prima vera, ogni boccone stimola nuove sensazioni, la carne è protagonista e comprimaria allo stesso tempo, fantastico.

Fluido di mozzarella, grattachecca di frutta rossa e balsamico, Francesco Apreda, Imago, Roma.

L’Imago è uno dei ristoranti più belli che io conosca. La vista su Roma è mozzafiato, affacciati sulla scalinata di Trinità dei Monti. Francesco Apreda mi ha colpito con una cucina personale, non banale, influenzata dalle sue esperienze in giro per il mondo. L’indivia con cous cous di mais, mouse di melone crispi di prosciutto e le penne all’arrabbiata, Blend Spicy Bomba-y le ricorderò per parecchio tempo. Su tutti il fluido di mozzarella, grattachecca di frutta rossa e balsamico. Un cuoco che ha una sensibilità particolare nel trattare la mozzarella di bufala. Questa sensibilità la riversa in questo dolce, una lavorazione complessa ottenuta con il latte di bufala Latterì immerso nella frutta fresca. Più che un gioco di contrasti un vero e proprio rincorrersi tra l’acidità e la dolcezza, nessuno prevale sull’altro ma entrambi sono percettibili, incantevole.


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