Intervista a Pino Perrone: tutto il mondo del Whisky a Roma

Pubblicato in: Personaggi
Pino Perrone di Roma Whisky Festival

di Marina Betto

Intervista in esclusiva per LUCIANOPIGNATARO.IT a Pino Perrone, Whisky Consultant del Roma Whisky Festival, il più importante festival di settore italiano, la cui ottava edizione si tiene a Roma, sabato 2 e domenica 3 marzo 2019, presso il Salone delle Fontane all’Eur. Programma completo al link www.romawhiskyfestival.it

1)Come è cresciuta questa kermesse sul whisky e quali sono le novità del 2019?
La crescita della manifestazione è visibile non solo nell’incremento dei partecipanti, ma anche nella qualità dell’offerta da parte degli espositori e della richiesta da parte del pubblico. La cosa ci soddisfa e gratifica, sottolineando che siamo sulla buona strada. Quest’anno si ricalca la passata edizione, con un’aggiunta importante dell’area talk, dove professionisti del settore condurranno degli speech su temi specifici.

2) Oltre il whisky scozzese, irlandese, statunitense quali altri whisky si potranno trovare in degustazione?
E’ vero, la tradizione porta a nominare questi tre Paesi produttori. Tuttavia, per produrre un whisky è necessario un cereale, acqua, lievito e, qualora si voglia, della torba, elementi ampiamente disponibili in tutto il mondo. Pertanto, oramai, la maggioranza dei Paesi così detti “civilizzati”, produce whisky. Nei corridoi del Salone delle Fontante potrete infatti trovare un whisky italiano e altri provenienti da Galles, Francia, Giappone, Taiwan, Reubblica Ceca, Islanda, Australia e certamente da altre nazioni che ora dimentico.

3) Gli appassionati e gli intenditori, i lavoratori del settore non si lasceranno sfuggire questa manifestazione invece come può l’uomo della strada approcciarsi al mondo del whisky? Quali i suggerimenti per poter iniziare un percorso verso la conoscenza di questo distillato?
Ad esempio quello di frequentare durante il festival, prima di assaggiare dagli stand, uno dei nostri ABC del whisky che avranno cadenza ogni 45 minuti. Oppure lasciarsi condurre dalla narrazione dei prodotti da parte degli operatori, tutti altamente qualificati. Infine, frequentare qualche masterclass, giacché in queste si impara tantissimo e ci saranno molti brand ambassador stranieri a tenerle.

4) Solo whisky o il 2/3 marzo si berrà anche altro?
Ci sarà qualche espositore con un altro distillato d’eccellenza, a partire dalla distillazione del vino. Mi riferisco a cognac, armagnac e brandy. E poi ci saranno i cocktail.

5) Ci sarà infatti l’area cocktail, con la presenza di quali barman?
Oramai sono quattro anni che dedichiamo attenzione alla mixology. Certamente saranno presenti in qualità di barman i ragazzi del Jerry Thomas Project, del Drink Kong, dell’Argot e di Freni e Frizioni. Ma vi assicuro che molti altri si aggiungeranno alla manifestazione perchè costituiscono una grande famiglia e il festival è anche occasione per incontrarsi e passare insieme momenti  piacevolmente.

6) Si potranno degustare rarità?
Naturalmente, a discrezione di quanto porteranno gli espositori. Non sono mai mancate nelle edizioni passate e neppure in questa mancheranno. Non sono in grado di sapere esattamente cosa, ma per quanto concerne le masterclass finora pubblicate, rilevo la presenza di prodotti estremamente rari e preziosi, come ad esempio il Johnnie Walker Blue Label Ghost, il Glen Moray 25 anni, il Glen Grant 25 anni di Wilson & Morgan, l’Inchgower 27 anni, il Tullibardine 24 anni di Douglas Laing e sarà presentato in anteprima il Big Peat 26 anni Platinum.

7) Pino Perrone si definisce whisky consultant, come è nata la passione per questo particolare distillato?
Se devo essere sincero, come sono portato sempre a fare, non mi sono definito come tale. E’ un titolo che mi è stato attribuito dal nostro gruppo. La mia passione per il whisky nasce nel 1992 a seguito della lettura di un libro di Manuel Vázquez Montalbán. Si citava un single malt specifico e io, conoscendo all’epoca solo pochi blended e neppure fra i migliori in circolazione, mi sono incuriosito acquistandone una bottiglia. Da quel momento sono rimasto “infettato”, come se avessi preso un virus. Una fascinazione che, nelle modalità in cui avviene, è stata egregiamente descritta nel film di Ken Loach “The Angel’s Share“.

8) Qual’è il suo whisky preferito? Quale il più apprezzato in Italia?
In Italia sono molto apprezzati i cosiddetti whisky torbati. Rilevo anche una attenzione decisamente sopra le righe per tutto ciò che proviene dal Sol Levante, a prescindere da una effettiva qualità intrinseca. Riscuoto ultimamente successo anche per i bourbon e i rye americani. Per quel che concerne il mio whisky preferito non posso rispondere per il ruolo che rivesto. Tuttavia chi mi conosce lo sa e da tempo. Posso genericamente dire che, malgrado abbia una preferenza specifica, non bisognerebbe avere ma apprezzare tutti quelli che sono eseguiti con rispetto dell’artigianalità e capaci di dare emozioni ed essere altamente evocativi.

9) Esiste un gusto italiano per questo distillato?
L’Italia ha fatto la Storia del single malt con persone e importatori antesignani negli anni Sessanta. Si è passati da un gusto in stile Macallan, sherried ed elegante, a quelli attuali di cui parlavo poco sopra, predilegendo i torbati. In mezzo ci sarebbero molti altri stili da scoprire.

10) Qual’è il modo migliore per bere un whisky? Si può accompagnare ad un pasto? Quali le tendenze in Italia e nel resto del mondo?
Sembra che la tendenza del momento sia di tentare di abbinare qualunque liquido – persino l’acqua – a del cibo. Va bene, si può fare. Tuttavia continuo a ritenere, e difficilmente oramai potrò cambiera idea, che il principe degli abbinamenti con il cibo sia il vino. Il whisky si può certamente accompagnare con alcuni prodotti alimentari, che peraltro non sono neppure pochi, poichè si spazia dai dolci lievitati e non, alla cioccolata, ai formaggi a latte crudo, stagionati, d’alpeggio ed erborinati; dai molluschi e crostacei e pesci grassi quali triglia e salmone, a piatti a base di uova come omelette e perfino primi piatti come carbonara e cacio e pepe. Ma un conto è abbinare e un altro pasteggiare. Inoltre, per poter fare quest’ultimo, bisognerebbe diluire il whisky in maniera oltraggiosa, svilendolo e denaturandolo dallo scopo per quale è stato creato. Ma vige libertà di pensiero, grazie al Cielo. Mi piacerebbe sottolineare che il mio parere personale è bere il whisky quando si ha tempo da dedicargli, per consentire di esprimere al meglio nel tempo, così come esce dalla bottiglia. Una liaiso.


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