Paternoster Don Anselmo 1988- Soldera Brunello Case Basse 1993: 2-1

Pubblicato in: Curiosità, in Basilicata

Il Paternoster gioca in casa, custodito, assieme al Soldera del resto, nella intima cantina di Francesco Rizzuti. Quando ci siamo presentati al tavolo e il sommelier Feliciano Roselli ci ha proposto questa doppietta ci siamo predisposti allo stesso modo con cui nel 1982 accendemmo il televisore per vedere l’Italia (Paternoster) di Paolo Rossi e il Brasile (Soldera) di Socrates: speriamo di non prenderne tante.

Lo scontro è di quelli tosti, di quelli il cui finale era dato per scontato sino a qualche anno fa: sangiovese, campione del mondo per tutti gli anni ’90 grazie al lavoro di bravi viticoltori ma soprattutto grazie ad un marketing sinora ineguagliato in una regione che, più di tutte, ha saputo mantenere l’equilibro tra il paesaggio rurale e quello urbano. Aglianico, fuori dai riflettori, costretto ad allenarsi in campetti di periferia, quasi ignorato dal potere cartaceo di quel periodo.

Annate diverse, vini diversi, territori diversi. Ha senso compararli? Per gioco sì, e poi non succede in ogni tavola di appassionati?

Il Case Basse prende subito un palo con il colore: rubino con filo granato, non concentrato, si vede il fondo del bicchiere ed esprime finezza ed eleganza. Ma il Don Anselmo risponde con un altro palo: anche il suo colore è rubino, brillante, non concentrato, invita alla beva.

Il Case Basse resta stordito, perde subito palla olfattiva per un odore di ridotto che comprime la frutta di cui non è riuscito a liberarsi nonostante sia stato aperto da un paio d’ore. Così l’Aglianico in contropiede segna il suo primo gol: naso stupendo di ciliegia ben matura, allungo fumé, toni di sottobosco autunnale piacevolissimi. Pulito, perfetto.

Palla al centro, al palato il Case Basse entra molto bene, è sapido, pulito, si ritrova la frutta che il naso ha negato, corpo pieno e deciso, preciso ma non riesce a segnare perché la freschezza recita un ruolo a parte, un controcanto troppo marcato rispetto al resto del vino.
Così l’Aglianico segna di nuovo in contropiede grazie ad un palato sapido, salato, di corpo, lungo, con un rimbalzo dal centro bocca impressionante, sino alla chiusura lunga, persistente e pulita. Una beva che chiede di essere rinnovata, più vivace e pimpante del Case Basse. Finisce prima il suo bicchiere.

Gol della bandiera, quasi a chiusura della partita, per un ripresa olfattiva del Sangiovese.

Vittoria dunque, contro un mostro sacro:-)
L’ennesima testimonianza della grandezza di questo vitigno quando viene coltivato tra Irpinia,Taburno e Vulture. Ormai è acclarato che la durata della vita media di un Aglianico è più lunga di quella dell’uomo:-))

Abbiamo detto che il Paternoster giocava il casa. Vero, ma non tanto per il luogo, quanto per il cibo. Dopo il fischio di inizio dello Champagne, l’arbitro è stato una genialata di Frank nata a tavola: lo gnummariddo e il suo gelato. Si sa, con ‘sta roba l’Aglianico ha uno stacco in più. Alè.
Due grandi vini, bellissima serata. Grande cucina.

 


Sede a Barile, contrada Valle del Titolo
Tel. 0972.770224, fax 0972.770658
www.paternostervini.it
Bottiglie prodotte: 150.000
Ettari: 10 di proprietà e 10 in affitto
Vitigni: aglianico, fiano


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