Pizza napoletana: forni, farine e lieviti. Le dieci cose che abbiamo capito a Palazzo Caracciolo

Pubblicato in: Eventi da raccontare
Pizza Formamentis a Palazzo Caracciolo, il tavolo dei relatori

di Dora Sorrentino

Il futuro della pizza è ancora tutto da definire, ma lentamente si stanno facendo piccoli passi in avanti. Questo è quanto emerso durante la prima giornata della convention Pizza FormaMentis tenutosi a Palazzo Caracciolo, una fotografia generale sulla situazione attuale delle pizzerie. Serve parlarne, serve confrontarsi per decidere in quale direzione andrà la pizza napoletana del domani. Forno a legna, a gas o elettrico? Questo il punto cruciale che ha scatenato un lungo dibattito durante il convegno, dal quale abbiamo ricavato alcune nozioni fondamentali che dimostrano i piccoli progressi che negli anni hanno portato il mondo della pizza a modificarsi, a migliorarsi, ponendo attenzione alla tecnologia ma cercando di mantenere ben salda la tradizione.

  1. Nata nella metà del ’70o, fino al 1950, la pizza napoletana era un prodotto locale. Quando gli studiosi Ancel e Margaret Keys provarono la prima pizza a Napoli, capirono che si trattava di un alimento che rientrava appieno nei canoni della Dieta Mediterranea. Da quel momento in poi, la pizza si è globalizzata.
  2. La pizza non fa venire il tumore. L’esposizione agli IPA, ossia agli idrocarburi policiclici aromatici, è nettamente superiore in altri alimenti come l’olio di palma, il caffè, il pesce affumicato, lecozze. Bisogna essere attenti ad alcune pratiche, come quella di non bruciare la farina in eccesso nel forno ed imparare bene la manualità, che è quella che permette alla pizza di essere un prodotto straordinario.
  3. Bisogna diffondere nel mondo il modo corretto per realizzare una pizza napoletana. Una pizza napoletana realizzata a regola d’arte fuori Napoli può attirare un’attenzione positiva nei confronti di tutta la città, spesso e volentieri bersaglio di tanti attacchi dovuti alla cattiva informazione.
  4. L’abbinamento dei vini alla pizza serve a valorizzarla e la temperatura di servizio è fondamentale per creare armonia tra ciò che si mangia e ciò che si beve. Si auspica un aumento di pizzerie che propongano una carta dei vini adeguata al prodotto.
  5. I pizzaioli napoletani sono abituati ad utilizzare il forno a legna, perché così gli è stato insegnato. Ma, messi all’opera, sarebbero capaci di utilizzare anche quello a gas ed il forno elettrico. L’importante è realizzare un impasto adatto alla tipologia di cottura. Lo stesso impasto, cotto nei tre forni, non risulterebbe mai uguale.
  6. La digeribilità della pizza è dovuta ad una buona cottura. Naturalmente serve un buon impasto, che non ha di fatto la necessità di una lunghissima lievitazione.
  7. Bisogna valorizzare la figura del fornaio e creare corsi di formazione, a partire dagli istituti alberghieri, perché è un elemento fondamentale nella riuscita di una buona pizza. Il fornaio è colui che è in sintonia con il pizzaiolo, conosce l’impasto ma soprattutto conosce come le sue tasche il forno, come è costituito, sa regolare la temperatura in base al tipo di impasto che andrà a cuocere.
  8. Il lievito madre è solo una trovata commerciale quando si parla di pizza. Può andare bene per il pane, ma il lievito di birra è sicuramente uno starter altrettanto naturale. E in ogni caso sui grandi numeri è impossibile non usarlo.
  9. L’integrale è un’altra trovata commerciale, è difficile superare il dieci dodici per cento in un impasto e non ha alcun valore nutrizionale, ma solo l’effetto di irrobustire il gusto se ben dosato. Una fetta di ananas dopo una pizza è molto più efficace.
  10. Per promuovere l’apertura di pizzerie napoletane all’estero, se non si riesce a tramandare il proprio modo di lavorare, insegnatoci dai nostri predecessori, si potrebbe lavorare grazie alla formazione per fare in modo che anche in altri paesi sia possibile parlare di pizza napoletana. Se è così complicato realizzare un forno a legna per questioni logistiche, si deve improntare il lavoro di pizzeria anche con altri tipi di forni.

 

Il comune denominatore che mette d’accordo tutti è che la pizza napoletana non va difesa, deve piuttosto essere rinforzata la sua identità, affinché non venga più attaccata da chi tenta di toglierci questo vanto.


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