Ruché di Castagnole Monferrato Docg 2022 – Bersano

Pubblicato in: I vini da non perdere
Ruché di Castagnole Monferrato Docg 2022 Bersano

di Enrico Malgi

Il Ruché di Castagnole Monferrato è un raro e minimalista vitigno a bacca rossa piemontese a denominazione Docg dal 2010 coltivato in provincia di Asti soltanto in sette comuni, i qualipossono sfruttare complessivamente circa 160 ettari vitati in un areale in cui detta legge assoluta la Barbera.

Bene questa è la premessa, il fatto saliente è che in questi giorni mi sono trovato tra le mani il Ruché di Castagnole Monferrato
Docg 2022 dell’azienda Bersano di Nizza Monferrato che ho naturalmente assaggiato con molta curiosità, perché devo confessare che conoscevo poco questo vino. Vediamo allora quali impressioni ne ho tratto.

Vendemmia effettuata a metà ottobre. Maturazione soltanto in acciaio per due mesi. Tasso alcolico di quattordici gradi. Prezzo finale intorno ai 10,00 euro.

Alla vista si appalesa un colore rosso rubino scintillante giovane e riflesso di trasparenti lampi purpurei. Bouquet decisamente accattivante, che si apre al naso come un fiore in sboccio per espandere i suoi pluralistici profumi. Di primo acchito risaltano gradevoli fragranze di drupe a bacca rossa della pianta e del sottobosco, seguite da sensitivi aromi floreali dello stesso colore, da credenziali vegetali e da parziali umori speziati. In bocca esordisce un sorso dotato di una discreta acidità di base, aromatico, beverino, succoso, agile, sottile, vellutato, avvolgente, morbido, sapido, asciutto, gentile, arrotondato, equilibrato, armonico, elegante nel suo incedere e con un dolce tannino.
Contatto tattile suadente, delicato, sincero, floreale e seducente. Può durare integro ancora per quattro-cinque anni. Scatto finale appagante. Abbinamento molto versatile, che può spaziare da un tagliere di salumi piemontesi, alla carne bianca, a portate di pesce e fino alla classica bagna cauda.

In un privilegiato territorio vitivinicolo così vocato come il Piemonte, famoso soprattutto per le specie varietali a bacca rossa come il Nebbiolo, la Barbera, il Dolcetto, il Grignolino e la Freisa, questo Ruché non sfigura affatto, potendo contare su ottime potenzialità.
So per certo che quando il Ruché viene affinato in legno il vino se ne avvantaggia sicuramente, riuscendo anche a durare molto nel tempo.

 

Azienda Bersano

Piazza Dante, 21 – Nizza Monferrato (At)

Tel. 0141 72211

 

Scheda del 15 luglio 2021

di Raffaele Mosca

35 chilometri da Alba, 76 da Torino, ma sembra di stare parecchio più a Sud. Sarà per i campi di grano che tingono di giallo il paesaggio quasi geometrico, o per gli ulivi che spuntano tra i vigneti a fondovalle. Di certo gioca un ruolo il sole intenso, rovente, di questa giornata di fine giugno: lo stesso che viene catturato da vini che, rispetto a quelli della Langa e di altre zone del Monferrato, sono meno perfettini, ma più avvenenti, più carnosi.

Sta di fatto che Grana, comune di 587 anime nell’astigiano, ha il fascino rurale e sincero dei luoghi remoti, poco battuti, e, in questo senso, assomiglia molto ai due vitigni che crescono nei dolci declivi circostanti: il Grignolino e il Ruchè, figli di un “bacco minore” che stanno pian piano riacquistando la dignità che meritano. Non che da uve generalmente considerate rustiche, in un zona “periferica”, non si possa dar vita a qualcosa di estremamente raffinato: l’ azienda che visito dà filo da torcere alla maggioranza delle grandi cantine di Langa sotto il profilo del design e della tecnologia. A una villa toscana l’ha comparata chi mi ha dato la dritta, e il paragone non sembra poi così astruso.

Prediomagno è una realtà giovanissima, nata a Grana dal progetto ambizioso di Emanuela Novello e suo marito Giovanni, imprenditori milanesi che hanno abbandonato la città per trasferirsi nelle terre di Cesare Pavese, scrittore del quale la prima è sempre stata una grande fan. La tenuta è stata rilevata nel 2016 e consiste in una cascina ottocentesca circondata da circa 3 ettari e mezzo di vigna, ai quali si aggiungono altri 19 ettari sparsi nel sistema di dolci colline che da Grana arriva al castello di Montemagno.

Il progetto di recupero ha avuto inizio nel 2017 ed è tra i più importanti realizzati in zona negli ultimi anni: il casale, che versava in stato di abbandono, è stato trasformato in una struttura avveniristica, curata dei minimi dettagli, dotata di una sala degustazione che ricorda un ristorante stellato scandinavo (con vista a 360 gradi sul circondario) e di una cantina all’avanguardia gestita attraverso un complesso sistema di controllo da remoto, che sembra quasi in contrasto con la cruda ruralità del sottostante Infernot, tradizionale grotta-cantina monferrina, anche questa perfettamente ristrutturata ed utilizzata per l’affinamento dei vini.

Il lavoro in cantina è seguito da Riccardo Cotarella, che affianca l’enologo aziendale dal 2018. La gamma si articola in dieci etichette, di cui solo una affinata in legno. “ Cerchiamo non fare il passo più lungo della gamba – spiega Emanuela – le vigne sono giovani e, affinando tutti i vini tranne la Barbera d’Asti Superiore in acciaio, riusciamo a mantenere integra la freschezza, il frutto, soprattutto per quanto riguarda il Ruchè, dal quale produciamo un rosso, un rosè ed uno spumante brut”. Gli altri vini sono il Grignolino, che è il vitigno più diffuso a Grana, l’immancabile Barbera in due declinazioni (acciaio e barrique) e lo Chardonnay. A questi si aggiungono due oli extravergine di oliva dalle varietà Leccino, Frantoio e Cima di Mola. “ Ho scelto la Cima di Mola, varietà pugliese, perché è l’olio che consumo da sempre – illustra Giovanni – e poi perché resiste al freddo. E’ pur vero che siamo in una zona con un clima abbastanza mite, ma le gelate sono piuttosto frequenti.”

Sull’etichetta è rappresentato un falconide e, a breve, ogni etichetta prenderà il nome di una diversa specie di rapace. “ Vediamo spesso i falconidi che volano sui vigneti e arrivano quasi a sfiorarli – spiega Emanuela – Il loro volo è inconfondibile.. e ci incanta!” A pensarci bene, quella del rapace è una bella metafora per descrivere questi vini, che sono sobri, lineari, certamente solari, ma sempre composti. Tirano dritti e centrano l’obiettivo, precisi ma non freddi, riconoscibili e allo stesso tempo dotati di quel pizzico di eleganza in più che fa la differenza.

 

La degustazione

Ruchè Metodo Martinotti Brut Rosè

Colore chiarissimo, tra il buccia di cipolla e il rosa pastello, che preannuncia profumi delicati di fragolina e pesca gialla, caramella al limone, qualche spunto erbaceo. Il sorso è tutto incentrato sul frutto ricco e goloso del Ruchè, con un discreto piglio acido a supporto e un’effervescenza appena rustica, ma rinfrescante.

Ruchè rosato Neonà 2020

Veste sempre chiara e profumi freschi, spensierati di pompelmo e melone estivo, ginger ale e rosa canina. Gusto semplice, disimpegnato, morbido e citrino sul fondo, di stampo provenzale, ma con il ritorno speziato del Ruchè a dare un pelino di carattere in più.

 

Barbera del Monferrato Robiross 2018

Evoca il clima soleggiato della zona con il suo profilo affumicato e scuro di prugna e mora di rovo. E’ una Barbera semplice, senza fronzoli: piena al punto giusto, abbastanza alcolica, sostenuta da un’acidità discreta e di nuovo fumè nel finale di media persistenza.

 

Grignolino d’Asti 2019

Nella mia esperienza, il Grignolino è un polimorfo: il nome onomatopeico allude a un tannino che sega le gengive, ma non viene sempre così ruspante, anzi può raggiungere picchi di raffinatezza inaspettati. In questo caso i profumi sono quelli di un Pinot Noir semplice e giovane: ciliegia ferrovia e mirtillo rosso, rosa e peonia, una traccia balsamica. Il tannino è sorprendentemente morbido e ben integrato; il frutto succoso rimpolpa una progressione dritta e dinamica, di nuovo floreale nel finale garbato, suadente. Aggraziato e  molto beverino.

 

Ruchè di Castagnole Monferrato 2018

E’ il vino del debutto e spiazza con un profilo un po’ atipico: toni selvatici e boschivi in sovrimpressione, idee di prugna e pomodoro secco e solo dopo il tratto speziato tipico del vitigno. E’ morbido e appena ossidativo, di nuovo selvatico e caldo di visciola e confettura di lamponi in chiusura. Piuttosto bizzarro, ma ha il suo perché.

 

Ruchè di Castagnole Monferrato 2019

Decisamente più classico e meno autunnale: chiodo di garofano e cumino, fragole e violette, un’idea vegetale e un tocco fumè. Sorso soave e croccante, carico di frutto rosso e speziato nei rimandi, con un finale non lunghissimo, ma vispo e stimolante, piccante e sfizioso. Si cominciano a notare gli attributi del vitigno, che, in queste versioni “scorrevoli”, diventa il compagno perfetto per pane e salame.

 

Ruchè di Castagnole Monferrato 2020

Spillato dalla vasca e servito quasi freddo, esibisce una veste rosso shocking e profumi immediati, diretti di rosa canina e arancia sanguinella, fragola candonga, origano, mirto, coriandolo a profusione: insomma, l’ABC del Ruchè! … E’ freschissimo, incalzante, con un tannino impalpabile, l’acidità che spinge e un turbino di rimandi pepati che vivacizzano un finale quintessenziale. Finalmente, in quest’annata, emerge il Ruchè in tutta la sua esuberanza, ma il meglio deve ancora venire…

 


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