Presadiretta e la Fabbrica del Vino: per fortuna non è stata la replica di Report sulla pizza

Pubblicato in: Polemiche e punti di vista
Presadiretta, Riccardo Iacona

La Fabbrica del Vino su Presadiretta?
Ok, Raffaella Pusceddu non è Bernardo Iovene o Stefano Maria Bianco e, soprattutto Massimiliano Montes (medico ed esperto) non è Pagano Vincenzo (l’assaggiatore autocertificato amico di Iovene), ma il timore che la Fabbrica del Vino fosse la replica di Report sulla pizza e sul vino o di Servizio Pubblico sulla mozzarella c’era.
La stampa specializzata guarda sempre con fastidio a queste incursioni della generalista ed è per questo che quando ci sono casi, in un qualsiasi settore, il pezzo principale viene assegnato ad un cronista. Esemplare come i media tradizionali hanno affrontato lo scandalo delle auto truccate dello scorso anno.
In effetti  il rischio cazzata è sempre dietro l’angolo, però in questa puntata la Pusceddu ha detto molte banalità ma nessuna imprecisione. Banalità poi per gli addetti ai lavori ma non per il grande pubblico al quale la comunicazione del vino non riesce ad arrivare perché succube di cenacoli esclusivisti autoconsegnatisi nelle cripte.

Presadiretta sulla Fabbrica del Vino invece ha fatto un po’ di generalizzazioni (avvicinare lo scandalo di Montalcino, peraltro vecchio, al kit del vino significa solo cercare l’effetto) ma alla fine, sì, secondo me ha centrato la questione di fondo che riguarda il vino e tutte le produzioni agroalimentari di successo in Italia. Ossia la spinta alla superproduzione quantitativa piuttosto che all’apprezzamento del valore della singola bottiglia.

E’ un po’ l’eterno scontro italiano fra industria e artigianato, in cui alla fine ciascuno dei due modi di essere ha bisogno dell’altro ma che non riescono da noi a convivere perché vogliono imporre il proprio modo di vedere la cosa anche all’altro arrivando alle crociate etiche, tipiche di un Paese che mantiene forte il sottofondo cattocomunista anche se di cattolici e ancora meno di comunisti, ne sono rimasti pochi.

In fondo è la immaturità commerciale che crea confusioni tra docg, doc  e igt mentre in Francia la gerarchia, anche a livello di prezzi, è abbastanza chiara (come del resto fra i tre stellati e il resto), la stessa immaturità che vuole mettere merlot nel sangiovese e la stessa immaturità che porterà prima o poi alla docg Italia Prosecco di Valdobbiadene visto che questo prodotto si sta spandendo a macchia d’olio.

In poche parole è come se fossimo attraversati da uno stabile senso di precarietà che tende a sfruttare il momento invece di costruire imprese in grado di superare sia i momenti espansivi che quelli di crisi.

Questo tema riguarda tutto, ad esempio la mozzarella che nonostante veda il comparto crescere a ritmi asiatici negli ultimi anni mentre quasi tutti gli altri consorzi sono in difficoltà.

Io non penso che grande sia cattivo e piccolo sia buono. L’esempio della pasta è chiaro: abbiamo il migliore livello al mondo sui grandi numeri e la migliore eccellenza al mondo di artigianato.

Presadiretta sulla Fabbrica del Vino invece ci fa riflettere proprio su questo: che per vendere di più molte grandi aziende (anche però tante medie e piccole)  usano prodotti legali ma le cui conseguenze sull’ambiente e sulla salute non sono positive.

E’ bello vedere il Prosecco sbancare, ma è proprio necessario arrivare a un miliardo di bottiglie? E qual è il prezzo che si paga per questo obiettivo? Quando si spinge solo sul contenimento dei costi il risultato è evidente: ad una crescita repentina segue il calo, non  a caso in Australia, ossia il modello del vino omologato a prezzi bassissimi che ha tanto colpito sul mercato americano, ora le viti si spiantano.

Però, su una cosa dobbiamo chiarirci bene: quello che fa più male di tutto nel vino è la sua stessa ragion d’essere, ossia l’alcol. Ecco perché a me tante discussioni sui solfiti e dintorni fanno un po’ sorridere. Il nocciolo del vino è che non è salutare ma fa bene perché è buono. E da sempre, per resistere in questa valle di lacrime, ci ha aiutato a stare meglio.
E far star bene l’animo è molto più importante di far star bene il corpo, anche se in questa epoca di estetica senza etica, di questi muscoli esibiti senza progetto, è difficile da capire.

 


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