Ristoranti e Pizzerie: ma perché dobbiamo essere serviti cosi male?

Pubblicato in: Polemiche e punti di vista
Cattivo servizio ristorante

di Marco Lungo

Amici, stiamo sempre a parlare di prodotti, di piatti, di creazioni, di vini, di pizza… e non parliamo mai di come poi siamo serviti a tavola, di come queste cose ci vengono portate e presentate. E da chi, aggiungo. Sì, perché questa riflessione mi è nata qualche settimana fa, cominciando a vedere le prime ascelle commosse di un paio di camerieri e ricordandomi di ciò che mi aveva detto una mia amica tempo fa che, andando nel locale di un amico, era stata servita da una super tatuata piercingata decisamente volgare, che già in tempi invernali lasciava una certa scia cipollosa, quindi pensate adesso in canottiera che deve essere, Chernobyl.

Che senso ha produrre oro in cucina o al forno, se poi viene servito a tavola come ottone?

Che senso ha, da parte di uno chef ed oggi anche di un pizzaiolo, cercare materie prime di qualità, abbinarle, valorizzarle, se poi nessuno comunica questo al cliente?

Vedete, la mia formazione è aziendale, di management, e questo mi porta a vedere qualsiasi attività come strutturata in tre parti, indipendentemente da quello che è il prodotto finale, e cioè Produzione, Amministrazione e Vendita. Ora, nella ristorazione abbiamo tutti chiara quale è la Produzione, dove opera il pizzaiolo o lo chef o il pasticcere. L’Amministrazione, possiamo figurarla con la cassa, con i faldoni dei rapporti con il commercialista, la gestione degli Ordini e dei Fornitori, nonché la tangente dovuta al Socio Occulto Istituzionale. E la Vendita? Ovvio, la vendita nella ristorazione è la sala! Sono i camerieri ed il personale tutto che lavora a contatto con il cliente, che è quello che deve non solo valorizzare ciò che esce dalla Produzione ma anche vendere di più, qualcos’altro che la Produzione desidera o è necessario che sia venduto, nel nostro caso dal piatto del giorno a qualche specialità che si voglia sia lanciata.

In questo, è certamente importante anche il Supporto alla Vendita che qualsiasi Commerciale porta con sé dal cliente e che gli viene fornito dalla Casa, cioè la Brochure che, nella ristorazione, è il Menù. Di questo ne parliamo dopo perché merita un capitolo a parte, credetemi, perché anche qui quello che si vede in giro è spesso ridicolo, se non imbarazzante.

Personalmente, come sono certo sia esperienza di tanti, difficilmente ho incontrato dei camerieri veri, di quelli che si ricordano per i modi o anche solo per la loro abilità di farci mangiare quello che volevano loro.

Per il resto, c’è una massa grigia informe, in cui distinguo le categorie del Prendicomande e l’Amicodanavita.

Prendicomande: la categoria numericamente più importante. Ti lasciano il menù, tornano dopo un po’ e ti chiedono solo: “Allora, che prendete?”, senza dire altro. Cosa li tiene a fare in sala un titolare, non l’ho ancora capito. Sostituirli con un tablet o con una app che si scarica direttamente appena entri nel locale, ti fa vedere il menù e ti scegli quello che ti pare, dovrebbe essere più facile ed economico, anzi, a questo punto farebbe pure immagine. Ci metti un “runner”, cioè uno o una che deve solo portare i piatti dalla cucina a tavola e sparecchiare poi, e ci risparmia anche.

Il Prendicomande è una tipologia di personale di sala molto diffuso, non sa fare altro o non vuole fare altro o il titolare non gli fa fare altro, in ogni caso il suo valore aggiunto nella costruzione della redditività di un posto è zero se non addirittura negativa. Sì, amici, andate a vedere su TripAdvisor o su altri siti di critica libera, quanti posti sono penalizzati dal servizio, fatevi una piccola indagine e rendetevi anche voi conto del fenomeno. Oppure, senza andare troppo in giro, pensate alla vostra esperienza e vedrete se non troverete anche voi di che darmi ragione.

Il mio pensiero al proposito delle origini del problema parte, per dire quella che considero la principale spinta mancante, dal fatto che da noi non esiste il modello anglosassone o estero in genere per il servizio, cioè che il cameriere guadagna con il tips, la mancia, non con il fisso che gli dà il locale. Quello è certo che fa la differenza e che si nota quando qualche attività si avvale di camerieri provenienti da esperienze estere di questo tipo.

Questo poi è all’origine di un altro problema. Quando al Prendicomande rode il culo, si vede, lo fa vedere.

Se il titolare glielo fa notare, se ne esce in media con un classico “ma che, uno non può avere una giornata storta?”. No che non puoi avere una giornata storta!!! Lavori al pubblico, sei a contatto con persone che magari stanno incazzate pure loro, oppure tu le devi convincere a spendere di più o foss’anche che le devi far sentire a loro agio, farle stare bene, e tu? Ti presenti con un muso incifrignito che levati?? Vedi se ti dovevi guadagnare la giornata come ridevi, no che stai sicuro che ti pagano e non te ne frega niente di farti vedere “incazzato”.

In questo, c’è da dire che non è che ci siano scuole da frequentare (a parte l’alberghiero) per chi vuole  andare in sala. Da sempre è un lavoro di ripiego per chi non sa fare altro o per studenti o per giovani che ancora non trovano lavoro. Non è, quindi, un lavoro percepito come importante o, addirittura, come una professione vera e propria. E’ sminuita tanto, troppo, eppure non è così che deve essere. Adesso che c’è una maggiore diffusione della cultura enogastronomica, infatti, si può notare che i grandi Chef hanno un grande Maître in sala e che è considerato un elemento importante per il loro successo. Perciò, è chiaro che un locale, un qualsiasi locale a qualsiasi livello, deve avere un servizio adeguato al posto e deve essere “servizio”, non “sevizio”.

“Sevizio”, sì, perché è certo che molti di voi si siano incazzati in passato al ristorante per come sono stati trattati, in Italia non si scappa. Il vecchio piatto servito con il dito dentro è un peccato veniale del servizio odierno, oggi succede di tutto, di cui l’essere ignorati per mezze ore è un classico. Vedi questi camerieri che girano fissi con la faccia rivolta verso il basso, manco per terra ci fosse una retrospettiva erotica, fissi, sempre. E’ il trucco che si usa per non vedere te che alzi il braccio, e così il tuo “Scusi?” deve diventare sempre più alto di tono per farsi sentire, fino a che, nei casi più estremi, ti alzi e ne blocchi uno. No, non è il caso più estremo, quello è il rimanere abbandonati in una sala e non viene nessuno per decine di minuti, a volte neanche a portare da bere. E tu aspetti. Sapete che ho fatto una volta? Stavo in un ristorante a Fregene, vicino Roma. Situazione di abbandono classico, angolo in fondo al ristorante, mediamente pieno, e niente da fare. Ricordo bene, 40 minuti abbandonati. Era poco tempo che esistevano i cellulari, così ho preso ed ho telefonato al ristorante, dicendo che ero quello del tavolo xx e che mi mandassero un cameriere, perché volevamo tornare in spiaggia prima che facesse notte. Provateci, nel caso vi troviate anche voi in questa situazione, è divertente e funziona benissimo.

Come dicevo, non ci sono solo i Prendicomande, assolutamente no. Ci sono anche gli “Amicidanavita”, quelli che arrivi, ti danno subito del tu, magari ti toccano anche con pacche e che ti fanno accomodare sempre nel tavolo più bello che hanno, anche se è l’ultimo rimasto. Gli Amicidanavita sono quelli magari con cui riesci a mangiare in tempi normali e sono da preferire ai Prendicomande, riescono anche ad elencare i Piatti del Giorno e, se sono particolarmente esperti, qualcosa che non è in lista te la vendono. Il loro problema è solo l’eccessiva invadenza. Raccontano spesso subito tanto di sé, di dove lavoravano o ti chiedono dove abiti e se gli rispondi è quasi certo che loro conoscono qualcuno, se non ci hanno abitato proprio, ti chiedono che lavoro fai (ed il mio spacciarmi per impresario di onoranze funebri, in questi casi, è sempre stato un godimento sottile e liberatorio), insomma, entrano nel tuo intimo dopo pochi minuti.

Vediamo come la cosa sia più importante di quanto sembri, in termini di fastidio percepito. Noi siamo comunque degli animali, la nostra origine è tale e anche se ci siamo vestiti o abbiamo la posizione eretta, i nostri comportamenti sono sostanzialmente tali in certe situazioni, ed il mangiare è una di queste. Ci sono quindi delle cose che non vanno fatte e non vi dico quante volte le ho urlate a chi mi seguiva per quegli aspetti. La prima cosa che adesso che ve la dico la noterete poi tutti, è che il cameriere non deve avvicinarsi a più di un tot centimetri al tavolo e mai metterci le mani sopra per appoggiarcisi. Il tavolo, infatti, è il preludio alla ciotola, al nostro pasto, ci sediamo e diventa di nostra proprietà e di chi abbiamo accettato che si sieda con noi. Il cameriere è un estraneo, deve rimanere fuori e non invadere quello spazio, quell’area vitale. Poi, notate, sui primi piatti che arrivano, assumiamo più o meno tutti in funzione della fame un atteggiamento di copertura dello stesso, lo proteggiamo, l’animale che è in noi difende la ciotola, perciò mai avvicinarsi o parlare mentre un cliente mangia le prime cose ed ha quella postura a tavola, è un fastidio occulto che tutti proviamo. Fino a che il cliente non ha saziato la sua fame importante, non assume una posizione rilassata, con le spalle aperte all’indietro e diventa disponibile. Alcune di queste cose sono comunque codificate dalla scienza, su tutte consiglio lo studio della Prossemica, ad esempio, in cui riscontrerete molte cose inerenti il nostro rapporto spaziale con gli altri e magari razionalizzerete i fastidi che non capite, a volte, che cosa sono. Mi fermo qui con l’approccio scientifico al Servizio, già mi tocca ancora discutere per la stessa cosa negli impasti, mi ci manca pure questo…

Potrei ovviamente andare avanti ancora per un bel po’ con difetti ed errori, tipo il cameriere che pretende che uno serva il resto del tavolo quando ci può benissimo arrivare lui, facendoti passare piatti e bottiglie o, peggio, farti radunare i piatti sporchi per darglieli (e in entrambi i casi, mi è ritornata in mente la cameriera tatuata con le ascelle commosse, vi immaginate che afrore di cipolla d’estate? Lei è meglio che non si sporga, glieli passo io i piatti…), non vi portano il conto, vi sbagliano la comanda, vi dicono “Questo c’abbiamo, eh?”, ed altri errori minori.

In questo, come accennato prima, gioca anche una parte importante il Supporto alla Vendita primario in un ristorante: Il Menù. Tranne rari casi, amici, che vi siete trovati tra le mani? Tantissimi menù plastificati (e lasciamo perdere come diventano con l’uso… slabbrati, opachi, illeggibili…), menù ad elenco, menù con caratteri a volte così piccoli che chi li ha fatti fare li ha fatti così per risparmiare sul numero di pagine ma poi non li legge neanche una formica con gli occhiali, menù a cui mancano pagine, menù sporchi o semplicemente molto poveri. Ora, Titolare, come pensi mai che, da un menù del genere, il cliente percepisca un quale che sia valore e, di conseguenza, sia invogliato a darti gli euro che ha in tasca? Ma tu, spenderesti qualcosa che leggi su un dramma del genere? Ecco. Già fare un menù elegante, pulito, non plastificato povero, leggibile, aiuta il cameriere e predispone all’acquisto. Poi, se magari si seguono certe norme, il menù funziona ancora di più, tipo fargli fare il menù ed evitare pagine di autocelebrazione del posto e dello chef e dei prodotti che si usano. Il menù fa il menù, la presentazione del locale fa la presentazione del locale ed è un bel libretto a parte, magari da portare via, già presente sul tavolo, che aiuta nell’attesa e non distrae dalle scelte che invece il cliente opera sul menù. Questa per dirne una.

Fermiamoci qui, il discorso sul menù è molto più complesso, ci vorrebbe un articolo a parte solo per spiegare come si fa e quelle che sono le moderne tecniche di marketing applicate ad esso, ovvero ciò che oggi è chiamata “ingegnerizzazione del menù”, offerta da società specializzate in questo.

Torniamo al Personale di Sala, alla Vendita. Ora, ci sono dei camerieri bravi di natura, è una dote, è un dono e lo nomino come tale perché insisto sul fatto che quella del cameriere deve essere una professione e non un ripiego, deve essere percepita da tutti come tale, rispettata e valorizzata perché completa come è necessario che sia qualsiasi attività di ristorazione ed è un motivo di successo di uno chef che voglia crescere e farsi notare, nonché un valido aiuto per il Cliente a comprendere il locale e la sua offerta di ristorazione.

A questo punto, come dovrebbe essere un cameriere ideale?

L’educazione ed il rispetto su tutto, partendo dal rispetto per sé stesso che si traduce in igiene personale e pulizia, come prima cosa. Sì, perché anche se uno lavora da Giggi Er Caccolaro dove non gli danno la divisa, presentarsi puliti è sempre importante. Se il posto è sporco, chi ha rispetto di sé ha sempre una maglietta pulita, se la lava a casa, anche pochi euro di maglietta ma pulita, fanno sempre più scena di una divisa impataccata e sgualcita. Poi, un argomento che oggi è diventato importante da considerare nei locali, con ancora una generazione adulta o anziana che popola i locali e che generalmente non li gradisce: i tatuaggi.

Prima regola: se un posto ha normalmente clienti che non sono tatuati, non apprezzano quasi sicuramente i tatuaggi, quindi non si devono avere in vista. Semplice. In questo, però, c’è una regola generale più importante, cioè che il cameriere deve essere una persona che il cliente accetta al contatto, e ricordate quello che ho scritto prima sull’animale a tavola. Per questo, è fondamentale che la persona a servizio sia in tutto e per tutto gradevole ed apprezzabile dalla clientela tipica del locale, questo prima ancora che apra bocca. Infatti, se è persona sgradevole di modi e/o di presentabilità, può saper recitare anche la Divina Commedia a memoria ma è molto probabile che non arrivi a farlo perché già definito dal cliente per come si presenta. Purtroppo, siamo anche nella società dell’apparire, soprattutto d’impatto, e non è una cosa che possiamo cambiare adesso, quindi nel lavoro al pubblico ci si deve adeguare.

Poi, un minimo di attenzione nel parlare, di educazione anche in quello, ha un peso importante. Via il dialetto, per quanto possibile, anche se il sentire la provenienza nell’accento è importante ed è anche quella un rispetto, il rispetto per le proprie radici, per la propria terra, che non si deve mai dimenticare.

Però, ecco, il parlare sguaiato, ad alta voce, in maniera incomprensibile, proprio no. No. E’ una cosa che il cameriere che vuole intraprendere la professione seriamente deve levarsi come difetto il prima possibile.

Il farsi vedere seduto, il sedersi al tavolo di un cliente, anche se amico, il farsi vedere fuori a fumare, il fare gruppetto con il resto del personale…. Inutile descrivere tutte queste cose analiticamente, perché in queste mancanze la parola chiave è sempre una: il rispetto. Rispetto del cliente che può avere bisogno del cameriere, rispetto del titolare che paga lo stipendio, rispetto del posto di lavoro ed anche rispetto per il proprio lavoro. Che poi, ecco, perché i camerieri non capiscono una cosa, semplice, lapalissiana? E’ il cliente che entra che ha in tasca gli eurini con cui verrà pagato dal titolare a fine settimana, ce l’ha il cliente e non ce l’ha nessun altro. Non ci sono titolari con il Pozzo di San Patrizio sotto la cassa, i soldi con cui si viene pagati ce li ha solo chi entra nel locale. Perché non capire questo e fare in modo che il cliente ce li dia più volentieri e magari di più di quanto aveva preventivato, perché siamo stati bravi a vendere qualcosa? Non è difficile da capire, però raramente questo si vede accadere. Crogiolarsi sul fatto che si stia facendo il cameriere perché stiamo studiando o non ci è andato di studiare, oppure che magari un giorno (peggio) ci metteremo in proprio e, quindi, prendere il lavoro in sala così, come ci va di farlo al minimo delle nostre capacità, è una delle peggiori stupidaggini che si possa fare. Ogni lavoro, qualunque esso sia, va fatto al meglio sempre e comunque, perché siamo noi che andiamo a farlo, non ci mandiamo un altro. E a noi dobbiamo rispetto, no? E che rispetto è, fare male e svogliati 8 ore della nostra giornata? Sono anche occasioni perse, perse, perse, perché dietro ad ogni cliente si nasconde un qualcosa da imparare o un occasione per essere notati. E, vi dico, è anche un lavoro divertente, se preso come sfida. Sì, sfida. Vi dico la minima che si arriva a fare, quando si è capito qualcosa: “Scommetti che a quello gli vendo le melanzane alla parmigiana dopo il primo?”. E di queste sfide se ne trovano tante, volendo. Costruttive e redditizie.

I clienti hanno in tasca i soldi con cui viene pagato tutto il personale di un locale.

Chi sta in sala, è quello che può fargliene spendere più di quanto previsto.

Chi sta in sala, può farlo stare bene affinché il cliente ritorni e dia garanzia di incassi.

Far spendere soldi, in questo periodo di crisi, è bravura pura.

Con un po’ di applicazione, ci si riesce ma senza il rispetto, no, in nessun caso.

Serviteci bene a tavola.

Ne guadagneremo tutti.


Dai un'occhiata anche a:

Exit mobile version