di Marina Alaimo
Arriviamo nel cuore del quartiere Prati sotto una fitta pioggia tra il frenetico via vai di magistrati ed avvocati in tiro. Il ristorante di Arcangelo Dandini è infatti a pochi passi dalla sede della Corte Suprema di Cassazione in piazza Cavour, meglio nota tra i romani come Palazzaccio. Entrando veniamo subito coinvolti in una degustazione di vini dei colli senesi in maniera informale da un noto giornalista del settore.
Il ristorante di Arcangelo è spesso luogo di grandi incontri essendo il padrone di casa ospite impeccabile e raffinato comunicatore della sua arte. Informale e attento allo stesso tempo, intrattenitore simpatico e sagace, con la battuta sempre pronta come spesso i romani sanno fare. Lungi dal credere che possa essere un sempliciotto. E’ un uomo di cultura, con un forte senso per l’estetica e grande conoscitore della buona musica. Quella che soavemente ci accoglie e ci accompagna con estrema piacevolezza per tutto il tempo trascorso all’Arcangelo. L’atmosfera è intima ed avvolgente, rassicurante nel riuscito tentativo di disegnare i tratti di un locale un po’ bistrot e un po’osteria, avvolto in un’aria raffinatamente retrò.
I piatti in menù scandiscono con leggerezza un vecchio refrain ritmato da ricordi di famiglia, tinti dei sapori e colori della campagna romana. Nella tecnica di esecuzione puntano alla leggerezza e confermano ad ogni pietanza la volontà di giocare con le contrapposizioni di sapori e consistenze.
Arcangelo ci porge il benvenuto a voce servendo la passata di zucca mantovana con pane tostato, caramello al cumino e polvere di caffè: delicata e gustosa, stuzzicante nel gioco dei toni dolci e amari.
L’antipasto è condito dai ricordi d’infanzia: Viaggio a Rocca Priora con l’insalata di erbette amare della campagna romana dove spuntano deliziosamente piccoli bocconcini di pan giallo, appena dolce.
E poi le fette biscottate, compagne dell’ora della merenda da bambino anche se non accompagnate da fegato di coniglio con burro e salvia, come genialmente sono proposte, poi l’uovo sodo con acciuga sotto sale e la crema fritta con la mescola di pecorino ed ancora il supplì di riso. Difficile la scelta del primo, il menù decanta una serie di paste tipiche della cucina romanesca e qualche ottima minestra: spaghettoni all’amatriciana con pomodorino del piennolo, rigatoni alla carbonara, pennoni pepe bianco pecorino e olio alle erbe, tagliatelle di Campofilone con ragout di rigaglie di pollo, minestra di pasta e patate e saraghe, minestra di legumi dell’alto viterbese. Il dito si sofferma decisamente sui pennoni cacio e pepe dove la cottura della pasta è impeccabile e il gusto più che soddisfatto.
Il secondo è un continuo e stuzzicante saliscendi di sapori dolci e amari: quaglie con broccoletti alla vaniglia, marròn glacé, pane e olive e frutta candita.
Il dessert chiude il pasto in maniera raffinata e divertente: cioccolato bianco liquido, capperi, zenzero e olio extravergine d’oliva.
Arcangelo e sua moglie Stefania non lasciano mai soli gli ospiti in sala e si soffermano piacevolmente ai tavoli conversando e cadenzando con precisione i tempi del servizio. E i clienti tornano con convinzione tanto da spingere i padroni di casa ad immaginare nuovi progetti, magari appena oltre le mura imponenti della Caput Mundi, in un casolare di campagna con il proprio orto, il forno a legna, il camino e tanta buona musica.
Ristorante L’Arcangelo
Via Giuseppe Gioacchino Belli, 59-61
Tel. 06.3210992
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