Salerno, trattoria Il Capotavola di Alfonso Borrelli: il dopo teatro da mangiare

Piazza Matteo Luciani, 26
Tel. 089 3180106
Sempre aperto
Sui 30 euro
info@ristoranteilcapotavola.com

Nel mio backstage psicologico non c’è alcun dramma, ma solo una infanzia molto felice e tranquilla. Nelle famiglie italiane c’era l’ottimismo tipico degli anni ’60, mese dopo mese, anno dopo anno, avevi la sensazione palpabile del miglioramento della condizione materiale: l’auto, l’arrivo della televisione, il telefono, gli elettrodomestici. Gli anni del baby boom insomma.
A questa percezione di benessere devo aggiungere uno spazio enorme a disposizione: la villa comunale a Salerno vicino il Teatro Verdi, la spiaggia di Santa Teresa, il porto, allora molto piccolo, la collina dove si andava per sciuscelle.

 

 

E poi il centro storico, il Duomo

Tutto sotto mano, dai cinque ai dodici anni. Le figurine Panini, scava scavarrè, un ‘mbond ‘a l’uno, le partite, le guerre tra bande, il primo gelato offerto a una ragazza (al limone, 20 lire), l’idea di essere parte di un gruppo che per conquistare gli spazi doveva essere organizzato con ruoli precisi assegnati a ciascuno a seconda delle sue predisposizioni per avvertire dell’arrivo dei vigili o di altre bande. Anche il primo morto, un clochard sulla panchina, e il primo scontro vero, alle soglie dell’adoloscenza, il 1° maggio 1970 tra il gruppo Servire il Popolo diretto da Michele Santoro e il servizio d’ordine del Pci la cui dirigenza già allora impegnata a combattere a sinistra per accordarsi a destra. La favola finiva e iniziava la vita.
Una cosa a metà tra I Ragazzi della Via Pal e Il Libro Cuore, libri che sembravano raccontare il nostro presente.

Tutto in un chilometro, metro più metro meno. Che non è affatto scomparso, anzi: oggi grazie alla buona amministrazione degli ultimi vent’anni è ancora più bello, la villa è diventata un’orto botanico, il Teatro restaurato, il centro storico ripreso e pedonalizzato da dieci anni.
Questa premessa per dire che c’erano tutte le pre-condizioni spirituali  giuste quando sono arrivato al Capotavola di Antonio Borrelli, aperto nel 2008. Purtroppo non mi capita spesso di tornare in questi posti che ancora tanto mi piacciono e mi rilassano.

Sono convinto che Salerno, come tutte le città di provincia, fino a che non avrà vinto la scommessa del turismo non potrà mai avere un vero ristorante gourmet. Non sono mancati i tentativi, ma la platea è troppo ristretta, soprattutto di questi tempi.
Meglio, allora, onesti posti di cucina tradizionale con buona materia prima. Basta questo per emergere dalla poltiglia di precotti e altro ancora.
Ecco, per questo segnalo questo locale. Cucina semplice, passione per i prodotti di territorio ma anche nazionali e internazionali, qualche  ingenuità sulla carta dei vini (bastano un buon aglianico e qualche bianco campano), molta territorialità e stagionalità nel mare e nell’orto.

Il Capotavola, , il pane di Acerno

 

 

 

I primi riportano ai sapori familiari, molto precisi e puliti.

Un classico vesuviano che si è diffuso negli ultimi dieci anni in tutto il versante Sud del Vulcano.

 

 

 

Quando trovate Vicidomini siete oltre l’aggiornamento, entrate nella conoscenza della materia prima, perché questo pasticificio artigianale è fuori da tutti i circuiti di comunicazione, tradizionale, moderna, slow, fast. L’unica pressione che esercita per essere comprato è la qualità.
Produce solo pasta con farina di grano di Altamura. Una manualità non codificata, come quella dei pizzaioli napoletani, e solo chi è nato nella pasta l’adotta.
Io l’ho conosciuto nella metà degli anni ’80 grazie al decano dei corrispondenti del Mattino Gennaro Corvino

 

 

 

 

 

Questo pranzo domenicale ha avuto il via libera delle mie due ispettrici di riferimento:-)
175 anni di esperienza in due mica sono fuffa:-)))

 


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