
di Serena Giorgio
Ci sono luoghi che non si limitano a nutrire, ma che accudiscono, raccontano, ricompongono. Proprio come accade tra le mura della trattoria La Locanda Gesù Vecchio. Qui, tra pareti che trattengono ancora l’eco di una Napoli antica, prende infatti vita ogni giorno un miracolo gastronomico in grado di unire tradizione, identità e, cosa ancor più rara, inclusione vera e saporita. L’artefice di questo equilibrio è il giovane Vittorio Fortunato, patron appassionato e custode amorevole di quella Napoli che sa ancora raccontare, e raccontarsi, tanto nei piatti quanto nei libri. Con Vittorio e lo chef Vincenzo Esposito, interprete colto e sensibile, per la prima volta la cucina partenopea non si limita a rammentare il passato, ma addirittura a riattivarlo. Un gesto culturale, e non solo tecnico o tattico, quello proposto dai due giovani appassionati e che riesce, senza dubbio, a trasformare la Locanda in un caso quasi unico nel panorama gastronomico.
Tutta la tradizione napoletana qui può infatti vivere, e rivivere, anche in versione senza glutine: impeccabile, indistinguibile, emozionante. Una rivoluzione silenziosa, fatta a tavola, come per i migliori accordi, e attraverso la quale il patrimonio culinario napoletano riesce davvero a riabbracciare tutti. In un mondo in cui, purtroppo e ancora troppo spesso, chi è celiaco viene relegato a piatti di riserva, compromessi, esclusioni silenziose, alla Locanda accade invece il miracolo più grande: l’uguaglianza! e la tradizione non si rende più ostacolo bensì ponte. Vittorio lo ripete: “La tavola deve essere di tutti”. E così ha trasformato un limite in una promessa, oltre che una squisita premessa considerati già gli antipasti. Il risultato è di fatto un’esperienza dal profondo impatto, non solo sul gusto, ma anche sulla vita delle persone. Poter mangiare i piatti della tradizione in versione gluten free, senza alcuna differenza percepibile, significa poter ritrovare pezzi di sé, riabbracciare ricordi, uscire dalla sensazione di essere “esclusi dalla normalità”. Per un napoletano, e per chi ama Napoli, dopotutto è risaputo: il cibo è identità e sentirsi privati di quei sapori è come sentirsi privati della propria storia. Una storia che La Locanda Gesù Vecchio miracolosamente restituisce intatta. Qui i piatti della memoria, resi finalmente accessibili a tutti, fanno della trattoria un felice luogo di ritrovo, condivisione, ma soprattutto un deposito emotivo prima ancora che culinario. Ogni specialità, alla Locanda, ha di fatto la tenerezza di un rito condiviso al quale tutti possono nuovamente partecipare.
Dal “tagliere del Casanduoglio” che apre le danze di sapori casalinghi assieme a un pane senza glutine totalmente e rigorosamente artigianale, ed ancora, dalla Genovese, sontuosa come una saga familiare e il Ragù che cuoce lento per lunghe ore come un racconto sussurrato, arrivano infatti a tavola gli storici rivisitati in una indistinguibile chiave gluten free.
Stessi profumi, stessa emozione. La pasta e patate con provola affumicata, gli spaghetti quadrati alla puveriello, gli ziti lardiati, i paccheri con baccalà, fino ai classici come la mozzarella in carrozza, ed ancora, le uova in purgatorio, le melanzane a scarpone, la trippa di vitello, la provola alla pizzaiola, il baccalà e la zuppa di fagioli e scarole: ogni piatto è un atto di fedeltà e soprattutto lealtà verso la tradizione.
Senza nostalgia, senza paura, senza rinunce. Qui la cucina è schietta, sincera e unisce tutti, proprio come una domenica alla tavola di famiglia. Il valore antropologico di questa gustosa realtà, tra l’altro, è indiscutibile; perché quello compiuto dalla Locanda è, a tutti gli effetti, un gesto che restituisce comunità, appartenenza, partecipazione e che rimuove lo stigma invisibile dell’intolleranza, trasformando la tavola in quel che in fin dei conti ha sempre rappresentato: un luogo di riunione e condivisione. Molti clienti, commossi, difatti confermano: “Qui, posso mangiare come tutti” e questo, più di ogni stella e di ogni guida (anche se La Locanda Gesù Vecchio è già inclusa nella Guida MICHELIN & Bib Gourmand) è il più grande successo. Ma non solo. Con una tradizione che, dialogando col mondo anche attraverso una carta dei vini tra regioni e bollicine, sa certamente accompagnare con garbo questa filosofia inclusiva; il 2 dicembre al civico 4, si saprà di fatto condurre la Locanda anche presso una nuova tappa di gusto e buoni sentimenti: una cena solidale a quattro mani con lo chef di casa Esposito e lo chef Stella
MICHELIN Antonio Pedana de Le Monzù di Capri. Un incontro che, unendo alta cucina con la generosità e l’anima tipica della sua trattoria saprà, ancora una volta, affermare La Locanda come meta di gusto, di culto e culto del gusto in una Napoli che, anche attraverso il cibo, sa ricordare come la sua più grande ricchezza sia proprio la capacità di accogliere.
La Locanda Gesù Vecchio
Via Giovanni Paladino, 26 80138 Napoli
+39 081 461 3928
Via Giovanni Paladino, 4-4/A 80138 Napoli
+39 081 424 4552
Scheda del 3 aprile 2025
La Locanda Gesù Vecchio a Napoli, il doppio successo di Vittorio Fortunato
La Locanda Gesù Vecchio a Napoli
Due sedi: via Paladino, 26 e via Paladino, 4
Aperto a pranzo e a cena
Chiuso: Via Paladino, 26 il lunedì e Via Paladino, 4 il martedì
Tel. 0814613928
Conto medio sui 35 euro
lalocandagesuvecchionapoli.it
La storia di Napoli è anche storia di trattorie. Locali che occupano pure piccoli buchi, tra i vicoli della città, dove lo spazio è come l’aria. Non basta mai. E menu e lavagne che recitano a voce alta i piatti di una cucina ricca, varia, sontuosa. Anche quando è povera.
Alla Locanda Gesù Vecchio, aperta da Vittorio Fortunato nel 2019, in pieno centro storico, a due passi da San Gregorio Armeno, l’atmosfera è proprio quella che ti aspetti di trovare in una vecchia trattoria napoletana. Poche ciance nell’arredo, anche se l’ambiente è piacevolmente personalizzato, un servizio espresso ma che si muove con grande cortesia, una cantina frizzantina che rispetta tasche e territorio.
Soprattutto, un menu con tutti i crismi: dall’onnipresente pasta, patate e provola, alla genovese, dagli spaghetti alla puveriello conditi solo con la sugna, pepe, pecorino e con un uovo fritto sopra, ai mezzanelli allo scarpariello.
Naturalmente non prima di aver pizzicato qualcosa nella lista degli antipasti, che a Napoli sono sempre una cosa seria. Dimenticatevi delle tapas. E infatti ci trovate i fritti, la minestra di scarole e fagioli, la mozzarella in carrozza, la frittata di cipolle, i paccheri fritti ripieni di ragù (una goduria).
Anche le semplici bruschette semplici non sono, perchè sul pane tostato ci trovate pure la genovese e il ragù.
Dicevamo dei primi piatti. Il consiglio è di provare gli ziti allardiati, con il formaggio (un po’, senza eccessi) che tiene insieme il grasso buono del lardo e la freschezza dei pomodorini. Davvero goloso. Sfiziosi anche i mezzanelli allo scarpariello mentre segue un po’ la ‘moda della cremosità’ la pasta e patate con la provola. Ben eseguita anche la genovese.
Ottimo il baccalà, sempre prima fritto, sia che lo si scelga nella classica versione in cassuola, con capperi e olive che su una più fresca crema di scarola. E a proposito di scarole, da manuale quelle servite alla napoletana, con uvetta e pinoli. Buona anche la trippa, che chiama la scarpetta.
Chiusura dolce con un buon tiramisù, piacevolmente casalingo, e una fetta di pastiera pasquale.
Nulla da dire. Vittorio è stato bravo a mantenere alto il livello della Locanda, superando una doppia sfida: la fase terribile della pandemia e la seconda apertura, nel 2023, nella stessa strada. Due locali sempre pieni, che godono da qualche anno del riconoscimento Michelin sulla guida Bib Gourmand. Ad aiutarlo, una squadra motivata di giovani anche di diversa nazionalità e un culto per la tradizione che non ha mai spento passione e curiosità.
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