Un riconoscimento da consegnare alla Storia. Il dottorato di ricerca honoris causa a Nicodemo Librandi

Pubblicato in: Eventi da raccontare

di Giovanna Pizzi

Ecco, ora, io, vorrei fare un’incursione veloce nel portale più amato che c’è, dove mi onoro di poter dire ogni tanto la mia e di raccontare il bello della Calabria. Veloce perché, lo confesso, quando scrivo un articolo so quando inizio ma non so quando finisco, impegnata come sono a sistemare quella virgola piuttosto che quell’aggettivo (per fortuna non scrivo per un quotidiano), ma stavolta occorre dare la notizia e soprattutto cavalcare l’onda dell’emotività che mi ha suscitato.

Venerdì 12 maggio c’è stata la cerimonia di conferimento del “Dottorato di ricerca honoris causa in scienze agrarie, alimentari e forestali” al professore Nicodemo Librandi.
Raccontare chi è Nicodemo Librandi in realtà non è cosa veloce e soprattutto mi ha sempre suscitato un certo timore reverenziale ma per fortuna ho fatto il giusto preambolo.
Butto comunque giù due parole perché si abbia un’infarinatura di idea.

Per prima cosa il professore Nicodemo è l’Azienda Librandi e l’azienda Librandi è la mamma della vitivinicoltura calabrese. È la storia del vino in Calabria. È l’azienda che, portata avanti assieme al compianto fratello Antonio, ha acceso negli anni ‘70 la miccia della produzione di qualità (per farla breve) e innescato negli anni ‘90 la rivoluzione produttiva con lo studio e la vinificazione dei vitigni autoctoni (per farla ancora più breve). Cristallizziamo quindi un concetto noto ai più ed oggettivamente vero: il neo-dottore di ricerca Nicodemo è colui il quale ha avuto- ed ha- il merito di avere fatto nascere il vino calabrese. Se 20 anni fa a qualcuno del Nord, o nel mondo, chiedevi un’etichetta calabrese, chiunque avrebbe riposto “Librandi”. Se oggi, con il vino calabrese che può dire la sua in ogni ambito, chiedi una nuova proposta vinicola della nostra terra, il riferimento rimane spesso lo stesso: “Librandi”.

Perché la Librandi, e quindi il professore Nicodemo, è questo: un riferimento, il faro, una chioccia per tutti i produttori, il comandante della nave, dispensatore di ricerche, sempre un passo avanti, l’esempio da seguire e la responsabilità nell’operare, non solo per il proprio interesse, non solo per Cirò, ma per la Calabria tutta.
È la dimostrazione perfetta del fatto che dietro grandi vini ci sono prima grandi uomini.
Quelli che quando ti squilla il telefono e leggi il nome fai quasi una riverenza: “Giovanna mi farebbe piacere la tua presenza, non so se l’ho meritato, ma mi hanno conferito questo riconoscimento…” (Non so se mi spiego non so se l’ho meritato!). Non una mail, non un whatsapp ma una voce affettuosa e perbene.

Ed osservare il neo dottore lavorare ancora terra e vigneti, sporcarsi le mani tutti i giorni, rimanere innamorato e stanco di un lavoro, quello dell’agricoltura, non è cosa da tutti.
Ma è da lui. E poi c’è la famiglia. La sua famiglia. Unita, bella, solida e solidale. Che fa squadra. E che conduce, ognuno da par suo, una battaglia comune. In azienda, tra i vignaioli, con i clienti, nel territorio.
Quella famiglia che nell’aula magna dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria ha partecipato compatta e visibilmente emozionata alla cerimonia di proclamazione. Cerimonia che in realtà è stata emozionante per tutti i convenuti.

“Esperienza e fiducia nel futuro”, “Umiltà e perseveranza”, “Ricerca e divulgazione”, questi alcuni focus delle introduzioni dei Rettori delle università calabresi che hanno preceduto la Lectio Magistralis del “Professore” e ancora si è detto di lui che è un “Pianificatore di innovazione”, “Creatore di opportunità” “Innovatore della tradizione” (finalmente per la prima volta queste due parole insieme hanno avuto davvero un senso).

Ma la cosa più vera ed emozionante, pronunciata dal rettore Giuseppe Zimbalatti, è stata: “Non è questo conferimento a definire l’operato di Nicodemo Librandi. Non ce n’era certamente bisogno. Serve alla Storia più che a lui”.
Ed è proprio così!
E poi le parole di Librandi, che sono iniziate con un tributo e il ricordo del fratello Tonino, con il quale ha condiviso la visione e vissuto in simbiosi il progetto, e sono terminate con la voce rotta dalla commozione nel riferire che la sua più grande soddisfazione è vedere la sua passione trasmessa ai figli, ai nipoti e ai collaboratori. E nel mezzo tutta l’anima e la storia dell’azienda Librandi e del vino in Calabria. Applausi, tanti, di tutti i presenti, 400 posti la capienza dell’aula magna gremita di gente, dalla famiglia ai collaboratori, dalle istituzioni agli addetti ai lavori, dalle aziende ai rappresentanti di categoria, dai giornalisti agli universitari. Un onore per me esserci stata.

E infine un’ultima cosa.
I piccoli dettagli che fanno la grandezza.Dopo la cerimonia c’è stato un pranzo, destinato ai collaboratori, ai professori dell’Università, alle istituzioni, i giornalisti e gli amici più vicini. Si è tenuto nella panoramica Tenuta Tramontana-Casale 1890, nelle colline sovrastanti Reggio Calabria, dove lo chef Antonino Abbruzzino ha deliziato un centinaio di ospiti. Uno stuzzicante aperitivo all’ingresso, tagliata di spada croccante, riso crema di scarola e tartare di tonno, mafalde polpo e melanzane fritte, ombrina al forno ed una coreografica crostatina alla frutta, sapientemente abbinati ai vini ovviamente Librandi: il metodo classico Rosaneti, una bolla rosa da gaglioppo setosa e coinvolgente; Segno, il Cirò bianco, fresco allegro e dal frutto croccante; Terre Lontane il rosato che si lascia apprezzare da tutti, profumato e giustamente sapido e in ultimo l’Efeso che arriva e dimostra il carattere dell’azienda, mantonico in purezza in tutta la sua potenza, ampio, intenso e brillante.

Ma non è questo, data per certa la riuscita del banchetto con piatti pregevoli e vini di più, il dettaglio al quale facevo riferimento.
Quello che mi ha colpito e che mi piace trasmettere, anzi addirittura la scintilla che ha acceso la mia penna in queste righe, è stata la disposizione dei tavoli: la famiglia Librandi tutta, da Nicodemo alla signora Enza, da Raffaele a Paolo con le rispettive mogli, da Teresa a Francesco, non ha occupato un unico tavolo, non ha scelto “il tavolo degli sposi” dove accomodarsi in pompa magna, ma era sparpagliata, ognuno in un tavolo diverso, a intrattenere e condividere il pasto con tutti gli ospiti. Ecco, questo è quello che ho cercato di trasmettere, questo è la Librandi.
Inclusione, partecipazione, democraticità, amicizia, cooperazione, sorrisi, educazione accoglienza e umiltà.
Una grande famiglia, una grande azienda.


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