Una giornata da Mastroberardino

Pubblicato in: Eventi da raccontare

di Angelo Di Costanzo

Operatori di settore e chef campani visitano la cantina, provano vecchie annate e mangiano nella nuova struttura a Mirabella. Ecco come è andata

Atripalda, ore 10,00 appuntamento con la storia. Arriviamo nella storica sede di via Manfredi più o meno alle dieci del mattino e ad accoglierci subito ci vengono incontro Eliana Di Zuzzio e Dario Pennino rispettivamente responsabile dell’accoglienza e neo amministratore delegato dell’azienda che con molta cordialità e disponibilità ci introducono istituzionalmente al mondo Mastroberardino. E’ certamente una giornata speciale, con noi praticamente la crème della ristorazione campana radunata all’appello da Guglielmo e Fabio Tortora e da Livio Amendola, da 40 anni agente Mastroberardino a Salerno del quale una cosa è certa: è una persona straordinaria di cui in futuro potrò vantarmi di aver conosciuto oltre che invitato a condividere prossimamente “la genovese” di mia suocera.
Scorgendo qua e là riconosco Gianni Piezzo di Torre del Saracino, Rocco Iannone di Pappacarbone, c’è il sempre brillante Tonino, sommelier de la Caravella di Amalfi, i titolari dei ristoranti Caprice e Capricorno di Capri, il Giardino di Salerno. Raggiungiamo la cantina dove coadiuvati dallo stimatissimo amico Paolo Coppiello e dall’enologo Massimo Di Rienzo (braccio operativo del consulente Denis Dubordieu) ci addentriamo per un breve excursus tra botti, tonneau e barriques dove riposano in affinamento le annate prossime di Fiano di Avellino More Maiorum, Taurasi Historia e Taurasi Radici.
Qui si parla del lavoro passato, del presente e di ciò che avverrà in futuro in vigna ed in cantina in Irpinia, un grande fermento dovuto all’enorme successo che i suoi vini stanno riscuotendo nel mondo, delle varie opportunità che questo ampio e qualificato confronto mondiale sta aprendo ai vini del sud ed in particolare proprio al principe dei suoi vini, l’Aglianico di Taurasi. Un vitigno straordinario di cui però non si conosce ancora tanto, del quale non si sono tracciate linee guide ferree per interpretarlo al meglio (pochi i dati a disposizione su cloni unici, markers identitari, memoria liquida) ed ecco che colgo l’occasione di avanzare una domanda: “non è che in tutto questo fermento qualcuno riterrà opportuno anche pensare ad un Taurasi del futuro non più al 100% aglianico?” Domanda cattiva lo so, ma che alcuni degli avventori sembrano apprezzare ed addirittura ipotizzano che basterebbe che qualcuno iniziasse a dichiarare di farlo già da tempo – nel senso di fare Taurasi “tagliato” con qualche altra varietà come del resto il disciplinare ammette – ma l’argomento viene glissato sul nascere spiegando che seppur sia possibile una variazione sul tema le annate a venire dei Taurasi Mastroberardino (Radici, Radici Riserva, Historia) punteranno più che altro sulla riconducibilità ad un unico terroir di appartenenza, insomma dei Cru in piena regola come massima espressione di riconoscibilità territoriale.
Ci spostiamo in sala degustazione dove ci raggiunge anche Piero Mastroberardino e dove si da il via ad una bellissima sequenza di assaggi che ci porteranno per mano a tracciare un percorso unico se non irripetibile nel segno della storia di questa azienda (con una mini verticale di Fiano di Avellino More Maiorum 2007-2000-1999, Taurasi Radici Riserva 1997-1999-2003 e Historia Naturalis con le annate igt 1997 e 2000 e Taurasi 2004. Una sequenza che lascia spazio ad ampie e motivate disquisizioni su annate, vigne e persone di qualità di cui non si può non tener conto prima di avviarsi in una qualsiasi concertazione a sfondo commerciale, per l’azienda, per il cliente, per l’avventore di turno ed è proprio a chiusura di questo bellissimo confronto che Piero da il via al servizio di alcune bottiglie di Taurasi (doc) 1968 versato a suggellare una mattinata indimenticabile e che farà parlare di se per molto tempo a venire. Un vino straordinario, inarrivabile eppure lì nel bicchiere a portata di naso, di una finezza e di una eleganza riconosciuta solo in pochissimi Pinot Noir borgognoni di raro pregio, perfetto nel colore, nei profumi suadenti, nella mineralità di un sapore impossibile da dimenticare. Il Signor Taurasi!

Lasciamo a malincuore i bicchieri sui tavoli per raggiungere tutti insieme appassionatamente in pullman Mirabella Eclano dove ci aspettano per il pranzo al Ristorante Morabianca del Radici resort, un altro pezzo dell’anima Mastroberardino inaugurato da poco dove tra charme e gourmandises si vuole tracciare un altro profilo del futuro irpino da non sottovalutare, quello dell’enoturismo, che se motivato nel senso giusto potrebbe rappresentare una risorsa straordinaria per una terra strenuamente bisognosa di non lasciare partire i suoi giovani talenti per mete lontane. Qui infatti operano tra i fornelli ed in sala una equipe propriamente irpina, che durante tutto il pranzo mostrerà forte motivazione e professionalità a partire da Rocco Plati che ci accoglie con il suo staff di sala e che ci racconta portata dopo portata le preparazioni (esemplari per esecuzione ed esaltazione della materia prima) del giovane chef Francesco Spagnuolo, 30 anni e senza dubbio un luminoso avvenire.
Ecco un’altra esperienza da raccontare, una giornata da ricordare, ed una piccola riflessione. Nel mio lavoro di sommelier mi sono spesso dovuto confrontare con luoghi comuni e convinzioni sbagliate che spesso fanno di una azienda storica, distribuita capillarmente, competitiva un marchio “commerciale”: ebbene, se riuscire a vedere ciò che io oggi ho veduto, se poter bere ciò che io oggi ho bevuto, se vendere ciò che Mastroberardino riesce a rappresentare straordinariamente significano “commerciale”, allora meno male che ce ne sono di queste realtà! Proprio sicuri che nessuno desideri essere come loro?


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