Domenico Candela e il George Restaurant dell’Hotel Parker a Napoli: i nuovi piatti dello chef bistellato

Domenico Candela George Grand Hotel Parker’s Napoli
Corso Vittorio Emanuele, 135
Telefono: 081 761 2474

George Restaurant Napoli, lo chef Domenico Candela

Questa volta la nostra consueta cena di fine anno al George dell’Hotel Parker’s a Napoli ha un sapore speciale: la famiglia Avallone è riuscita a portare per la prima volta le due stelle Michelin in città e tutti sono davvero molto gasati, come è ovvio che sia. Qui si capisce meglio i parametri con cui opera la rossa: essere in una località turistica (il capoluogo campano registra una occupazione del 98% delle camere in queste feste), avere una proprietà solida, vedere ai fornelli uno chef che si è fatto le ossa in Francia ma che non per questo rinuncia alla identità territoriale e italiana, l’aggiornamento verso tempi di sostenibilità anche nel menu. I due piatti vegetali, torzella e lenticchie e il cavolfiore sono forse l’emblema di questa cucina che punta al territorio per declinare temi internazionali senza per questo rinunciare alla golosità e al piacere.
Lo abbiamo detto e scritto da sempre: Domenico è un cuoco completo, lo si vede dai tre menu: dallo spaghetto al pomodoro al tagliolino burro e tartufo con alici, dal pesce alle carni, sino al vegetale è impossibile entrare qua dentro e non uscirne soddisfatti.
A noi è sempre stato chiaro, e lo abbiamo scritto subito, che i presupposti per la seconda stella c’erano tutti, ora l’obiettivo seguente può essere la stella verde perchè non bisogna inventarsi niente: lo storico albergo sta ristrutturando piano dopo piano all’insegna del risparmio energetico e del riciclaggio delle materie prime abolendo del tutto la plastica. Non c’è un dettaglio fuori posto nelle stanze rimesse a nuovo. Ma. a parte questo, da oltre mezzo secolo la famiglia è proprietaria della Tenuta Villa Matilde dove da tempi non sospetti ci si è posti il problema dell’autonomia energetica e della pulizia dei 110 ettari di cui 70 vitati che regalano ogni anno etichette che fanno la storia. Si tratta davvero di comunicare bene quello che già si fa e magari portare un menu tutto vegetale tra le proposte alla clientele sia nel fine dining che nel secondo ristorante più tradizionale di cucina tradizionale.
Fatte queste considerazioni politiche possiamo parlare di un personale di sala altrettanto completo come solo il servizio napoletano riesce ad essere grazie alla capacità di personalizzare il rapporto che è la caratteristica tipica della città manetenendo al tempo stesso il ruolo e senza sbavature nel servizio. Non ci sono ritualità stancanti nella cena al George, ma solo la volontà di informare il cliente dando qualche dettaglio del piatto.
Anche i piatti hanno sempre un sorriso, un gioco di parole, un richiamo al territorio.  Candela si è riappropriato della materia prima regionale con la maturità tecnica del cuoco moderno, ma quel che conta è l’aggiornamento costante: i toni volgono all’amaro e alla freschezza, ma non si rinuncia alla golosità e in ogni caso amaro e acidità non sono lo scopo, ma il mezzo per eseltare la materia prima, le salse, indispensabili per legare, sono sgrassate e concentrate al punto giusto, la musicalità e la versatilità della proposta sottolineano una cucina che ruota alla perfezione e che si adatta alle eigenze del cliente.
I prezzi? Forse eccessivamente bassi per un due Stelle, considerato che a Parigi ormai il range è fra 250 e 300 euro mentre in Italia poco sotto. Qua con 180 euro alla fine ci si può pagare il degustazione più costoso affidandosi allo chef. Certo non sono pochi soldi, ma possiamo affermare che è tra i migliori in assoluto per qualità e prezzo.
Quel che più conta, in questa esperienza, è che il cliente è davvero al centro dell’attenzione sin dal momento in cui varca la soglia dell’albergo, il coinvolgimento del personale e si vede la mano di un fuoriclasse, Andrea Prevosti. Un Michael Schumacher dell’ospitalità che ha trovato la sua Ferrari a Napoli.
Insomma, nessun obiettivo può essere precluso a questo dream team che la proprietà ha saputo mettere insieme.

 

Scheda del 21 novembre 2020

Domenico Candela George Grand Hotel Parker’s Napoli
Corso Vittorio Emanuele, 135
Telefono: 081 761 2474

Ed eccoci di nuovo, come ogni fine anno, al George. Il periodo di inattività è stato usato per la creazione di nuovi piatti che hanno avuto il vantaggio di non essere stati pensati in corsa, ma con molto, troppa calma. Fatto sta che troviamo Domenico Candela in piena forma smagliante, con lui ci abbandandomiano alle ricette di caccIa, con un sublime germano, un fantastico tortino di capriolo, e, ovviamente la lievre a la royale come è ormai tradizione. Una esecuzione pulita, come anche l’interpretazione del foie gras che ha un effetto moderno, nuvola, decisamente buono e avvolgente. La scuola francese si vede tutta nella linea carne, ma in quella della pasta e nel pesce esce fuori la vocazione naturale, l’istinto, dei cuochi di scuola campana con il vantaggio di tecniche assolutamente metabolizzate.
Candela ormai sta nella fase in cui ciò che ha appreso fuori viene rielaborato alla luce dei prodotti e delle materie prime campane e italiane, ed è questa maturità professionale che lo spinge a crescere sempre di più. Il Parker’s ha fatto importanti investimenti e tanti altri ne farà, lasciamo quest’anno con la previsione che nessun risultato può essere precluso a questa struttura con questa cucina.

Menu da 100, 120 e 140 euro

Il Menu del ristorante George dell’Hotel Parker’s

 

Novembre 2019

Report del 6 novembre 2019

Domenico Candela stellato all’Hotel Parkers di Napoli. Siamo stati facili profeti, e non poteva essere diversamente per chi conosce l’algoritmo con cui il nuovo direttore della Michelin Sergio Lovrinovich assegna le stelle. La scelta della rossa premia il Sud e la cucina mediterranea in costante ascesa nel panorama gastronomico mondiale. Facciamo i nostri complimenti alla famiglia Avallone che ha avuto il coraggio di investire in un momento non facile. Pochi commenti, vi riportiamo le foto della nostra ultima cena fatta a settembre e sotto il primo report realizzato nel giugno 2018 in una delle prime cucinate del giovane cuoco napoletano cresciuto nella bottega del Taillevant.

Domenico Candela stellato all’Hotel Parkers di Napoli.

REPORT DEL 19 LUGLIO 2018
Non c’è niente da fare: i nostri ragazzi che crescono nelle cucine francesi (che crescono, non che si affacciano) hanno una impostazione nettamente  superiore e professionale. Lo si avverte per come organizzano la cucina una volta tornati, nella solidità delle scelte, nella selezione dei prodotti e nelle proposte.
Con l’arrivo di Domenico Candela, 32 anni, napoletano di Marano, avevamo annunciato un terremoto gastronomico a Napoli e siamo stati facili profeti. Il George ha ritrovato quello smalto che ne aveva fatto avanguardia gastronomica cittadina all’inizio degli anni ’90 e siamo sicuri che il mitico Francesco Paolo Avallone avrebbe approvato pienamente la scelta fatta dai figli.

Intendiamoci, c’è ancora tanto lavoro da fare. Per esempio l’alfabetizzazione dei prodotti del Sud che sempre sconvolgono i giovani cuochi rientrati dalla Francia. Ma aver lavorato con Alain Solivérès al Taillevant nella partita delle carni, poi un anno e qualcosa al Pavillon Ledoyen con Alleno e il bravissimo Martino Ruggeri, significa aver acquisito le basi della cucina moderna. Dal primo, che considera il suo maestro, Domenico ha imparato i fondamentali, dal secondo l’aggiornamento sulla tecnica delle salse da estrazione a freddo che stanno modernizzando la cucina francese. “Ma quanto burro metti, sei della Normandia o Italiano?” diceva un po’ scherzando ma anche no Alleno a Domenico Candela.

L’arrivo della brigata e la rivoluzione della sala è la punta dell’iceberg di un colossale sforzo che la famiglia Avalone sta facendo per rimodernare e ristrutturare l’albergo. C’è adesso una Krug Lounge, la cucina è a vista, quella delle colazioni e dei banchetti è completamente separata. Passi indispensabili per adeguare i mezzi, il motore, alla stupefacente bellezza dell’affaccio dalla terrazza con vista su Napoli, il Vesuvio e la Penisola Sorrentina.
I presupposti insomma ci sono tutti, chi vivrà vedrà.

L’inizio è decisamente scoppiettante, un aperitivo nella Krug Lounge e che continua a tavola pieno di spunti, idee, divertimento. Decisamente moderno e piacevole.

Grande attenzione viene data ai grissini e al pane da lievito madre, a tavola burro della Normandia ma anche olio d’oliva della Campania.

Siamo naturalmente ai primi giorni  e ci sono degli aggiustamenti da fare in direzione del fantastico territorio in cui si svolge il lavoro, una delle più forti e radicate cucine del mondo. Lo confessiamo: temavamo torcioni di foie gras e anatra laccate e le solite intrusioni orientali. Abbiamo trovato invece un menu leggibile da tutti, con riferimenti gastronomici precisi (spaghetto ai pomodori, pasta alla genovese di coniglio, sogliola alla pizzaiola, galletto in doppio servizio) che andranno radicati e approfonditi nel corso dei mesi, a cominciare dall’immenso repertorio di paste con legumi e orto che sono il tratto caratteristico della cucina napoletana. Ma ripetiamo, le note positive sono costituite da tre elementi.

Primo, una solidità tecnica sicura e matura come pochi coetanei di Domenico possono in questo momento vantare. Si sà, un affaccio di là, un altro di qua, ed è presto fatto un curriculum da fufblogger, non da cuoco vero.
Secondo, le capacità di approvvigionamento non ideologiche. Ci sono le animelle, i galletti e le sogliole di Longino, ma le erbe, gli ortaggi sono di Lorenzo Montoro, l’agnello laticauda è di Salvatore de Gennaro della Tradizione di Vico Equense, i pesci sono da fornitori locali. E siamo sicuri che con la conoscenza della ricchezza campana i prodotti di territorio acquisteranno uno spazio sempre maggiore.
Terzo. La tendenza di puntare sul sapore deciso e senza mediazione. Non c’è l’ossessione marchesiana dell’equilibrio a tutti i costi del piatto, ma si osa e si spinge, giustamente, sulla sapidità e le acidità senza per questo dimenticare, quando è necessario, le dolcezze.

Da migliorare, come ha osservato giustamente Luigi Cremona, il segmento del dolce. Decisamente poco aggiornato anche se ben eseguito.

Una nota particola va alla sala e alla carta dei vini.La prima ruota molto bene grazie alla presenza di collaudati professionisti. La carta dei vini apre ovviamente con quelli di Villa Matilde che sono quelli, buonissimi, prodotti dalla famiglia Avallone, ma si dispiega sul territorio nazionale con tantissime curiosità e piccole chicche quasi introvabili (citiamo il bianco di Nannì Copé per tutte) che dimostra una collaudata conoscenza.
Presente, infine, una selezione di acque minerali e di fornaggi.
Ora uno sguardo ai piatti: riso buonissimo, spaghetto perfetto, agnello didattico e di buona scuola, vegetale interessante.

CONCLUSIONI

L’apertura, anzi, la riapertura di questo ristorante arricchisce la ristorazione napoletana in maniera decisamente significativa. Dopo il Romeo, finalmente un altro albergo investe in questo settore in un panorama desolatamente arretrato da questo punto di vista per la miopia degli imprenditori che stanno vivendo un periodo di vacche grasse da tre anni e non si smuovono adesso in vista dell’inevitabile contraccolpo che arriverà e di cui già si avvertono le refole.
Oggi l’esperienza al George è sicuramente impegnativa (ma sta per aprire un bistrò a piano terra) ma assolutamente gratificante agli occhi e al palato. I prezzi sono più che abbordabili: 75 euro per un menu di quattro portate, 145 per uno completo di nove. i ricarichi dei vini sono contenuti. Direi un low cost visto che stiamo sospesi tra storia, panorama mozzafiato, ambiente confortevole e una cucina di sapore.
Non vi resta che adottare George.

Domenico Candela Ristorante Hotel Parker’s Napoli George


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